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Il contratto di appalto e la normativa urbanistica ed edilizia

La Cassazione del 9.10.2014 n. 21350 ha stabilito che è nullo il contratto di appalto (1655 c.c.) per la costruzione di un immobile (stipulato ed eseguito) senza concessione edilizia, avendo un oggetto illecito, ex art. 1346 e 1418 c.c., per violazione delle norme imperative in materia urbanistica (oggi DPR 6.6.2001 n. 380 testo unico edilizia)
A cura di Paolo Giuliano
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Con il passare del tempo la normativa edilizia (anti abusivismo, Testo Unico Edilizia DPR 6.6.2001 n.380 ex art. 46 e 47) diventa sempre più stringente, influenzando anche atti o contratti che sembravano essere fuori dall'ambito di applicazione della legislazione speciale in materia di pianificazione e controllo del territorio o della repressione degli abusi edilizi. La ratio che spinge all'ampiamento dell'ambito di applicazione delle norme in materia di anti abusivismo si basa su un semplice principio: il legislatore (come gli organi di controllo della p.a.) non devono solo intervenire in sede di repressione di un abuso già commesso, ma devono prevenire il compimento dell'abuso, sanzionando anche solo l'attività propedeutica alla commissione dell'atto illecito.

Certo, qualcuno potrebbe pensare, ma è già difficile districarsi tra le norme per evitare abusi (concreti), figuriamoci se dovremo preoccuparci anche se solo  il "pensiero" teorico di compiere un'opera edilizia dovrà essere conforme alla normativa edilizia.

Sono numerosi gli esempi che possono essere usati per chiarire quanto sopra affermato.

Il primo esempio è quello relativo alla c.d. lottizzazione abusiva, che sanziona le opere di modifica del territorio (o anche solo frazionamento catastale o il cambio di destinazione d'uso) dalle quali si può dedurre la volontà di procedere alla predisposizione del territorio per permettere la realizzazione della costruzione.

La tendenza all'ampliamento dell'ambito di applicazione della normativa edilizia (in funzione anti abusivismo) si nota, non solo in sede di repressione di atti materiali che possono portare all'abuso, ma anche quando si analizzano gli atti giuridici e più precisamente i contratti. Basta pensare al preliminare, il quale non rientra direttamente nel campo di applicazione del testo unico dell'edilizia, (infatti, le dichiarazioni urbanistiche sono previste a pena di nullità solo nei contratti che trasferiscono o costituiscono diritti reali e, per definizione, il contratto preliminare, ha solo la funzione di obbligare alla stipula di un altro contratto).

Nonostante il preliminare sia escluso dall'applicazione della normativa anti abusivismo, lo stesso preliminare (di vendita o acquisto di un'unità immobiliare) viene considerato nullo se ha ad oggetto un bene abusivo, (si è passati dalla risoluzione del preliminare per inadempimento alla nullità dello stesso), in quanto compiuto in frode alla legge o in quanto avente ad oggetto un bene incommerciabile oppure perché la stessa sanzione prevista per il contrato definitivo deve essere applicabile anche ad un atto preparatorio come il preliminare.

Anche il contratto di appalto, tipicamente diretto alla realizzazione di opere edilizie, pur non avendo effetti traslativi o reali, non è immune dall'ampiamento della normativa in materia edilizia (e, in modo specifico delle norme anti abusivismo). Anzi proprio in con il contratto di appalto è più semplice spiegare quanto detto fino ad ora. Infatti, il contratto di appalto è un contratto tipicamente obbligatorio, che non produce effetti reali o traslativi, ma che impegna le parti solo a pagare un corrispettivo in  cambio della realizzazione di un'opera (che può essere la costruzione di un intero edificio o di opere dirette alla modifica della destinazione d'uso del bene ecc.).

Risulta evidente che se l'appalto fosse considerato immune dalla normativa edilizia (anti abusivismo), cioè se si potesse stipulare un contratto di appalto (o anche eseguire un contratto di appalto) per la costruzione di un edificio senza chiedere i titoli abilitativi edilizi (es. licenze, concessioni edilizie ecc.), ci si troverebbe in presenza di un grave "buco" nella normativa creata per imporre il controllo statale sull'attività edilizia.

Il problema, semmai, è come poter imporre anche in sede di stipula del contratto di appalto il rispetto della normativa edilizia quanto l'obbligo a pena di nullità di enunciare i titoli edilizi è previsto solo per i contratti diretti alla costituzione o trasferimento di diritti reali e non per i contratti con effetti obbligatori come l'appalto (o il preliminare).

La soluzione trovata per sopperire a questa evidente lacuna è stata relativamente semplice, infatti, una volta sottolineato che la normativa edilizia ha  carattere cogente (è norma imperativa) si sostiene che la mancanza di titoli abilitativi edilizi porta la nullità del contratto di appalto (del resto, è ovvio che non è possibile stipulare un contratto di appalto per la costruzione di un edificio abusivo, cioè senza aver ottenuto le prescritte autorizzazioni amministrative).

Posto che anche il contratto di appalto soggiace alla normativa edilizia, il problema che si pone è quello di comprendere se

– già al momento della stipula del contratto di appalto (a pena di nullità) devono essere state richieste ed ottenute le autorizzazioni amministrative edilizie (cioè i titoli amministrativi abilitativi edilizi) e, quindi, per tranquillità questi documenti devono essere enunciati nel corpo del contratto di appalto o allegati allo stesso,

– oppure se è sufficiente che tali documenti siano esistenti (cioè i titoli edilizi siano stati ottenuti) al momento dell'esecuzione dell'opera (cioè inizio dei lavori) e non al momento della stipula del contratto di appalto.

Cassazione civ. sez. II, 9 ottobre 2014 n. 21350 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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