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Eutanasia, Marco Cappato e Mina Welby assolti in appello per caso Trentini

La Corte d’assise d’appello di Genova ha confermato l’assoluzione per Mina Welby e Marco Cappato, tesoriere e vicepresidente dell’associazione Coscioni, accusati di aver aiutato al suicidio il 53enne Davide Trentini, malato di sclerosi multipla deceduto in una clinica in Svizzera nel 2017. Confermata l’assoluzione stabilita in primo grado.
A cura di Stefano Rizzuti
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Mina Welby e Marco Cappato sono stati assolti dalla Corte d’assise d’appello di Genova che ha confermato l’assoluzione dopo l’accusa di aver aiutato al suicidio il 53enne Davide Trentini, malato di sclerosi multipla deceduto in Svizzera, in una clinica, il 13 aprile del 2017. Il giudice della Corte d’assise d’appello di Genova ha quindi confermato l’assoluzione di primo grado per tesoriere e co-presidente dell’associazione Luca Coscioni. Dopo la morte di Trentini furono proprio Cappato e Welby ad autodenunciarsi per l’assistenza e l’aiuto offerto al 53enne che aveva deciso di ricorrere al suicidio assistito in Svizzera. Il processo di primo grado si era celebrato alla Corte d’assise di Massa e si era concluso con l’assoluzione dei due imputati accusati di istigazione e aiuto al suicidio.

Il procuratore generale di Genova, Roberto Aniello, aveva chiesto la conferma dell’assoluzione per Cappato e Welby dopo l’assoluzione in primo grado. Il pg ha parlato per circa due ore in occasione dell’udienza del processo d’appello. Prima della sentenza Mina Welby aveva rivendicato ancora una volta quanto fatto nel 2017: “Possiamo ancora andare avanti e sono fiera di farlo qui dove mia mamma ha iniziato il suo lavoro da ragazza. Spero che questa città dia anche giustizia quello che aveva chiesto Davide. Il dispendio emotivo mi dà ancora più forza per andare avanti affinché si faccia una legge. Sento il dovere di difendere le persone che chiedono aiuto per un loro diritto. La morte dignitosa deve essere accessibile a chi serve. Il Parlamento deve discutere e legiferare, secondo propria coscienza e non su quanto imposto dai partiti. Io voglio, dopo questa volta, che il Parlamento ascolti e faccia la legge”.

La stessa richiesta, di far intervenire il Parlamento, era stata avanzata da Marco Cappato: “C’è in gioco la libertà delle persone di poter scegliere, alla fine della propria vita se in condizioni di sofferenza insopportabile di malattia, di terminare la propria sofferenza. Il Parlamento italiano non si assume la responsabilità di una decisione e quindi l'unica aula dove si discute è quella del tribunale. Non si può attendere quattro anni e nove udienze per vedere affermato un diritto perché altrimenti vale solo per le persone che se ne sono andate. Noi chiediamo che ci siano delle regole certe di legalizzazione dell'eutanasia per le persone che adesso vivono questa urgenza. Per l'inerzia del Parlamento puntiamo a raccogliere le firme sul referendum, tra luglio e settembre, e a quel punto saranno direttamente i cittadini italiani a scegliere tra l'eutanasia clandestina che c’è e l'eutanasia legale che chiediamo”.

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