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Divisione di masse plurime e la cessione della quota di un contitolare

La Cassazione del 28.3.2018 n. 7604 ha affermato che una massa originariamente unica non può dare vita a masse plurime per il fatto che ad un contitolare sia sostituito o aggiunto un altro. I successori o cessionari delle quote subentrano nella posizione del dante causa, sostituendosi a lui nella titolarità dell’unico titolo di comunione, in quanto, a seguito dei trasferimenti di quota, si considera come se alla comunione partecipi l’originario contitolare.
A cura di Paolo Giuliano
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La comunione derivante da titoli diversi e soggetti parzialmente diversi

Per comprendere immediatamente cos si intende per comunione derivante da titoli diversi e/o comunione tra soggetti parzialmente diversi è opportuno usare degli esempi:

  1. tizio e caia (marito e moglie) comprano nel 1990 una casa
  2. tizio e caia (marito e moglie) comprano nel 1995 un terreno
  3. tizio, caia, (amrito e moglie) sempronio (figlio) comprano nel 2001 una casa
  4. tizio caia (marito e moglie) mevio (figlio) comprano nel 2006 un terreno
  5. nel 2007 mevio muore e gli succedono moglie mevia e due figli primo e secondo

Se in tutte queste ipotesi (A – D) si pone la domanda quante comunioni esistono, la risposta potrebbe variare se si considerano le norme civili o tributarie, inoltre, occorre valutare se la risposta è influenzata dal variare dei soggetti che compongono la comunione (ipotesi D – E), in seguito al trasferimento di una quota della comunione.

Singola comunione o diverse comunioni

Cercando di individuare il numero delle comunioni, partendo dall'ipotesi più semplice, si potrebbe dire che le ipotesi C e D rappresentano comunioni diverse, sia per la presenza di diversi titoli (costitutivi della comunione: acquisti effettuati in comune), sia per la presenza di soggetti diversi, la parziale coincidenza soggettiva (tizio e caia) non permette di considerare le ipotesi C e D come un'unica comunione.

Passando agli esempi  A e B la sussistenza di un titolo diverso per l'acquisto dovrebbe par pensare all'esistenza di due comunioni distinte ed autonome,  ma la medesima situazione (ipotesi B) potrebbe anche essere letta come mero incremento dell'originaria comunione (ipotesi A) ed essere considerata come un'unica comunione (ipotesi A –  B). Dal punto di vista civile la situazione cambia poco, mentre potrebbe avere una sua rilevanza in sede tributaria.

Divisione congiunta e contemporanea di diverse comunioni

La presenza (o meno) di diverse comunioni ha acquisisce rilevanza in sede tributaria.

Infatti, la presenza di diverse comunioni i contitolari potrebbero avere interesse a procedere (contemporaneamente) alla divisione delle diverse comunioni anche redigendo un unico atto di divisione.

Se dal punto di vista civile la questione potrebbe essere facilmente inquadrata nell'ambito dei contratti collegati (se le parti ricevono beni di cui sono titolari) oppure di una divisione con annesso atto traslativo (se le parti ricevono beni di cui non sono titolari: ad esempio nelle ipotesi C e D sempronio riceve una parte del terreno, mevio riceve una parte del terreno). Infatti, l'autonomia privata consente ai condividenti di regolare i propri interessi come meglio credono.

L'identica questione diventa notevolmente complessa dal punto di vista tributario, in quanto la divisione si innesta nel problema se la divisione (in quanto tale ha natura dichiarativa o costitutiva) e di come tassare situazioni complesse come la divisione di comunioni o masse plurime.

Imposta di registro della divisione

Nell'imposta di registro la divisione è stata qualificata come un atto avente natura dichiarativa, sottoposto all'aliquota dell'1 % (art. 3 della Tariffa, parte Prima, allegata al TUR).

Nel campo del diritto tributario, quindi, è stata accolta la nozione di divisione come atto avente natura dichiarativa, purchè le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondono alle quote di diritto, cioè a quelle quote che spettano ai partecipanti, sui beni della massa, in ragione dei diritti che essi vantano.

Pertanto, assume importanza essenziale, per l'individuazione dell'imposta da applicare, il rapporto tra quota di diritto e quota di fatto; nel caso in cui quest'ultima superi la pars iuris, la divisione, per l'eccedenza, perderà la sua natura dichiarativa, per divenire un negozio parzialmente traslativo, assoggettato alla relativa imposta di trasferimento.

L'art. 34, comma 1, del TUR, secondo periodo, stabilisce i criteri per determinare la massa comune, distinguendo tra comunione derivante da successione mortis causa e comunione derivante da titolo diverso dalla successione per causa di morte.

L'art. 34, comma 1, primo periodo del TUR, stabilisce che "la divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita per la parte eccedente".

Imposta di registro della divisione di masse plurime

L'art. 34, comma 4, del TUR disciplina il fenomeno delle c.d. masse plurime, che ricorre quando gli stessi soggetti risultano comproprietari di più beni derivanti da titoli originari diversi. In questo caso, ogni titolo di acquisto genera una comunione e, perciò, ogni bene è oggetto di autonoma comunione. Qualora si proceda alla divisione di questi beni, non si avrà un unico negozio giuridico ma tanti quanti sono i titoli originari.

Nella divisione simultanea della comunione plurima, le assegnazioni ai condividenti non possono essere considerate dichiarative qualora non corrispondano esattamente alle quote spettanti a ciascun condividente sulla singola massa comune.

Se l'ultimo acquisto è avvenuto per successione mortis causa, le comunionicomunioni tra i medesimi comproprietari derivanti da titoli diversi, saranno considerate come una sola comunione.

L'art. 34, comma 4, cit. stabilisce, infatti, che: "Agli effetti del presente articolo, le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine in più titoli, sono considerate come una sola comunione se l'ultimo acquisto di quote deriva da successione a causa di morte".  Tale ipotesi ricorre quando la successione a causa di morte dalla quale deriva l'ultimo acquisto deve riguardare tutti i condividenti e non solo alcuni di essi, e quanto gli acquisti precedenti derivanti sia da altre successioni, sia da compravendite, sia da donazioni, devono sempre riferirsi a tutti i condividenti (circolare n. 6 del 2008 dell'Agenzia delle entrate).

Ai fini di una corretta applicazione dell'art. 34, si ritiene che le comunioni che trovano origine in più titoli debbano riguardare beni diversi, tali da costituire masse distinte. L'atto di scioglimento della comunione a masse plurime, quindi, non concretizza un'unica divisione, ma tante divisioni quanti sono i titoli costitutivi delle singole comunioni, ad eccezione del caso in cui l'ultimo acquisto di quote derivi da successione mortis causa.

Le masse plurime nascono da titoli diversi e tale pluralità deve attenere al rapporto funzionale tra titolo e massa e non tra titolo e soggetto. Ne consegue che, ai fini della sussistenza delle eventuali masse plurime, si devono individuare i titoli che generano la comunione e non quelli che traslano le quote tra i soggetti all'interno di una stessa massa.

Ai sensi dell'art. 34, comma 4, del d.P.R. n. 131 del 1986, per titolo deve intendersi esclusivamente qualsiasi atto o fatto costitutivo della contitolarità di situazioni giuridiche in cui la comunione si risolve.

Imposta di registro della divisione in presenza di trasferimenti delle singole quote: il subentro nella comunione e divisione

Le quote di ogni comunione sono liberamente trasferibili inter vivos o in seguito a successione morti causa. In presenza di una modifica soggettiva degli originari componenti della comunione occorre valutare se tale variazione genera un ulteriore titolo e quindi un'ulteriore massa plurima.

Non costituisce titolo, e quindi non consente l'individuazione di una nuova e distinta massa, qualsiasi atto o fatto meramente traslativo che non determini una nuova situazione di contitolarità relativamente a beni e diritti in precedenza attribuiti in via esclusiva ad un unico soggetto, ma incida solo sulla misura e la titolarità delle quote di proprietà relative a preesistenti comunioni.

Le variazioni soggettive dei comunisti (a seguito di successioni o di atti traslativi a titolo oneroso o gratuito determinati il trasferimento di diritti di comproprietà) non incidono relativamente alla determinazione ed alla individuazione della massa divisionale, la quale è stabilita e regolamentata dal titolo o dall'evento che ha dato origine alla comunione.

Ai fini della configurazione del fenomeno delle masse plurime, non si può prescindere dalla pluralità dei titoli di acquisto che le hanno generate, essendo, invece, ininfluente la pluralità degli atti traslativi di quote di comunioni preesistenti.

Le variazioni soggettive dei comunisti non hanno inciso relativamente alla determinazione ed alla individuazione della massa divisionale, la quale è stabilita e regolamentata dal titolo o dall'evento che ha dato origine alla comunione.

Una massa originariamente unica non può dare vita a masse plurime per il fatto che ad un comunista se ne sia sostituito o aggiunto un altro per un qualunque atto o fatto giuridico che non attribuisca ai comunisti una nuova massa. I successori o cessionari delle varie quote subentrano nella posizione del dante causa, sostituendosi a lui nella titolarità dell'unico titolo di comunione ed in ragione della quota acquistata, in quanto, a seguito di meri trasferimenti di quota, si considera come se alla comunione partecipi l'originario comunista.

Pertanto "In tema di imposta di registro (nonché ipotecaria e catastale), l'art. 34, comma 4, del d.P.R. n. 131 del 1986 suppone doversi tenere conto, ai fini della tassazione della divisione tra coeredi, del rapporto genetico tra il titolo e la massa dividenda. Ne consegue che la cessione della quota di un coerede agli altri non determina l'acquisizione di nuovi beni alla massa dividenda, ma una semplice variazione di tipo soggettivo, che non altera l'oggetto della comunione, sicchè ai sensi dell'art. 34, quarto comma, del d.P.R. n. 131 del 1986, la comunione deve essere considerata come unica e di origine successoria".

Cass., civ. sez. V, del 28 marzo 2018, n. 7604

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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