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Come le Regioni hanno sprecato i soldi investiti in sanità negli ultimi anni

La fondazione Gimbe ha pubblicato un’analisi sugli adempimenti delle Regioni ai livelli essenziali di assistenza (Lea) tra il 2010 e il 2018, rimarcando come un quarto delle risorse spese in sanità non abbia prodotto alcun servizio per i cittadini. Secondo i ricercatori non solo è necessario rivedere il sistema con cui si monitora la qualità dei servizi sanitari sui territori, ma bisogna anche ripensare alle modalità di attuazione dei Piani di rientro, che negli ultimi anni non si sono dimostrati efficaci. E, in tutto questo, colmare il divario che esiste anche in sanità tra Nord e Sud.
A cura di Annalisa Girardi
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Con l'emergenza coronavirus la sanità è tornata al centro dell'attenzione politica e mediatica. Sono state evidenziate le gravi conseguenze di anni e anni di tagli al settore e si è sottolineata la necessità di tornare a investire sul sistema sanitario, che si è fatto trovare impreparato dalla pandemia. La fondazione Gimbe, un think tank che si occupa di ricerca in ambito sanitario, ha pubblicato oggi un'analisi sugli adempimenti delle Regioni ai livelli essenziali di assistenza tra il 2010 e il 2018, rimarcando come un quarto delle risorse spese in sanità non abbia prodotto alcun servizio per i cittadini. Alla base dell'indagine il report del ministero della Salute sul monitoraggio dei Lea: questi sono i livelli essenziali di assistenza, le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è tenuto a fornire a tutti i cittadini.

Ogni anno il ministero assegna un punteggio alle prestazioni sanitarie che le Regioni devono appunto garantire ai propri cittadini, verificando in questo modo il funzionamento del servizio sanitario a livello territoriale. "Si tratta di una vera e propria pagella sulla materia sanità che permette di identificare Regioni promosse e bocciate", spiega il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta. Per le Regioni bocciate (ad eccezione di Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e Province autonome di Trento e di Bolzano, che non sono soggette a verifica) vengono approvati dei Piani di rientro: i territori inadempienti possono quindi essere affiancati nella gestione della sanità, arrivando fino al commissariamento. Su questo sistema di accertamento, tuttavia, persistono dei dubbi: l'Osservatorio Gimbe sul Ssn, infatti, da anni ritiene che il monitoraggio tramite la griglia Lea sia "solo un political agreement tra governo e Regioni". Secondo Cartabellotta "lo strumento è sempre più inadeguato per valutare la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini".

Perché la griglia Lea è uno strumento inadeguato

La griglia Lea, secondo i ricercatori della fondazione, non sarebbe in grado di evidenziare gli adempimenti a causa del numero limitato di indicatori e delle modalità di rilevazione, che consiste nell'autocertificazione da parte delle stesse Regioni. Questo strumento, inoltre, si sarebbe progressivamente "appiattito", in quanto i parametri e le soglie di adempimento non sono state variate significativamente negli ultimi anni. Per la promozione una Regione deve ancora totalizzare 160 punti su 225 e il monitoraggio viene comunque pubblicato con circa due anni di ritardo, ostacolando tempestive azioni di miglioramento. Secondo Renata Gili, responsabile di ricerca sul servizi sanitari presso Gimbe, "tutti questi limiti riducono la possibilità di valutare in maniera oggettiva, analitica e tempestiva la capacità delle Regioni di erogare le prestazioni ordinarie, anche per stimare la possibilità di rispondere a un evento straordinario come la pandemia".

Cartabellotta aggiunge: "Dal 2008 lo Stato certifica l'erogazione delle prestazioni da parte delle Regioni con uno strumento sempre meno adeguato a valutare la qualità dell'assistenza sanitaria. In particolare, con l'ultimo monitoraggio del 2018 promuove tutte le Regioni sottoposte alla verifica adempimenti, in netto contrasto con numerosi report indipendenti nazionali e internazionali che attestano invece un peggioramento della qualità dell'assistenza".

Cosa è successo in sanità tra il 2010 e il 2018

La fondazione ha analizzato quanto emerso dai monitoraggi annuali del ministero tra il 2010 e il 2018. Ecco cosa è risultato. Per prima cosa si nota che la percentuale cumulativa media di adempimento delle Regioni è del 75%, in un range che va dal 56,3% della Campania al 92,8% dell'Emilia-Romagna. Ciò significa che mediamente il 25% delle risorse spese dalla Regioni per la sanità negli ultimi dieci anni non ha prodotto alcun servizio per i cittadini.

Inoltre, si vede come la percentuale cumulativa di adempimento annuale è aumentata del 64,1% del 2010 all'85,1% del 2018: secondo Gimbe, tuttavia, si tratta di una crescita ampiamente sovrastimata, proprio in ragione dell'appiattimento della griglia di cui si è già parlato.

Un altro punto rilevante è il fatto che, tra le 11 Regioni che superano la soglia di adempimento cumulativo del 76%, solo la Basilicata è situata nel Mezzogiorno. Tutte le Regioni promosse sono nel Centro-Nord, confermando in questo modo il divario tra Settentrione e Meridione anche in sanità. Non solo: i dati testimoniano anche l'inefficacia dei Piani di rientro e dei commissariamenti.

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Infine, si evince che le Regioni e le Province autonome che non sono sottoposte a verifica degli adempimenti registrano performance molto variabili. Da un lato ci sono il Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento con percentuali di adempimento cumulative che vanno rispettivamente dall'80,4% al 78,3%. Dall'altro, però, abbiamo Valle d'Aosta, Sardegna e Provincia autonoma di Bolzano che si trovano tutte in fondo alla classifica.

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Come ridurre le disuguaglianze sanitarie sul territorio nazionale

Dal 1° gennaio 2020 dovrebbe essere implementato il Nuovo Sistema di Garanzia, a sostituzione della griglia Lea. Si tratta di un nuovo strumento pensato per documentare meglio gli adempimenti regionali, ma che, secondo i ricercatori Gimbe, deve essere tenuto d'occhio in modo che non finisca per appiattirsi progressivamente. La fondazione sottolinea inoltre la necessità di rivedere le modalità di attuazione dei Piani di rientro: fermo restando l'esigenza del ministero della Salute di effettuare interventi selettivi, bisogna evitare di paralizzare un'intera Regione con lo strumento del commissariamento.

"Se dopo anni di tagli e definanziamenti la pandemia ha finalmente rimesso il Ssn al centro dell'agenda politica, dall'altro ha enfatizzato il conflitto istituzionale tra governo e Regioni, ben lontano da quella leale collaborazione a cui l'articolo 117 della Costituzione affida la tutela della salute tramite il meccanismo della legislazione concorrente", prosegue Cartabellotta. Che poi conclude: "Senza una nuova stagione di collaborazione politica tra governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l'erogazione dei Lea, sarà impossibile ridurre diseguaglianza e mobilità sanitaria e il diritto alla tutela della salute continuerà ad essere legato al Cap di residenza delle persone. E con la pandemia le persone si devono affidare, nel bene e e nel male, alla sanità della propria Regione".

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