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Opinioni

L’anomalia non è Giorgia Meloni, ma un’opposizione che pensa solo a farsi la guerra

La luna di miele di Giorgia Meloni col Paese prosegue anche grazie a un’opposizione divisa e autolesionista. Democratici, grillini e centristi hanno progetti diversi, che non prevedono di far fronte comune contro il governo.
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Malgrado ciò che lasciava intendere la keyword della campagna elettorale di Giorgia Meloni, “pronti”, le prime settimane del governo di centrodestra sono state tutt’altro che semplici. La compagine che ha vinto le elezioni si è rivelata affatto pronta o compatta, producendosi in una serie di topiche, solo parzialmente oscurate da un’abile gestione della comunicazione. Dalla scelta delle priorità (ravers e migranti) al clamoroso strappo con i francesi, nostri principali alleati in Europa, passando per le invasioni di campo di Salvini e le esternazioni di Valditara, nonché per le indecisioni di Pichetto e l’affaire Gemmato – Schillaci: in poche settimane Meloni è stata costretta a mettere pezze e inseguire, piuttosto che mostrare al Paese “quello di cui siamo capaci” o dare chiari segnali di discontinuità con le esperienze precedenti.

Per difficoltà oggettive, legate alla complessità del quadro internazionale, alle ristrettezze economiche e alla necessità di non fare passi azzardati, la leader di Fratelli d’Italia si è trovata ad avere ben pochi margini di manovra nel primo snodo fondamentale della sua esperienza a Chigi, la legge di bilancio. Una gestione accorta e prudente, che non ha impedito comunque a Meloni di inviare dei chiari segnali politici al proprio elettorato di riferimento: via il reddito di cittadinanza, ampliamento delle agevolazioni per le partite Iva, ripensamento dei rapporti fra fisco e contribuente, apertura alla pacificazione con no-vax e riduzionisti della pandemia.

Insomma, non proprio una partenza decisa. La stessa Presidente ammette serenamente di “non essersi mai illusa” e ricorda che ha un “compito arduo, quello di guidare l’Italia in questo momento”, non nascondendo le criticità. Ma è nel momento del bisogno che si vedono gli amici, come recita un vecchio adagio. E in effetti, Meloni ha potuto e può beneficiare non solo di un contesto favorevole, ma anche degli aiuti più o meno consapevoli dell'opposizione parlamentare. La sua luna di miele con il Paese continua anche per l'assenza di un'opposizione puntuale e consistente, diciamoci la verità.

Il Partito democratico attraversa probabilmente la più grande crisi della sua storia recente. Una compagine in dismissione, con un segretario dimissionario e una classe dirigente confermata provvisoriamente malgrado fallimenti epocali; il percorso congressuale scelto sembra una specie di periodo di aspettativa, mesi durante i quali si rinuncia scientemente a organizzare non solo la "resistenza" di lettiana memoria, ma persino una parvenza di opposizione alla destra. La sinistra parlamentare è precipitata in una situazione finanche peggiore, paradossalmente proprio quando sembrava aver trovato visibilità e attrattiva grazie alla figura di Aboubakar Soumahoro: una vicenda emblematica sulla selezione della classe dirigente, ma soprattutto sui meccanismi mediatico-comunicativi che spesso indirizzano scelte e azioni.

Il Movimento 5 stelle è l'unica forza politica nel campo del centro-sinistra con un leader chiaro e legittimato, ma non per questo esente da contraddizioni e limiti. Giuseppe Conte sconta le esperienze precedenti, in particolare il governo con la Lega di Matteo Salvini, durante il quale ha promosso o anche semplicemente avallato politiche non troppo dissimili da quelle dell'attuale governo. Su migranti, pubblica sicurezza e in parte politica fiscale, le rimostranze dei Cinque stelle non possono essere credibili fino in fondo, proprio perché l'eredità del Conte I (ma anche di Draghi) è piuttosto pesante.

Il Terzo Polo sta giocando un altro campionato, con un progetto di respiro più ampio che evidentemente contempla un'idea diversa di opposizione. L'incontro Calenda – Meloni è solo la manifestazione esteriore di una condotta ispirata, almeno nelle intenzioni, a concetti come responsabilità e serietà. È chiaro che Azione e Italia Viva non hanno alcun interesse ad alzare il livello dello scontro con la destra, bensì ad accreditarsi presso l'elettorato in uscita da Forza Italia e deluso dal Pd in modo da allargare la propria base di consenso e gettare le basi per la costruzione dell'unico polo centrista e liberale del Paese. Un progetto, che porterebbe il Terzo Polo a diventare decisivo in futuro per qualunque esperimento di governo, che però è incompatibile con muri e barricate, tanto più se Meloni continuerà a mostrarsi dialogante e a seguire le orme di Draghi in politica economica ed estera. Certo, con qualcuno bisognerà pur prendersela e la coppia Renzi – Calenda ha le idee chiarissime quanto a obiettivi polemici: l'opposizione.

Questa è in effetti l'unica cosa che sta riuscendo in maniera formidabile alle forze politiche che non fanno parte della maggioranza. Non ci sono solo le polemiche continue e durissime del Terzo Polo contro il Movimento 5 Stelle e le lezioncine al Partito democratico che fanno un po' tutti. Ci sono anche le divisioni interne ai democratici, le bordate della sinistra ai renziani, le accuse dei Cinque stelle ai calendiani (e viceversa, ovviamente): è praticamente un tutti contro tutti, che risponde alla necessità di trovare di volta in volta un posizionamento su questioni specifiche, senza una strategia complessiva o anche solo un fronte comune "di necessità". Un processo di autodelegittimazione continuo che finisce per depotenziare anche le iniziative dei singoli parlamentari che cercano di esercitare il proprio ruolo in maniera più intransigente, non tanto in Parlamento (dove si è fatto pochino, per la verità), quanto sui media e sui social network. Peraltro, in un contesto in cui Meloni e i suoi possono godere della condiscendenza (quando non dell'appoggio vero e proprio) di gran parte degli hub di informazione e diffusione delle informazioni.

La balcanizzazione dell'opposizione finisce col condizionare anche la risposta dell'opinione pubblica di fronte ai primi passi del governo Meloni. Nei fatti, salvo iniziative sporadiche e piuttosto specifiche (ambientalisti e femministe), il governo più di destra della storia italiana dal secondo dopoguerra non ha ancora affrontato alcun tipo di mobilitazione organizzata, beneficiando di un dibattito pubblico anestetizzato e appunto di una certa timidezza dei corpi intermedi (di quello che ne resta) anche su aspetti non proprio marginali. Difficile ipotizzare che possa durare, la storia recente dimostra che in contesti del genere si apre uno spazio interessante per mobilitazioni dal basso ed emersioni di nuovi attori politici. Visto come siamo messi, non è detto che sia una cattiva idea.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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