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Deposito bancario e azione di rivendica esercita da un terzo non depositante

Cassazione 19.9.2019 n 23330 La rivendica della somma versata in un deposito bancario da parte di chi è stato spogliato del denaro è compatibile con l’azione di rivendica 948 cc, qualora sia accertato che la somma rivendicata corrisponda a quella confluita nel conto e al tempo della domanda sia ancora nella disponibilità della banca, in quanto l’azione è intesa ad accertare la titolarità del diritto di poter disporre (e di avere la restituzione) della somma depositata.
A cura di Paolo Giuliano
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Il deposito in generale

L'art. 1766 cc regola il depoisto in generale, il quale è descritto come il contratto col quale una parte riceve dall'altra una cosa mobile con l'obbligo di custodirla e di restituirla in natura.

L'esigenza soddisfatta dal contratto di deposito è la custodia del bene.

Dalla lettura dell'art. 1766 cc si desume che il deposito è limitato ai beni mobili, inoltre il depositario deve restituire al depositante il medesimo bene che ha ricevuto in deposito (alias custodia).

Deposito irregolare

L'art. 1782 cc regola il deposito irregolare stabilendo che Se il deposito ha per oggetto una quantità di danaro o di altre cose fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne acquista la proprietà ed è tenuto a restituirne altrettante della stessa specie e qualità. In tal caso si osservano, in quanto applicabili, le norme relative al mutuo.

Il deposito bancario 

Il legislatore con l'art. 1834 cc ha regolato anche il deposito bancario stabiliendo che nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante.

Le caratteristiche del deposito bancario

Il  contratto regolato dall'art. 1834 cod. civ. si configura quale tipico negozio di durata, in cui la permanenza della somma presso l'istituto depositario comporta la soddisfazione degli interessi di entrambe le parti, ovvero dell'interesse della banca di acquisire la disponibilità del fondo conferito per gestire il risparmio raccolto in operazioni finanziarie e del contrapposto interesse del cliente di essere remunerato di tale utilizzo di capitale, tramite la percezione di utilità aggiuntive (gli interessi corrispettivi) che gli vengono periodicamente riconosciuti e accreditati, con diritto di restituzione del tantundem a semplice richiesta.

Le differenze tra deposito bancario e altri istituti

Dal mero confronto tra il deposito in generale (1834 cc) e il deposito in generale (1766 cc) risulta evidente che nel deposito in generale il custode può essere una persona qualsiasi (non identificata) nel deposito bancario il custode è individuata in una banca.

Nel deposito in generale il bene oggetto del deposito è un qualsiasi bene mobile, nel deposito bancario il bene oggetto del contratto è solo il denaro.

Inoltre, nel deposito in generale il custode deve restituire il medesimo bene ricevuto in deposito, mentre nel deposito bancario il custode deve restituire la medesima moneta, ma deve restituire altre tante cose dello stesso valore.

La natura giuridica del deposito bancario

Le differenze tra deposito bancario e deposito in generale hanno  fatto sorgere dei dubbi sulla natura giuridica del contratto di deposito bancario. Infatti, la natura del contratto di deposito bancario, regolato nel diritto interno dall'art. 1834 cod. civ., risulta controversa.

Per taluni il deposito bancario rientra nella categoria dei depositi c.d. irregolari, dal quale si distinguerebbe per il solo fatto che il depositario è una banca.

Altri, pur riconoscendovi analogie con il deposito irregolare, propendono per accostarlo al mutuo.

Altri ancora vi intravedono un negozio complesso, che pur partecipando della struttura dell'uno e dell'altro contratto, è dotato di una propria autonomia.

Tale ultima tesi appare maggiormente condivisibile: se è vero che, così come nel deposito irregolare, anche nel deposito bancario la consegna comporta l'acquisto in capo al depositario della proprietà della somma ed il sorgere dell'obbligo di restituzione del tantundem, è anche vero che solo quest'ultimo è costruito come un contratto d'impresa caratterizzato da profili speculativi, in cui l'interesse della banca alla raccolta ed alla gestione del risparmio concorre con l'interesse del privato alla custodia ed alla remunerativà della somma versata, cui si accompagna l' obbligo di restituzione del tantundem o di parte di esso nel corso del rapporto.

Ancor più evidenti appaiono le differenze col mutuo, che non assicura la conservazione e la permanente disponibilità della somma, e con il deposito regolare, che ha invece ad oggetto principale l'obbligo di custodia della res affidata.

Rapporto depositante e banca nel contratto di deposito bancario e rapporto depositante e proprietario del denaro nel contratto di deposito bancario

Sia il contratto di deposito in generale sia il contratto di deposito bancario hanno un aspetto comune: presuppongono che il depositante sia titolare (proprietario) del bene depositato, resta da chiedersi cosa accade quando il depositante deposita denaro non suo (di terzi), cioè occorre chiedersi cosa accade quando c'è scissione tra la titolarità formale del bene depositato e la titolarità sostanziale del bene depositato.

Le conseguenze pratiche del problema sopra posto si notato nel momento in cui ci si chiede chi sia legittimato (e titolare) del diritto di richiedere la restituzione delle somme di denaro depositate in banca quando la titolarità sostanziale del denaro è scissa dalla titolarità formale.

Contratto di deposito bancario e terzo proprietario delle somme depositate

Non riuslta vietato al depositante depositare in un deposito bancario somme non proprie.

Quando le somme di denaro depositate in un deposito bancario non sono del depositante, ma si tratta di somme di denaro di proprietà un terzo, occorre distinguere due rapporti quello tra banca e depositante (anche se non titolare delle somme depositate) e quello tra terzo (proprietario delle somme depositate) e banca.

Se un soggetto deposita sul conto bancario intestato alla sua persona denaro non proprio, egli commetterà un illecito in danno del titolare effettivo delle somme ma, in confronto della banca, sarà comunque ritenuto come il soggetto titolare del credito e del correlativo potere di disposizione delle somme accreditate e acquisite dalla banca.

Se questo è il rapporto tra depositante banca, questo non significa che non esiste un rapporto tra terzo e banca, infatti il terzo proprietario delle somme depositate può chiedere alla banca la restituzione delle stesse

Il deposito bancario e l'azione di rivendica esercita da un terzo non depositante

Quando la titolarità formale si scinda da quella reale, l'azione di rivendica può essere rivolta a tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, compresa la banca depositaria che ne è divenuta inconsapevolmente proprietaria.

Quindi l'azione di rivendica è giustificata dal fatto che nei confronti dell'uno (depositante non proprietario)  o dell'altro soggetto (banca depositaria) debba essere accertato chi sia l'effettivo titolare delle somme conferite nel conto di deposito bancario, passate nella disponibilità della banca, per potere individuare il destinatario del diritto restitutorio del tantundem, arricchito degli incrementi connaturati al contratto di deposito bancario.

Simili principi risultano affermati nelle pronunce che hanno sancito che la mera "titolarità formale" di un conto corrente bancario non può, da sola, costituire circostanza decisiva in ordine alla proprietà e spettanza dei relativi fondi, occorrendo valutare in concreto, caso per caso, se sussista disgiunzione fra intestazione nominale del conto e reale appartenenza delle somme depositate .

Pertanto, poiché la titolarità della res rivendicata riguarda somme che, per quanto determinate nel loro ammontare, sono fungibili e in grado di confondersi nel patrimonio della banca depositaria, la rivendica dell'ammontare della somma versata in tale conto da parte di chi ne è stato spogliato è certamente compatibile con l‘azione di cui all'art. 948 cod. civ., qualora sia accertato che la somma rivendicata corrisponda a quella confluita in detto conto e al tempo della domanda sia ancora nella disponibilità della banca nello stesso ammontare, in quanto in tale caso l'azione è intesa ad accertare la effettiva titolarità del diritto di disposizione della somma depositata .

Conseguentemente, sia l'esercizio dell'azione di rivendica in via surrogatoria, che l'intervento di un vincolo esterno ( pignoramento o sequestro giudiziario o conservativo) eventualmente impediente la restituzione delle somme, sono tutti elementi non idonei a incidere sulla "causa giuridica" dell'obbligo restitutorio della banca, anche per i frutti e proventi nel frattempo maturati, che trova ragione nel rapporto di conto corrente, anche se instaurato con il falsus titolare, perché il vincolo giudiziale determinatosi impedisce solo al titolare formale della somma depositata di richiederne nell'immediato la restituzione alla banca depositaria, ma non la rende tout court indisponibile per il soggetto legittimo titolare delle somme, se non a sua volta destinatario del provvedimento di sequestro o di pignoramento

L'azione di rivendica, ove miri a ottenere nei confronti della banca depositaria il riconoscimento della titolarità delle somme depositate e individuate nel loro preciso ammontare, confluite nel conto di deposito bancario, è intesa a far conseguire al legittimo titolare il possesso della res ivi depositata, e l'esercizio dei relativi diritti, compreso quello di ricevere la restituzione del tantundem dell'importo depositato, comprensivo dei frutti o proventi nel frattempo maturati.

Da tutto ciò consegue che l'obbligo di restituzione dell'importo di danaro individuato nel suo preciso ammontare al tempo della domanda, ove avvenga per via esecutiva ex art. 2930 cod. civ. nei confronti della banca depositaria in conseguenza dell'azione di rivendica esercitata ex art.948 cod. civ. dal legittimo titolare, è suscettibile di esecuzione forzata per l'intero ammontare rivendicato ed esistente nel conto corrente al tempo della domanda giudiziale.

Cass., civ. sez. III, del 19 settembre 2019, n. 23330

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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