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Libia, il figlio di Gheddafi alla tv di Stato: “Se non si ferma la rivolta, sarà guerra civile”

Continuano i durissimi scontri in Libia tra rivoltosi e sostenitori del regime. Nella notte Seif al-Islam, figlio di Muammar Gheddafi, ha confermato la linea di una repressione violenta.
A cura di Alfonso Biondi
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Rivolta Libia

Nella Libia di queste ore le scene sono quelle di una guerra civile. La foga dei manifestanti non si placa e la linea delle forze di polizia è parsa chiara sin dall'inizio: repressione senza quartiere. Anche ieri gli scontri sono stati durissimi con l'esercito che ha sparato dei razzi sulla folla che manifestava davanti a un tribunale. Il bilancio del solo pomeriggio di ieri parla di ben 50 morti, mentre quello complessivo parla di un vero e proprio bagno di sangue: 300 morti e un migliaio di feriti. La situazione è tesissima, ma anche molto caotica: alcuni soldati si stanno unendo ai rivoltosi, mentre continuano a susseguirsi incontrollate le voci, non sappiamo quanto fondate, di una fuga di Gheddafi all'estero.

Ma il muro contro muro continua e il regime (che aveva anche minacciato l'Unione Europea di porre fine alla cooperazione per l'emigrazione se avesse continuato ad appoggiare i manifestanti) per ora non cede. Lo ha confermato nella notte Seif al-Islam, figlio di Muammar Gheddafi, alla tv di stato. Seif ha dichiarato che le riforme ci saranno, ma che la  rivolta dovrà fermarsi, altrimenti ci sarà una guerra civile. Gheddafi jr ha dichiarato altresì che "migliaia di persone stanno arrivando a Tripoli per difendere Gheddafi e la Libia. E lo faranno fino all'ultimo uomo". Un messaggio inequivocabile.

La situazione di stamattina appare ancora molto tesa: da alcune fonti non ufficiali, infatti, si apprende che a Tripoli è stata saccheggiata la sede di una televisione libica e che è anche stata attaccata la sede di una radio pubblica. Non solo. Alcuni manifestanti si sono accaniti su un cantiere di una società sudcoreana, ferendo una ventina di lavoratori asiatici. Insomma in questa guerra rischia anche chi non è schierato da nessuna parte.

Arrivano intanto le dichiarazioni del Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini; per il Ministro "il processo di riconciliazione nazionale deve partire in modo pacifico arrivando poi ad una Costituzione libica", ma la preoccupazione per quello che succede al di là del Mediterraneo è grande: "siamo ancora più preoccupati per il fatto che si stiano affermando ipotesi come quella degli Emirati Islamici all'Est della Libia: a poche decine di chilometri da noi sarebbe un fatto di grande pericolosità".

Chissà se dopo le dimissioni di Mubarak, anche Gheddafi avrà la forza di fa un passo indietro.

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