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Orlando (Pd): “Ue non ceda a logica delle armi per ambizioni della Francia, deve essere forza di pace”

L’Unione europea non deve seguire la “logica delle armi”, mettendo da parte gli obiettivi su clima e tecnologia e rinunciando a essere una forza “in grado di costruire un equilibrio di pace”. Lo ha detto a Fanpage.it Andrea Orlando, ex ministro a deputato del Pd. Orlando ha parlato anche della crisi umanitaria a Gaza e dei rapporti con gli alleati, in Italia, in vista delle prossime elezioni.
A cura di Luca Pons
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Andrea Orlando, deputato ed ex ministro del Partito democratico, in un'intervista a Fanpage.it ha fatto il punto sul conflitto in Medio Oriente e sulla crisi umanitaria di Gaza. Il cessate il fuoco chiesto dalle Nazioni unite è un buon primo passo per portare le grandi potenze politiche ad avere un ruolo più deciso nell'area, ha detto, ma non bisogna lasciare che in Europa – anche in vista delle prossime elezioni continentali – prenda piede la "logica delle armi". Una retorica spinta anche dal "tentativo della Francia di sostituirsi agli Stati Uniti", mentre l'Europa deve essere "in grado di costruire un equilibrio di pace".

Orlando ha poi parlato anche dei prossimi appuntamenti elettorali: il Pd è stato "a rischio come progetto politico", e Schlein nell'ultimo anno ha avuto il merito di risollevarlo e portarlo "al centro di una coalizione". Ora però da parte di quella coalizione ci deve essere più chiarezza: "Un po’ meno tatticismo. Non è che io ci sto quando mi conviene, quando non mi conviene invece me ne vado per i fatti miei".

Il cessate il fuoco dell'Onu e la "logica delle armi" dell'Unione europea

Il cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite a Gaza è "politicamente molto importante", perché "gli Stati Uniti per la prima volta prendono le distanze dal governo di Netanyahu". Secondo Orlando, "chiaramente ormai la deriva estremistica che Netanyahu ha dato a questo conflitto imbarazza gli Stati Uniti. Si apre la prospettiva  che le grandi potenze, a partire dagli Stati Uniti, possano svolgere un ruolo per cercare una soluzione, che intanto passa per il cessate il fuoco e che poi speriamo possa dare un minimo di stabilità". Da sole, "né la società israeliana né il mondo palestinese possono trovare un nuovo equilibrio". Dunque ora l'Onu potrà "svolgere una funzione che fino a qui oggettivamente non ha potuto svolgere".

D'altra parte, è vero che sia in Italia che in Europa il clima politico nei confronti della guerra è cambiato. L'ex ministro contesta l'idea che si debba entrare in una "economia di guerra", come ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel: "Significa sostanzialmente che ci rassegniamo a una cronicizzazione della guerra, mentre l'Europa deve avere un'ambizione più alta, che è quella di trovare un nuovo ordine dopo che è franato quello che si era determinato con la fine dell'Unione Sovietica. In questo sforzo io penso che ci sia un lavoro enorme da fare per coinvolgere la Cina, per coinvolgere l'India per dare un protagonismo nuovo anche agli Stati Uniti", per trovare "una risposta diplomatica a ciò che in qualche modo fino qui è stato affrontato soltanto con la logica delle armi".

Evitare la logica delle armi "non è pacifismo, è un'affermazione del primato della politica". Infatti se "la politica si rassegna" a questa logica, "ha perduto la sua funzione, e l'Europa in qualche modo perde la sua funzione. Perché l'Europa, ricordiamolo, nasce prima di tutto come soggetto che vuole evitare le catastrofi del secolo scorso". Alla base della retorica di ritorno alle armi, secondo Orlando c'è "il tentativo della Francia di sostituirsi agli Stati Uniti. E noi non vogliamo un'Europa che sia a egemonia francese. Vogliamo un'Europa che, anche con una propria forza militare, è in grado di costruire però un equilibrio di pace". In più, c'è il tema di tutte le politiche su cui l'Unione europea ha puntato negli scorsi anni, dalla transizione digitale a quella ecologica: "Non possiamo pensare che abbiamo scherzato fino a qui. Se abbandoniamo tutti questi obiettivi, saremo una parte del mondo che dopo essere stata molto avanti rispetto agli altri, torna indietro".

A Gaza "c'è la strage delle bombe e quella silenziosa di fame e malattie"

Durante la spedizione a Rafah a cui Orlando ha partecipato "una madre palestinese ci raccontava che in un ospedale al Cairo aveva un bambino che aveva perduto una gamba, aveva un'altra bambina ricoverata nella stessa megalopoli, ma in un altro ospedale, e poi aveva due bambini che erano ancora a Rafah. Ne aveva notizie ogni due o tre giorni, perché le comunicazioni sono spesso interrotte". Storie come queste erano la norma. In più, "dal vivo abbiamo visto alla frontiera gli aiuti fermi, ed è emersa una cosa che in qualche modo in questi giorni si è fatta più chiara e anche all'opinione pubblica occidentale: c'è un problema di approvvigionamento".

Quella di Gaza, ha spiegato Orlando "è una piccola porzione di territorio che è sostanzialmente chiusa da tutte le parti. Non ha una vera e propria economia ed è sostenuta dagli aiuti internazionali. E oggi gli aiuti internazionali sono bloccati, e in quella porzione di territorio di cui stiamo parlando sostanzialmente sono saltate tutte le attività: quella sanitaria, quella scolastica, la sicurezza, la raccolta dei rifiuti, l'approvvigionamento alimentare". La situazione quindi è che "la gente ha fame e muore perché non è curata anche per patologie tra virgolette ‘normali'". Così, "oltre alla strage che viene prodotta dai bombardamenti, c'è quest'altra strage silenziosa".

È circolata l'ipotesi che il governo israeliano abbia intenzione di deportare l'intera popolazione palestinese di Gaza, trasferendola in altri Paesi. Per il deputato del Pd non c'è bisogno di parlare di ipotesi: è già una realtà, in un certo senso. "Mi limito a dire che se porti 1,2 milioni di persone in un'area che precedentemente era abitata da 200mila persone, non fai arrivare più gli aiuti, una pressione implicita perché quell'area sia abbandonata è assolutamente deducibile".

L'Italia continua a bloccare i fondi Unrwa: "Errore politico che aiuta disastro umanitario"

Il sostegno umanitario a Gaza è coordinato soprattutto dall'Agenzia delle nazioni unite per il soccorso dei profughi palestinesi, o Unrwa. Un'agenzia che alcuni mesi fa molti Paesi hanno smesso di finanziare a causa di alcune accuse rivolte da Israele su presunti legami con Hamas di alcuni dipendenti. Dopo un'indagine interna e il licenziamento di questi dipendenti, molti Paesi hanno ripreso i finanziamenti. Il governo Meloni, invece, no. Per Orlando è "un errore che mette l'Italia in una posizione che non è quella dell'Italia. Siamo sempre stati un Paese che è  riuscito a parlare con tutti, ed è stato utile alla soluzione di molti dei passaggi storici di questa crisi infinita che caratterizza il Medio Oriente".

L'Unrwa non è nata come "una gentile concessione" per i palestinesi, anzi: "Quando è stato riconosciuto lo Stato di Israele si sono spostati milioni di persone, e l'Onu ha pensato di creare una sorta di surrogato di uno Stato attraverso questa agenzia. Questa agenzia recluta chiaramente tra i palestinesi decine di migliaia di persone. Ora, in queste decine di migliaia di persone ce ne sono alcune che sono coinvolte con la strage di Hamas. Devono essere punite, ma questo non significa che tutta la struttura sia nelle mani di Hamas".

Per fare un esempio: "Noi siamo un Paese dove ci sono stati servizi segreti deviati, ci sono state parti delle forze dell'ordine o delle forze armate coinvolte in colpi di Stato. A nessuno è mai venuto in mente di sciogliere i ministeri o di sciogliere i corpi dello Stato". Il paragone è adatto perché l'Unrwa "tiene in piedi gli ospedali, tiene in piedi le scuole, gestisce gli aiuti". Riprendere a sostenerla è un modo per "contenere gli effetti di quel disastro umanitario che si sta determinando". Il governo Meloni deve cambiare posizione "non per ragioni ideologiche, ma per ragioni molto pratiche, perché queste persone muoiono di fame".

Elezioni: "Schlein ha rimesso Pd al centro di una coalizione, ora basta tatticismi dagli alleati"

Al di là dei temi internazionali, il 2024 è un anno in cui il Partito democratico deve confrontarsi con molti appuntamenti elettorali. Ci sono le regionali, che dopo la vittoria in Sardegna hanno visto la delusione in Abruzzo e in generale una difficoltà a coordinarsi con i quasi-alleati del ‘campo largo' (come in Basilicata e in Piemonte). E ci sono le elezioni europee, che saranno la prima grande sfida nazionale per la segreteria di Elly Schlein.

Orlando elogia il lavoro di Schlein: "Io credo che il Pd è stato a rischio, come progetto politico, e credo che il merito della segretaria Schlein sia quello di aver risposto a questa crisi, averlo rilanciato e averlo anche rimesso al centro di una coalizione". Proprio su questa coalizione, però, adesso ognuno deve "fare un lavoro di riflessione su quali sono i punti fondamentali su cui si vuole costruire questo progetto". Non è "un lavoro difficilissimo, perché i temi sono questi: la pace, la transizione ecologica, la lotta alle diseguaglianze", ma anche "come si vuole fare la lotta alle diseguaglianze, cioè chi vogliamo aiutare e chi vogliamo combattere, quali sono le rendite e quali sono i privilegi, quali sono le grandi ricchezze che si sono accumulate e che crediamo debbano essere redistribuite".

Insomma, il terreno comune c'è, ma da parte degli alleati ci deve essere "un po’ meno tatticismo. Non è che io ci sto quando mi conviene, quando non mi conviene invece me ne vado per i fatti miei". Nella situazione di oggi, "di fronte a un mondo in fiamme", bisogna mettere da parte le valutazioni caso per caso: "Devi provare a gettare il cuore oltre l'ostacolo. Ponendo tutte le questioni che tu devi porre, ma facendolo in modo stabile, e non in modo occasionale".

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