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Italia 2013: folla ai funerali del rapinatore, nessuno a quelli del morto innocente

Due storie intrecciate ma lontanissime: il rapinatore che muore durante un conflitto a fuoco con la polizia ed il titolare di un bar ucciso per errore. La folla ai funerali del primo, il deserto alla messa funebre del secondo.
A cura di Federico Mello
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Sono due storie intrecciate ma lontanissime. Che possono essere raccontate, però, come una storia sola. I protagonisti sono due. Non si sono mai conosciuti, non c’entrano niente l’uno con l’altro: probabilmente durante la loro vita non si sono neanche sfiorati da lontano. In comune hanno l’epilogo della loro esistenza, cruento; gli spari, le pallottole conficcate nella carne. Il corpo di uno è rimasto lì, sul selciato. Quello dell’altro è diventato cadavere in ospedale, dopo alcuni giorni, per le ferite ricevute.

Andrea Nollino, 42 anni, tre figli, impegnato nella comunità locale, era titolare di un bar a Casoria, ed era incensurato. Un anno fa, il 26 giugno del 2012, alle otto del mattino usciva davanti al suo locale per “sistemare le sedie e gli ombrelloni”, disse al suo socio. Solo qualche istante, una macchina che sgomma, una pistola che spara. Vengono esplosi cinque colpi, uno si conficca sotto l’ascella di Andrea. Lui prova a rifugiarsi dentro al bar, a dire qualcosa, non ce la fa, stramazza sul pavimento, morto. Si scoprì presto che Andrea era stato colpito per un fatale errore, per uno scambio di persona. I killer cercavano qualcuno che gli somigliava, non lui. L’assassinio colpì molto i cittadini di Casoria: una fiaccolata, un torneo di calcetto a suo nome in oratorio; a novembre, una targa con il suo nome affisso nella villa comunale.

L’altro protagonista di questa storia si chiamava invece Angelo Covato. Il nome non vi dirà molto, mentre forse il suo cappellino rosso riaccenderà qualcosa nella vostra memoria. 18 anni, non conosciuto dalle forze dell’ordine, il 27 aprile scorso con altri dieci complici partecipava alla rapina di una gioielleria di Maddaloni, sempre nel napoletano. Durante quei concitati momenti, con le armi in pugno, Angelo sparò a bruciapelo all’appuntato scelto dei carabinieri Tiziano Della Ratta, che morì sul colpo: le immagini della sparatoria, poi diffuse dalla polizia, fecero rabbrividire milioni di spettatori. All’uscita dalla gioielleria, però, altri carabinieri aspettavano i banditi e Covato venne raggiunto da numerosi colpi, poi arrestato e ricoverato, è morto in ospedale il 7 maggio scorso.

Fin qui sembrerebbero due episodi di cronaca, per quanto cruenti, come mille altri. Ma l'abbiamo detto all'inizio: queste due storie, così lontane, possono essere raccontate come una storia sola. E la ragione è semplice, e triste.

Alcune settimane fa si sono celebrati i funerali di Covato: almeno tremila persone hanno partecipato al rito funebre. Solo qualche giorno fa, invece, si è svolta una messa per ricordare Andrea Nollino ad un anno dal suo omicidio. Sia il presidio per la legalità che si è svolto due ore prima, che la funzione religiosa, sono andate pressoché deserti – informa Il Mattino. «Casoria non merita la grande dignità della vedova e dei tre figli del povero Andrea» è stato il commento dell’unico rappresentante delle istituzioni che ha portato conforto a parenti e amici, l’assessore alla cultura Luisa Marro.

«Dov’è la cristianità in questi luoghi? – le parole del prete anticamorra Tonino Palmese, che ha celebrato la funzione – Allora il sacrificio di Andrea è stato inutile: lo abbiamo ucciso due volte». Tutte le morti meritano rispetto. Quella di Andrea, però, non ne ha avuto abbastanza. E non troviamo altro che sottoscrivere le parole di Don Tonino per sentirci un po’ meno tristi. E non riusciamo a fare altro che scrivere questa storia per provare, almeno provare, a non dimenticare.

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35 anni, leccese, giornalista. Sono stato blogger, poi Annozero, Il Fatto Quotidiano e Pubblico. Ho scritto «Il lato oscuro delle stelle» : http://goo.gl/nCnaI
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