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Opinioni

Lettera ai bulli che hanno picchiato un ragazzo con la sindrome di Down

Ho scritto una lettera ai sei bulli della “banda 18” che pestarono un ragazzo di 17 anni con la sindrome di Down, utilizzando una ragazza della banda come esca.
A cura di Saverio Tommasi
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La "banda dei 18"
La "banda dei 18"

Un ragazzo di 17 anni corcato di botte, avete usato proprio questo vocabolo: "corcato", a Roma si usa dire così e questo avete scritto nella vostra chat per vantarvene.
"Corcato" è uno dei termini romani più facili da capire perché va di passo pari con la parola "bòtte", e in questo modo l'avete usato anche voi: "Corcato di botte". Cioè picchiato, malmenato.
Avete pestato un ragazzo di 17 anni con la sindrome di Down, che invece per la sindrome non ci sono sinonimi, al massimo puoi chiamarla Trisomia 21. E' una condizione di origine genetica, causata da un cromosoma in più, il numero 21, il più piccolo cromosoma umano in ordine di grandezza. Chi ha la sindrome di Down, di solito, di quei cromosomi ne ha due invece che uno.
Ah, dimenticavo: Down si scrive in maiuscolo perché è il nome del medico che per primo, in modo più organico, studiò la sindrome: John Langdon Down. In altre parole: "Down" non è la traduzione inglese del termine "giù" o "in basso".

Quello che è accaduto a Roma non è un fatto cittadino: a Palermo o a Milano, o a Firenze, accade con un altro dialetto, ma non esiste salvezza quando si interrompe la comunicazione sentimentale con gli altri, a quel punto l'unico canale diventa la violenza.
Parlo di sentimenti perché sono un'espressione più matura delle emozioni, la riempiono. Ve la spiego così: ogni persona ha delle emozioni, ma è soltanto quando si mischiano che queste emozioni diventano capaci di bilanciarsi, interagendo e infine trasformandosi in un sentimento. Se abbiamo una sola emozione principale, zero alternative, siamo eterodiretti da quella e non ragioniamo più; ed è quello che è accaduto a voi: la noia vi ha fatto branco e avete tirato fuori i denti contro il più indifeso e solo della savana, o almeno così è apparso ai vostri occhi. Accade ogni giorno fra animali carnivori, non avete fatto niente di originale, avete replicato il comportamento più vecchio e barbaro: attaccare chi ha minori probabilità di sopravvivenza, e per essere più sicuri lo avete fatto in sei contro uno, e lui con una sindrome. Prima lo avete attirato in trappola usando un'esca: la ragazza del capobranco. E quando il ragazzo è arrivato all'appuntamento lo avete "corcato di botte". Avete fatto anche il video, perché vi siete comportati da bestie ma la tecnologia è quella della vostra epoca, e sapete come attivare la videocamera di un cellulare. Così avete fatto, e poi quel video lo avete condiviso, perché la barbarità trovasse il riscontro di altri barbari.

L'apice del gesto, la vostra violenza, ha sicuramente tante radici, ma non è di quelle che ora voglio parlarvi. Per quelle, scavatevi nei pressi. Pensate al tempo che avete sottratto alla vostra istruzione, alle responsabilità individuali, a quelle del contesto familiare e immagino – parzialmente, almeno – anche di quello scolastico che avete incontrato e poi scansato. Non farò però io nessuna analisi di questo. Pensateci voi.
Non vi parlerò dei cattivi maestri che avete incontrato, o delle cattive amicizie, o di quanto voi stessi possiate esserlo stati per altri. Analizzatevi da soli, siete ragazzi intelligenti anche se avete compiuto un gesto infimo, inutile, vigliacco.

Il ragazzo che avete colpito, non si riprenderà. Fisicamente sì, per caso. Ha rischiato di perdere un occhio; e quando era a terra e lo avete preso a calci in faccia, solo per un altro caso quei calci sono finiti in punti della testa per cui oggi è fisicamente salvo. Questione di centimentri. Lui però non si riprenderà più per lo strappo di fiducia che ha subito, l'aggressione senza motivo. Avete disatteso il suo appuntamento nel peggiore dei modi, e non ci si riprende mai del tutto, da questo. I primi giorni non riusciva neanche a varcare la soglia della porta di casa, neanche accompagnato. Questo è giusto che lo sappiate, perché il suo stare sarà sempre la questione più importante.

L'intelligenza, però, è il motivo per cui vi scrivo questa lettera: io credo nella vostra. Ci credo davvero, non guadagno niente dallo scriverlo, se non poi la difficoltà pubblica di difendere questa mia posizione. Perché sarebbe semplice, oggi, darvi dei "cretini", forse ve lo siete detti anche da soli, capite quanto sarebbe semplice? Però non lo siete ed è una buona notizia: potete fare della vostra vita qualcosa di migliore di quello che avete vissuto fino a ora, fra le mani avete un'opportunità enorme.
Per il vostro gesto i più fortunati di voi, in questi giorni, sono stati ritenuti idonei per un programma di reinserimento, da realizzarsi attraverso la cura di persone con una o più disabilità. Conoscerete delle persone, dunque, e alcune di queste avranno una disabilità, più o meno evidente non importa. Anche voi avete la vostra, e avete ottenuto la possibilità di provare a curarla attraverso la frequentazione di persone che non avreste mai incontrato nella vostra vita. Siete davvero ragazzi fortunati, rifletteteci.

Da persona che nella sua vita conosce bene la disabilità, per scelta o per inciampo, mi permetto di darvi due consigli. Voi prendeteli per quello che valgono, solo una traccia nella vostra mappa.

Primo consiglio: non confrontatevi mai con le persone che incontrerete, i paragoni sono una strada larga e in discesa, ma conducono in un fosso. Nessun bambino mangerà mai la verdura perché gli direte che in Africa i bambini muiono di fame. Casomai, cucinate insieme a lui un buon sedano ripieno con i pomodori.
Questo significa – faccio un esempio facile – che vedere una persona con una gamba non deve essere il motore che esalta la vostra consapevolezza di averne due. In altre parole: voi non siete fortunati perché gli altri sono sfortunati, tra l'altro i concetti di fortuna e sfortuna hanno così tante declinazioni che è impossibile star loro dietro. Ricordate perciò soprattutto questo: le persone che incontrerete non saranno il vostro inspiration porn, anche se sono certo che potranno insegnarvi tantissimo.

Secondo consiglio, e questo sarà anche l'ultimo perché le buone promesse vanno sempre mantenute: ascoltate. Sembra facile ma richiede un passaggio: scordare prima tutto quello che pensavate di sapere. Perché – ammettiamolo, dai – tutto quello che sapevate sulla relazione con gli altri ha fatto flop. Un flop colossale. Una gang con un capo che si fa chiamare "Fragolone" e che vive pianificando agguati a ragazzini minorenni, picchiandoli in gruppo quando questi sono soli e non avevano nessuna voglia di fare a botte, sembra la definizione del concetto di fallimento sociale, e infatti lo è. Ma oggi quel fallimento sociale, emotivo, può essere anche la vostra rinascita, dipende ora molto da voi, che oltre che intelligenti siete anche capaci, secondo me perfino di ascoltare e prendere nuovi appunti sulla vita. Come un nuovo libro ancora da scrivere, in cui la mano e la matita siete sempre voi.

Ho finito. Ora il grosso della scoperta spetterà a voi, non voglio dirvi altro, odio gli spoiler anche in questo caso. Però un'ultima cosa permettetemi di dirvela: sarà un'avventura bellissima, divertitevi insieme e date valore soprattutto a quest'ultima parola: insieme.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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