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Opinioni

La parte del torto

Oggi in moltissime città italiane ci sono state delle manifestazioni di protesta contro la riforma della scuola: la risposta del governo agli studenti è stata di manganelli, violenza e arresti.
A cura di Rita Cantalino
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Oggi è andata in scena l'ennesima dimostrazione di come funziona realmente questo paese, di chi comanda, come lo fa e a quale scopo. Oggi gli studenti hanno manifestato contro una riforma della scuola vergognosa, che non fa altro che avvicinare nel tempo il baratro della precarietà che, in ogni caso, investirà le loro vite. Hanno manifestato per dire che se le generazioni passate non sono state in grado o non sono riuscite a difendere il proprio futuro, questo non significa che loro accetteranno passivamente quello che qualcuno decide per loro.

Hanno manifestato contro un governo che si presenta come quello della ragione: il governo di quelli sempre giusti, con lo sguardo lungimirante allo sviluppo di un paese che, non ci dicono, deve realizzarsi sulla pelle, con il sangue e il sudore di chi lo vive ogni giorno. In quale forma una riforma della scuola può essere accettabile, se tutti quelli che la subiranno, dai docenti agli studenti, denunciano pubblicamente da mesi che è sbagliata, è fatta solo a favore delle imprese e dei poteri forti di questo paese? In che misura può essere legittimo che un governo non eletto imponga un provvedimento non voluto da nessuno, e che per farlo passi sopra tutto e tutti, picchiando e arrestando chi prova a opporsi?

Come si chiama un governo che reprime il dissenso delle piazze di protesta con la violenza, che non tollera obiezioni alla propria azione e, quando ne riceve, non le ascolta ma le reprime? Guardate le immagini del corteo di Napoli di stamattina, guardate la violenza con la quale viene picchiato un gruppo sparuto di persone, mentre il corteo resta indietro. Guardate la foga con cui i manganelli si scontrano con le teste di quelli che potrebbero essere i vostri figli. Guardate i vostri figli picchiati, distesi, trattenuti, sanguinanti. Guardateli perché quello è stato fatto a loro perché hanno avuto il coraggio e non hanno perso la voglia di protestare. Guardateli perché l'unica ragione per la quale quei ragazzi sono stati picchiati è che non ci sono stati, hanno voluto dire no alla ragione ufficiale, hanno voluto raccontare un'altra ragione, le loro ragioni, quelle di chi è vittima della devastazione sociale e politica di questo paese. Guardateli e pensate che ognuno di loro potrebbe essere figlio vostro e potrebbe essere trattato così solo perché non si fa imporre delle ingiustizie.

Guardateli e pensate alle piazze di Salvini, quelle in cui tutti difendono il suo diritto a parlare. Guardateli pensando che in questo paese organizzazioni fasciste hanno campo libero e chi si impegna per difendere la scuola pubblica viene caricato senza ragione. Quale pericolo esprimeva quel corteo? Le immagini parlano chiaro: cosa stava accadendo nel momento in cui le forze dell'ordine hanno deciso di attaccare così violentemente un corteo di studenti che provava solo a passare per una strada? Cosa giustificava la violenza con la quale sono stati picchiati? Non avevano strumenti di offesa,erano là semplicemente con dei pannelli di polistirolo.

Questo è bastato a farli caricare, ferire, arrestare: il fatto che non accettassero la ragione ufficiale, quella che vi racconterà di teppistelli, di minoranze violente, di una riforma necessaria e che vi terrà nascoste le facce adolescenti di quei teppistelli, le enormi proteste che da mesi animano tutte le scuole di Italia e l'urgenza di bloccare una riforma che renderà i vostri figli, uno a uno, gli ennesimi sfruttati di questo paese.

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Blogger e attivista. Nata a Napoli nel 1988, dove mi sono laureata in filosofia politica. Sono stata coordinatrice provinciale dell'Unione degli Studenti Napoli e coordinatrice cittadina di Link, coordinamento universitario. Ho lavorato come educatrice per Libera in progetti con ragazzi provenienti da contesti di disagio. Il mio blog personale è Errecinque. Ho un sacco di romanzi nel cassetto.
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