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Opinioni

E’ pignorabile il bene acquistato con la somma ricavata da un bene ereditario: Cassazione 26.07.2012 n.13206

I creditori ereditari, anche in caso di accettazione dell’eredità con il beneficio di inventario, si possono soddisfare, oltre che sui beni compresi nell’eredità, anche sui beni acquistati con il c.d. “reimpiego” delle somme ottenute dalla vendita dei beni ereditari.
A cura di Paolo Giuliano
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Quando si apre una successione uno dei problemi che deve affrontare l'erede è sapere se nell'eredità sono compresi più beni o più debiti, cioè deve sapere se il passivo ereditario è maggiore dell'attivo.

Il motivo di tale importante e necessaria informazione  si comprende se si osserva che l'erede, se accetta "puramente e semplicemente" l'eredità, risponde illimitatamente dei debiti ereditari, quindi l'erede risponderà dei debiti ereditari anche con il suo patrimonio, cioè con i suoi beni personali. Quindi, i creditori del de cuius possono soddisfarsi sul patrimonio del defunto o possono anche soddisfarsi sul patrimonio dell'erede.

Il legislatore ha previsto una forma di tutela dell'erede, il quale anche senza conoscere la consistenza dell'eredità, può accettare la stessa con beneficio di inventario. Infatti, l'art. 470 c.c. rubricato come "Accettazione pura e semplice e accettazione col beneficio d'inventario" prevede che "l'eredità può essere accettata puramente e semplicemente o col beneficio d'inventario. L'accettazione col beneficio d'inventario può farsi nonostante qualunque divieto del testatore". Quando l'erede usa l'accettazione beneficiata risponderà dei debiti ereditari nei limiti dei beni compresi nell'eredità (nei limiti dei beni pervenuti con l'eredità e nei limiti del valore di questi), di conseguenza i debitori ereditari non potranno aggredire i beni personali dell'erede.

E' opportuno sottolineare che la scelta se optare per l'accettazione con beneficio d'inventario non è legata all'esistenza di una eredità passiva, ma è possibile accettare con beneficio di inventario qualsiasi eredità, indipendentemente dalla presenza o meno di debiti e dall'ammontare di questi.

Ovviamente, l'erede che accetta con beneficio di inventario, ha degli oneri a cui adempiere, pena la decadenza dal beneficio, di conseguenza ove non adempisse a tali oneri (come la redazione dell'inventario indeterminati termini o richiedere una preventiva autorizzazione per poter disporre dei beni di provenienza ereditaria) decadrebbe dal beneficio di inventaio e diventerebbe erede puro e semplice.

Come si è già accennato l'erede che ha accettato con beneficio di inventario può disporre (es. vendere) i beni ereditari (ad esempio per pagare i creditori ereditari), però deve munirsi di una preventiva autorizzazione, deve, in altri termini chiedere al giudice l'autorizzazione preventiva per compiere l'atto avente ad oggetto il bene ereditario, come del resto espressamente previsto dall'art. 747 cpc, il quale rubricato con la denominazione di "Autorizzazione alla vendita dei beni ereditari" prevede che "l"autorizzazione a vendere beni ereditari si chiede con ricorso diretto al tribunale del luogo in cui si e' aperta la successione".

La ratio tradizionale della norma viene individuata nell'esigenza di tutelare i creditori del de cuius da possibili abusi (ma soprattutto sottrazioni) che potrebbe compiere l'erede, del resto, poichè i creditori del de cuius hanno solo i beni ereditari su cui soddisfarsi (avendo l'erede accettato con beneficio di inventario) è opportuno sentire o tutelare anche le ragioni dei creditori dell'eredità prima che l'erede compia un atto di disposizione del patrimonio ereditario.

Tralasciando la questione su quali atti devono essere effettivamente autorizzati, una delle problematiche dell'istituto riguarda la questione se si possa ancora attribuire la qualifica di bene ereditario al ricavato della vendita di un bene ereditario e se possa ancora avere la qualifica di bene ereditario anche il bene acquistato con il reimpiego di una somma ottenuta tramite la vendita di un bene ereditario (es. nell'eredità accettata con beneficio di inventario è presente un immobile, denominato alfa e sito in campagna, diroccato al quale sono necessari notevoli lavori di ristrutturazione, per cui l'erede decide di vendere l'immobile alfa e usare la somma ricavata per acquistare un piccolo appartamento beta in città).

L'importanza della problematica si percepisce subito se si considera che

1) se la somma ricavata dalla vendita di un bene ereditario  non ha la qualifica di bene ereditario (se non può essere più considerato bene "ereditario") oppure

2)  se il bene acquistato con il "reimpiego" della somma ricavata dalla vendita di un bene ereditario non può più qualificarsi come bene ereditario,

dovrà, per forza sostenersi, che su tali beni (non ereditari) i creditori ereditari (i creditori del de cuius) non potranno più soddisfarsi (e tali beni saranno liberamente usabili dall'erede senza vincoli o obblighi), poichè i creditori dell'eredità possono soddisfarsi solo sui beni ereditari, (cioè solo sui beni che effettivamente facevano parte dell'eredita dal primo momento) e non sui beni non ereditari (che non facevano parte dell'eredità dal primo momento).

La Cassazione ha stabilito che la vendita di un bene ereditario (con le autorizzazioni previste) e il riacquisto di un altro bene con la somma ricavata dalla prima vendita non "purga" il nuovo bene, cioè quest'ultimo non viene sottratto ai creditori dell'eredità (potendosi qualificare ancora bene ereditario, anche se non era compreso in orgine nell'eredità) e su tale bene i creditori dell'eredità potranno sempre soddisfarsi.

Cassazione civ. sez. III,  26 luglio 2012, n. 13206

2. Le critiche, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, per la loro evidente connessione, sono infondate. Occorre muovere dalla considerazione che la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario – mediante la quale si realizza la separazione del patrimonio del defunto e la restrizione della responsabilità dell'erede intra vires hereditatis – è pur sempre dichiarazione di volere accettare l'eredità, sicché l'erede beneficiato acquista i diritti caduti nella successione e diventa soggetto passivo delle relative obbligazioni. Come tale, a differenza del chiamato che non abbia ancora accettato, il quale a norma dell'art. 486 cod. civ. sta in giudizio in rappresentanza dell'eredità, l'erede beneficiato è legittimato in proprio a resistere e a contraddire, tant'è che l'eventuale pronuncia di condanna al pagamento dell'intero debito ereditario va emessa nei suoi confronti, salvo che, in concreto, la responsabilità andrà contenuta intra vires hereditatis nel caso in cui egli abbia fatto valere il beneficio, proponendo la relativa eccezione (Cass. civ. 19 marzo 2007, n. 6488; Cass. civ. 14 marzo 2003, n. 3791).

3. Posto dunque che l'erede beneficiato è, comunque, erede e che, come tale, succede anche nei debiti, l'affermazione secondo cui la disposizione dell'art. 490, secondo comma, n. 2, cod. civ. ne limita la responsabilità per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati intra vires e cum viribus, va posta in relazione alle cautele che nel sistema circondano l'aggressione dei beni propri dell'erede beneficiato, atteso che, a norma dell'art. 497 cod. civ., questi non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando è stato costituito in mora a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest'obbligo (primo comma) ovvero, dopo la liquidazione del conto, fino alla concorrenza delle somme di cui sia debitore (secondo comma). In tale contesto è stato quindi da questa Corte affermato che il beneficio d'inventario limita, normalmente, la responsabilità dell'erede non solo al valore, ma anche ai beni allo stesso pervenuti, assoggettando, in via di principio, questi e non quelli personali all'esecuzione forzata (confr. Cass. civ. 29 aprile 1993, n. 5067). Il che tuttavia non vuoi dire che la vendita di un bene ereditario e il reinvestimento del denaro ricavato, rispettati gli oneri procedurali imposti dagli artt. 747 e segg. cod. proc. civ., valga a purgare definitivamente l'acquisto. È sufficiente al riguardo considerare che il nodo della disciplina che limita la responsabilità dell'erede beneficiato è pur sempre il valore dei beni (art. 490, secondo comma, n. 2 cod. civ., e proprio al fine di evitarne la dispersione il legislatore ha previsto non solo che gli atti dispositivi degli stessi debbano essere autorizzati, pena la decadenza dal beneficio d'inventario, dal tribunale, ma ha altresì stabilito che il giudice, quando occorre, fissi le modalità per la conservazione e il reimpiego del prezzo ricavato (art. 748, secondo comma, cod. proc. civ.). A ben vedere, infatti, in relazione all'eredità accettata con beneficio d'inventario, la trasparente ratio di tale norma è proprio quella di bloccare il valore del bene in modo che, se non cum viribus, i creditori possano comunque soddisfarsi intra vires.

4. Venendo al caso di specie – pacifico in causa che il bene staggito venne acquistato, in parte, anche grazie al denaro ricavato dalla vendita di un bene del de cuius e rimasto, per altro verso, fuori del dibattito processuale ogni questione in ordine a una eventuale presentazione del conto – non ha errato il giudice di merito quando ha ritenuto il cespite pignorabile ed espropriabile, ancorché sul ricavato il creditore potrà soddisfarsi soltanto entro i limiti del valore del bene pervenuto alla minore. Né è sostenibile che l'esecuzione dovesse essere ab initio contenuta alla sola frazione dell'immobile staggito ipoteticamente corrispondente al ricavato della vendita di quello ereditario, come la ricorrente sostiene nel terzo motivo di ricorso. Sul piano dogmatico soccorre il rilievo, innanzi evidenziato, che l'erede beneficiato è pur sempre erede e, come tale, successore del defunto anche nei debiti; sul piano pratico, non par dubbio che la quota del bene acquistato in cui si è materializzato il valore di quello ereditario è elemento accertabile solo ex post, a esecuzione avvenuta, e che gli unici dati certi al momento del promovimento di questa sono, da un lato, il debito del de cuius rimasto impagato, e, dall'altro, il prezzo ricavato da quello ereditario reinvestito nel cespiste pignorato. Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato in applicazione del seguente principio di diritto: in caso di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, la vendita di un bene ereditario e il reinvestimento del denaro ricavato, rispettati gli oneri procedurali imposti dagli artt. 747 e segg. cod. proc. civ., non rendono il bene dell'erede impignorabile da parte dei creditori del de cuius, i quali ben potranno pertanto sottoporlo ad esecuzione e rivalersi sul ricavato, nei limiti del valore del bene ereditario, ove l'erede, proponendo la relativa eccezione, faccia valere il beneficio.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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