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Covid 19

Civati a Fanpage.it: “I tamponi dovevano essere la fase uno, Conte ci spieghi qual è il piano”

In un colloquio con Fanpage.it il fondatore di Possibile, Giuseppe Civati, ha criticato l’assenza di una strategia del governo sui tamponi: “I test dovevano essere il preliminare, la fase 1. O quantomeno la fase 2 deve partire con i tamponi e con il tracciamento dei casi sospetti, soprattutto per la loro incolumità. Gli italiani hanno fatto il loro dovere, ora dovrebbe farlo l’Italia”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La fase due è stata annunciata dal dpcm presentato domenica sera, ma il piano del governo appare debole a Pippo Civati, fondatore di Possibile, che ha lanciato una campagna pro tamponi sul suo blog. Come ha sottolineato anche il virologo dell’Università di Padova Andrea Crisanti, colui che ha consigliato al governatore Luca Zaia di effettuare test a tappeto in Veneto riuscendo così a isolare tempestivamente il focolaio di Vo' Euganeo, è stata una scelta avventata riaprire tutto e subito, in assenza di una strategia per individuare subito eventuali nuovi casi positivi: "Quando fu deciso il lockdown c'erano 1.800 nuovi contagiati al giorno – sottolinea Crisanti – la stessa cifra registrata ieri. Non è che la situazione sia così migliorata". Ancora oggi i tamponi non vengono fatti sistematicamente su tutto il personale sanitario, e vengono effettuati, spesso con ritardo, solo sui soggetti sintomatici. Del resto Conte non ha ancora chiarito se si potranno garantire test a tutti, e se il numero sarà sufficiente e a permettere all'app per il contact tracing di assolvere alla sua funzione, di prevenire realmente i contagi.

Civati, contattato da Fanpage.it, punta il dito proprio contro l'approccio del governo all'emergenza, e la mancanza di una pianificazione convincente per i prossimi mesi, in cui dovremo convivere con il virus: "Gli italiani hanno fatto il loro dovere, ora dovrebbe farlo l'Italia. Noi siamo stati tutti chiusi in casa, abbiamo perso un sacco di soldi e qualcuno farà fatica a riprendersi, ci sono stati anche drammi. Ora ci aspettiamo che prima di iniziare a produrre, qualcuno ci spieghi bene il contesto in cui ci muoveremo. E questo lo può fare solo la politica, con dei dati sostanziosi. La conferenza stampa di domenica sera è stata povera di contenuti, forse serviva a rinviare ancora, ma non c'era dentro niente".

"In vista dell'imminente riapertura non è stato detto nulla, durante la presentazione del dpcm, sulla medicina di base e territoriale, sulle app per il tracciamento. Secondo quanto dice l'Istituto superiore di Sanità rischiamo di avere una curva dei contagi preoccupante e non localizzata. Per questo servono i tamponi, per consentire a chi non è direttamente coinvolto di vivere. Perché è chiaro che non possiamo andare avanti per altri sei mesi così".

"Come dice Crisanti servirebbero 200mila tamponi al giorno, quindi almeno tre volte quelli che stiamo facendo. Non si capisce perché alcune Regioni, anche le più esposte, non stiano facendo tamponi a sufficienza. Ma i test dovevano essere il preliminare, la fase 1. O quantomeno la fase 2 deve partire con i tamponi e con il tracciamento dei casi sospetti, soprattutto per la loro incolumità, non certo per controllarli. Questo è il grande equivoco su cui poggiano le polemiche sulle app: non sono strumenti che servono allo Stato per seguire i cittadini, al contrario servono ai cittadini per non ammalarsi e per non far ammalare i propri cari".

L'altra questione, spiega Civati, è quella della medicina territoriale, perché se venisse potenziata e quindi se le persone andassero meno in ospedale, se si riuscisse a far seguire i pazienti da casa, evitando, laddove possibile, il ricovero, si abbatterebbero i rischi: "Ma si tratta di valutazioni prima di tutto scientifiche, tocca poi alla politica metterle in atto".

Ci racconta delle decine di lettere che riceve ogni giorno, di persone che lavorano nel pubblico o nella sanità, e non riescono a ottenere neanche il primo tampone: "Non ha senso riaprire le attività se prima non si riescono a mettere in sicurezza tutti i lavoratori. È vero, come dicono, che i test non sono sempre attendibili al 100%. Ma nelle zone rosse in cui si è scelto di fare tamponi a tappeto, e si è scelto di seguire il modello del confinamento selettivo, ci sono stati risultati migliori, rispetto alle zone in cui si è atteso che si riempissero i reparti di terapia intensiva di pazienti Covid, o le Rsa di moribondi".

Per quanto riguarda le riaperture, ci dice ancora Civati, "è vero che dal punto di vista dei numeri, come dice Crisanti, la situazione non è migliorata di molto, però oggi siamo più preparati rispetto ai primi giorni del lockdown. Adesso i cittadini sono molto più attenti, rispetto agli ultimi giorni di febbraio".

Sulla comunicazione poi si sono commessi diversi errori. Secondo Civati "le mascherine fino a tre settimane fa non servivano. Perché? Perché non ce ne erano, e quindi per non allarmare le persone il governo prendeva tempo. Ma non è accettabile, dopo due mesi di pandemia, che manchino ancora i dispositivi di protezione: se abbiamo capito che, insieme ai tamponi, sono indispensabili per vincere questa battaglia è una follia non renderli obbligatori perché non ci sono".

"Conte poi dovrebbe darci in modo chiaro dei tempi e un quadro nazionale, all'interno del quale le Regioni possano muoversi con le loro specificità, in base alle loro esigenze sanitarie. Ma non è pensabile che ogni governatore faccia di testa sua, trasformando ogni intervento in un comizio, solo per strappare qualche voto. Questa è stata una grande sconfitta del federalismo. E non significa che bisogna centralizzare, come dice qualcuno, ma bisogna far funzionare meglio questo sistema, riorganizzando il rapporto tra Stato, enti locali e autonomie regionali".

"Importante certo il coordinamento tra i vari amministratori, perché i confini geografici quando riapriremo tutto saranno molto labili: come abbiamo visto il virus si muove più veloce di noi, più veloce dei runners, che sono stati il capro espiatorio dei primi due mesi, e più veloce di chi sarà in giro per lavorare".

"La questione dei congiunti poi è stata una barzelletta. Il tema è la responsabilità, non i gradi di parentela o i costumi personali dei cittadini. E poi è stato sbagliato sottovalutare il pacchetto infanzia e la scuola. È chiaro che non si può tornare fra i banchi domani, ma esiste un problema oggettivo per i genitori che vanno a lavorare. Queste famiglie non vogliono semplicemente qualcuno a cui lasciare i figli, ma sono preoccupate perché i ragazzini, alle medie o alle superiori, hanno bisogno di avere un minimo di socialità, anche per affrontare al meglio questa situazione. Per quanto riguarda le aziende e le attività economiche siamo addirittura sbilanciati in avanti, per queste cose invece non ci sono idee concrete ancora, e andavano evidentemente preparate prima".

Sull'utilizzo del dpcm per la fase due, è critico anche Civati: "Dopo due mesi dobbiamo tornare alla Costituzione, c'è un governo, composto da tanti ministri, e c'è un Parlamento. Ci sono degli strumenti d'urgenza previsti dal nostro ordinamento, che potevano andare bene all'inizio, ma ora la programmazione deve tornare a essere articolata come prevede la Costituzione".

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