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Obbligo vaccinale, perché è stato introdotto per operatori sanitari, scuola e forze dell’ordine

Nella relazione illustrativa al nuovo decreto il governo ha inserito il richiamo alle sentenze della Consulta e del Consiglio di Stato, che motivano la decisione di introdurre l’obbligo vaccinale per sanità, scuola e forze dell’ordine.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'obbligo vaccinale con l'ultimo decreto anti Covid è stato esteso ad alcune categorie. Dal prossimo 15 dicembre non saranno soltanto personale sanitario e Rsa ad avere l'obbligo di vaccino, ma per poter lavorare a contatto con il pubblico dovranno immunizzarsi anche tutti i dipendenti delle strutture sanitarie, personale scolastico e forze dell'ordine. E non è escluso che l'esecutivo possa pensare più avanti a un allargamento della platea dell'obbligo vaccinale.

Nell'ultimo provvedimento sul Super Green pass è stata inserita quindi una norma che serve a favorire l'avanzamento della campagna vaccinale, per convincere gli indecisi a proteggersi contro l'infezione. Ma le sacche di resistenza permangono: in molti tra i No Vax sono convinti anche che l ‘obbligo di vaccino sia incostituzionale. Per contrastare questa tesi il governo ha inserito nella relazione illustrativa che accompagna il decreto, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 26, alcune sentenze della Consulta e del Consiglio di Stato, che dimostrano come la scelta del Governo di prevedere dal 15 dicembre la terza dose obbligatoria per mondo della scuola e forze dell'ordine sia perfettamente in linea con la Costituzione.

"Quanto alla previsione dell’obbligo vaccinale – si legge nel documento – va considerato che il bene della tutela della salute, quale ‘fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività', è ontologicamente dualista, rilevando, da un lato, nella sua accezione individuale e soggettiva e, dall’altro, nella sua dimensione sociale e oggettiva".

Tenuto conto di ciò viene ricordata la sentenza n. 218 del 1994 della Corte Costituzionale, la quale stabilisce che il diritto alla tutela della salute porta con sé "il dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri". 

In quest'ottica viene richiamato anche l'articolo 32 della Costituzione, secondo cui "i trattamenti sanitari obbligatori di cui al secondo comma debbono essere funzionalizzati alla ‘tutela della salute' (da intendersi quale diritto dell’individuo alla propria salute) ‘e' come ‘interesse della collettività' (vale a dire interesse della collettività alla salute collettiva)".

La scelta dell'obbligo vaccinale, al posto della generica raccomandazione viene motivata anche con la sentenza n. 5 del 2018 della Consulta, che afferma che la necessità di bilanciare i molteplici principi in gioco "lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte, e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica".

Perché è stato introdotto l'obbligo per gli operatori sanitari

Per quanto riguarda l'obbligo di vaccino previsto per tutti i lavoratori occupati nelle strutture ospedaliere si legge nel documento: "L'introduzione di un siffatto obbligo è stata giustificata dalla constatazione che la vaccinazione di tali categorie di lavoratori, unitamente alle altre misure di protezione collettiva e individuale per la prevenzione della trasmissione degli agenti infettivi nelle strutture sanitarie e negli studi professionali, ha valenza multipla: consente di salvaguardare l’operatore rispetto al rischio infettivo professionale, contribuisce a proteggere i pazienti dal contagio in ambiente assistenziale e serve a difendere l’operatività dei servizi sanitari, garantendo la qualità delle prestazioni erogate, e contribuisce a perseguire gli obiettivi di sanità pubblica".

Anche in questo caso vengono richiamate sentenze della Consulta: "Al riguardo, la Corte costituzionale ha chiarito che il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il Paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale (sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002). Tale principio – si legge ancora – vale non solo per le scelte dirette a limitare o a vietare determinati trattamenti sanitari, ma anche per l’imposizione degli stessi. Inoltre, la profilassi per la prevenzione della diffusione delle malattie infettive richiede necessariamente l’adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale (Corte costituzionale, sentenza n. 5 del 2018)".

A ulteriore sostegno di quanto disposto nell'ultimo provvedimento dal governo si ricorda che il Consiglio di Stato ha respinto tutte le censure presentate con ricorso collettivo da alcuni esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario del Friuli-Venezia Giulia, che non si erano ancora vaccinati.

Il Consiglio di Stato, con al sentenza n. 7045 del 20 ottobre 2021 ha evidenziato che "la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall’art. 4 del D.L. n. 44 del 2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario risponde ad una chiara finalità di tutela non solo – e anzitutto – di questo personale sui luoghi di lavoro e, dunque, a beneficio della persona, secondo il già richiamato principio personalista, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il pure richiamato principio di solidarietà, che anima anch’esso la Costituzione, e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l’esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l’avanzato stato di età), che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza".

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