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Mohamed Bouazizi il fruttivendolo che si diede alle fiamme in Tunisia

La storia di Mohamed Bouazizi, fruttivendolo tunisino che, dandosi fuoco dinanzi al municipio di Sidi Bouzid per protestare contro i soprusi subiti dalle forze di polizia, è diventato il simbolo della rivolta tunisina e dell’intero mondo arabo.
A cura di Nadia Vitali
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Oggi Mohamed Bouazizi, tunisino di Sidi Bouzid, avrebbe compiuto 27 anni; invece il suo destino, la sua disperazione, la sua rabbia, lo hanno portato verso una morte che lo ha reso un eroe nazionale, un simbolo per tutto il proprio popolo, la scintilla che ha innescato il fuoco delle proteste in tutto il mondo arabo.

La storia di Bouazizi, che è riportata dal blog nomfup.wordpress, ripresa da un articolo del Washington Post sarebbe stata una vita di ordinaria ingiustizia e soprusi, come ce ne sono tante nel mondo e nel suo stesso paese: ma lui non è riuscito a sopportarlo silenziosamente e per questo motivo viene considerato colui che ha dato inizio alle rivolte.

La sera del 16 dicembre del 2010 Mohamed disse a sua madre che il giorno dopo avrebbe venduto i migliori datteri, arance e mele che avesse mai visto: sarebbe stato un buon giorno e le avrebbe anche comprato un regalo. Per anni le aveva parlato dei soprusi e delle prepotenze che i venditori, all'interno del mercato, subivano in particolar modo da parte delle forze di polizia che erano solite servirsi della frutta e della verdura migliore rubandole ed ordinando spesso ai venditori di trasportare le cassette, di cui si erano appropriati con la prepotenza, all'interno delle proprie automobili.

La mattina seguente, prima dell'alba, Bouazizi spingeva, come al solito, il proprio carretto sulla strada dissestata che conduce al mercato, quando due poliziotti lo aggredirono cercando di prenderne la frutta. Lo zio, presente, cercò di difendere il nipote e persuase i poliziotti ad andar via; dopodiché si recò dal capo della polizia locale per chiedergli aiuto. Lì alla donna che aveva aggredito Bouazizi , Fedya Hamdi, venne detto di lasciare lavorare il ragazzo. A questo punto la poliziotta, offesa dal rimprovero, decise di recarsi al mercato e di finire l'opera: inizia con il prendere una cassetta di frutta, dopodiché alle proteste di Mohamed lo colpisce con il manganello, poi lo butta a terra, gli sequestra la bilancia, lo prende a schiaffi davanti ad una cinquantina di testimoni. "Perché mi state facendo questo? Sono un pover'uomo, voglio solo lavorare" piange con vergogna Bouazizi steso a terra, sotto gli occhi di venditori e clienti.

Rivoltosi ad un ufficiale di polizia, gli viene detto di tornare a casa e di dimenticare; quando torna al mercato e dice agli altri mercanti quanto è corrotto ed iniquo il sistema, quanto vuole che tutto il mondo sappia come è stato trattato e che vuole darsi fuoco per questo, tutti pensano che non parli sul serio. Invece Mohamed Bouazizi il 17 dicembre, di fronte al Municipio della sua cittadina, si cosparge di vernice e dà il proprio corpo alle fiamme. Solo un'ora e mezzo dopo arriva un'ambulanza: nel frattempo con un estintore la gente aveva cercato di domare l'incendio ma, naturalmente, era risultato essere vuoto.

Il Presidente Ben Alì non perse l'occasione, allora, per trarre uno show auto celebrativo dalla vicenda, andando a visitare il povero Bouazizi morente in ospedale ed offrendo alla famiglia del venditore 10 000 dinari; ma la madre chiese al presidente e alla sua troupe di cameraman di andare via. Sebbene la famiglia sia poverissima, infatti, ciò che spinse il povero Bouazizi al gesto estremo fu la vergogna e il bisogno di riabilitare la propria dignità, calpestata da agenti di polizia che vivono estorcendo cibo alla povera gente e chiedendo bustarelle senza vergogna e pudore. Una dignità che il Presidente con il suo ennesimo gesto da autocrate non avrebbe certamente saputo restituirgli. Mohamed Bouazizi muore il 4 gennaio in seguito alle ustioni riportate, dopo una lunghissima agonia.

Quando a gennaio la poliziotta responsabile di tutto venne arrestata, era ormai troppo tardi; le proteste iniziarono proprio nella città di Sidi Bouzid, dinanzi al municipio, lì dove Bouazizi si era dato fuoco e vennero riprese con un telefonino da un parente del venditore. Grazie a Facebook in Tunisia, il paese arabo che maggiormente ricorre ad internet, tutti iniziarono a vedere, a sentire, ad esprimere un malcontento che serpeggiava silenziosamente da anni. Tutti iniziarono a scendere in piazza e gli esiti li conosciamo. E poi, dopo la Tunisia, ci sarebbe stato l'Egitto e rapidamente l'intero mondo arabo: lo Yemen, la Siria, la Giordania e la drammatica guerra in Libia.

La tristissima storia di Mohamed Bouazizi, la sua dignità infangata, gli schiaffi in piena faccia ricevuti davanti a tutti sono stati l'improvvisa scintilla; che è stata innescata così, su anni e anni di materiale infiammabile accumulato, mentre tiranni troppo ottusi per capire che il mondo attorno a loro stava cambiando, continuavano ad agire come nel più oscuro dei medioevi. Oggi noi tutti speriamo che l'intero popolo arabo possa vedere la luce del progresso, perché il sacrificio di questa povera infelice vita che oggi avrebbe compiuto i suoi 27 anni, non sia stato vano.

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