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Pensioni

La riforma delle pensioni del governo Meloni: cosa cambierà con la legge di Bilancio

Il governo Meloni lavora per sciogliere il nodo pensioni: restano sul tavolo Quota 41 e Opzione Uomo. La deadline della manovra si avvicina, assieme allo spettro della legge Fornero e dello scalone a 67 anni.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Sono giorni intensi per il governo Meloni, che si è appena insediato e ha due mesi di tempo – compreso il passaggio parlamentare – per il via libera alla legge di Bilancio. Oltre a contenere misure fondamentali per il contrasto all'emergenza energetica, però, la manovra dovrà tenere conto di un altro nodo fondamentale da sciogliere: le pensioni. Nelle scorse settimane si è parlato sia della Quota 41 – cavallo di battaglia della Lega – sia di Opzione Uomo, che invece sarebbe la proposta di Fratelli d'Italia. In ogni caso è necessario un intervento e un investimento importante per evitare che il primo gennaio si torni alla legge Fornero. Tradotto: scalone e pensione a 67 anni.

Dovrebbero essere cinque i miliardi investiti nelle pensioni in manovra, tutti concentrati sul rinnovo degli scivoli per lasciare il lavoro in anticipo. A partire da Opzione Donna e Ape sociale, che saranno rinnovati in ogni caso, a prescindere dal ragionamento generale che verrà fatto su uno scivolo più ampio (come appunto Quota 41). Le misure, che vanno in aiuto di donne e lavoratori che svolgono mansioni usuranti, sono ormai attive da molti anni e rappresentano una deroga alle normali regole per andare in pensione.

Per quanto riguarda la maggior parte della platea, invece, si starebbe pensando pensando a un sistema di incentivi. Non c'è nessuna intenzione di tornare alla Fornero, ovviamente, perciò è probabile che venga quantomeno rinnovata Quota 102 voluta da Draghi come compromesso (se non si dovesse arrivare a Quota 41, che significa in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica).

Nel frattempo, però, il governo riflette anche su un sistema di incentivi basati su sgravi fiscali per i lavoratori a partire dai 63 anni. In questo modo l'esecutivo vorrebbe puntare a convincere i lavoratori a uscire qualche anno più tardi dal mercato del lavoro, permettendo loro di guadagnare di più.

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