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Fiber, Conte si difende dall’accusa di conflitto d’interessi: “Avevo delegato Salvini”

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, riferisce alla Camera rispondendo alle accuse di conflitto d’interessi sul caso Fiber-Retelit, ribadendo di aver ricevuto l’incarico di redigere un parere legale quando ancora non sapeva che sarebbe diventato premier. Inoltre, Conte sottolinea di essersi astenuto in Consiglio dei ministri sulla Golden power, delegando per il procedimento l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.
A cura di Stefano Rizzuti
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Intervenendo alla Camera dei deputati il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, prova a chiudere la vicenda riguardante il presunto conflitto d'interessi connesso ad un incarico professionale assunto precedentemente all’incarico di governo. Conte si difende in relazione al caso Fiber-Retelit e si dice convinto di poter chiarire definitivamente questa vicenda. Il presidente del Consiglio ribadisce che l’incarico è stato da lui assunto prima di sapere che sarebbe diventato inquilino di Palazzo Chigi e ricostruisce la vicenda, parlando anche dell’incontro con Di Maio e Salvini e sostenendo di non aver mai conosciuto Mincione né di aver saputo che in questa vicenda erano coinvolte le finanze vaticane. Infine, Conte ribadisce di essersi astenuto in ogni votazione in Cdm sulla Golden power e di aver delegato per quelle decisioni l’allora vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini.

Conte definisce questa vicenda come un “presunto conflitto d’interessi”, ribadendo che l’incarico professionale del caso è stato assunto “precedentemente a quello di presidente del Consiglio”. Poi Conte racconta quanto successo:

Nei primi giorni del maggio 2018, quando ancora svolgevo la funzione di avvocato, ho ricevuto dalla società Fiber 4.0 l’incarico di redigere un parere giuridici pro-veritate sulla disciplina della Golden power con riferimento alle operazioni compiute nei confronti della società Retelit. Desidero precisare che questo è stato l’unico contatto professionale con la società Fiber 4.0, non avendo mai svolto per essa altra attività.

Al fine di redigere il parere, ho esaminato i documenti inviati senza mai incontrare gli amministratori o gli azionisti della società. Non ero a conoscenza né ero tenuto a conoscere che tra gli investitori vi fosse Raffaele Mincione, o che parte degli investimenti risalissero alle finanze vaticane.

Non ero ancora stato designato presidente del Consiglio, in un momento in cui io stesso non potevo immaginare che sarebbe nato un esecutivo da me presieduto che sarebbe stato chiamato a decidere sulla Golden power. Organi di stampa riferiscono di un incontro a Milano il 13 maggio con i leader di Lega e M5s, preciso che questo primo incontro interlocutorio rispetto all’incarico di governo, avvenuto il 23 maggio, è intervenuto a distanza di giorni dall’accettazione dell’incarico, quando il parere era ormai completato. Il parere è stato completato il giorno dopo, il 14 maggio.

Il parere ha riguardato esclusivamente l’applicabilità o meno della disciplina, ovvero se notificare o meno la decisione al governo, decisione spettante alla società. Al fine di evitare ogni possibile forma di conflitto d’interessi, mi sono astenuto da qualsivoglia attività e coinvolgimento – formale e sostanziale – sulla decisione dell’esercizio della Golden power di Retelit. Scrissi una lettera protocollata il 6 giugno con cui informavo della mia determinazione di astenermi da qualsiasi atto su questo procedimento. Non presi parte alla seduta del Consiglio dei ministri che ha esaminato tale questione, la seduta fu presieduta da Salvini.

Conte ricorda che la questione è tornata all’attenzione della presidenza del Consiglio anche ad agosto, tanto che inviò un’altra lettera, dichiarando di volersi astenere “da qualsiasi forma di trattazione delegando per tutte le relative attività e per l’intero procedimento il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini”. Il presidente del Consiglio continua ancora: “Non ho mai preso parte alle decisioni sull’operazione Retelit, anche se il mio parere non ha riguardato questo profilo della decisione, ma solamente quello preliminare l’esistenza o meno dell’obbligo di notificare la decisione al governo”.

Infine il presidente del Consiglio si difende tirando in mezzo anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato:

La piena correttezza del mio operato è stata confermata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che sollecitata a valutare l’esistenza di un potenziale conflitto d’interessi, ha chiesto chiarimenti, acquisito documenti, sia per gli eventuali rapporti con Mincione che per la partecipazione al Consiglio dei ministri mai avvenuta. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 24 gennaio 2019 ha comunicato che ha ritenuto di non dover avviare alcun procedimento non ritenendo sussistenti i presupposti l’applicazione della legge in materia di conflitto d’interessi.

La disciplina sul conflitto d’interessi non ha lo scopo di impedire a chi ha avuto incarichi istituzionali di ricoprire successivi incarichi di governo, piuttosto introduce alcuni presidi per eliminare situazioni di incompatibilità. In questo caso non ricorre certo una situazione di incompatibilità e per il potenziale conflitto d’interessi, ove mai ci fosse, il rimedio è l’astensione. A queste norme mi sono attenuto in maniera rigorosa astenendomi. Ed è ciò che continuerò a fare nel caso in cui ci siano nuovi procedimenti.

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