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Legittimo insultare un candidato che non mantiene le promesse elettorali: lo dice la Cassazione

Secondo i giudici della Cassazione è legittimo criticare pubblicamente un candidato scoperto successivamente a tradire gli impegni presi nel corso della campagna elettorale.
A cura di Charlotte Matteini
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Si può sbeffeggiare un candidato che non mantiene le promesse elettorali. A sostenerlo è una recente sentenza della Cassazione, la numero 317, nella quale i giudici sostengono la legittimità della critica pubblica nei confronti di un candidato scoperto successivamente a tradire gli impegni presi nel corso della campagna elettorale. La Cassazione ha analizzato la vicenda riguardante l'ex sindaco di Furci Siculo, borgo in provincia di Messina amministrato da Bruno Antonio Parisi.

Lungo le vie della cittadina, un gruppo di consiglieri comunali dell'opposizione aveva affisso una serie di cartelli dando del "falso, bugiardo, ipocrita, malvagio" all'ex primo cittadino per aver deliberato l’erogazione dell’indennità di funzione "così tradendo le promesse elettorali". In primo grado, il Tribunale di Messina aveva escluso l’esimente del diritto di critica politica, "viste le connotazioni personali delle ingiurie contenute nel testo dei manifesti", procedendo a condannare i consiglieri Sebastiano Foti, Carmelo Andronico, Beniamino Lo Giudice, Alessandro Niosi, Saverio Palato e Agatino Vinci. Su ricorso degli imputati, la Corte di Appello aveva invece proceduto ad assolverli, decisione ora confermata dalla Cassazione, interpellata su ricorso dell'ex sindaco.

Secondo i supremi giudici, l'assoluzione dei consiglieri di opposizione sarebbe corretta perché partita "dal presupposto incontestabile della offensività delle espressioni usate per riconoscere che gli epiteti rivolti alla parte offesa presentavano una stretta attinenza alle vicende che avevano visto l’opposizione contrapporsi al sindaco in merito alla erogazione di funzione, a cui il primo cittadino aveva dichiarato di voler rinunciare in campagna elettorale". In sostanza, dunque, secondo i giudici di Cassazione, "in questo ambito, gli epiteti `falso, bugiardo, ipocrita´ si ricollegano, secondo la Corte territoriale al mancato adempimento delle promesse elettorali nonchè all’avere omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell’indennità di funzione e, quanto all’aggettivo `malvagio´, ad azioni giudiziarie, asseritamente infondate, che egli aveva promosso contro gli avversari politici".

Infine, si legge nella sentenza depositata oggi, "è apparso quindi chiaro ai giudici di merito che l’attacco al Parisi riguardava specificamente le scelte politiche ed amministrative sue e della sua maggioranza e, del tutto correttamente, si è escluso che sia trasmodato in un attacco alla dignità morale e intellettuale della persona offesa" come invece sostenuto dall'ex sindaco.

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