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La contestazione dell’estratto del conto corrente bancario

La Cassazione del 10.6.2015 n. 12055 ha stabilito che in relazione all’art. 1832 cc il termine di decadenza di sei mesi per l’impugnazione dell’estratto conto trasmesso al cliente, fissato dall’art. 1832 comma 2 cc, opera anche per la banca, relativamente all’omessa registrazione di partite a credito per l’istituto, con la conseguenza che, decorso inutilmente detto termine, la banca decade dal diritto di far valere crediti che non risultano dall’estratto conto approvato.
A cura di Paolo Giuliano
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Il conto corrente bancario con il passare del tempo diventa sempre più importante, basta pensare al sistema condominiale che prevede che tutte le entrate e le uscite devono passare dal conto corrente condominiale. L'importanza del conto corrente è controbilanciata dalle sempre più numerose problematiche che sorgono intorno alla gestione dello stesso. Del resto, il conto corrente è sempre oggetto di dispute tra singoli cointestatari del conto (basta pensare alle dispute sulla titolarità delle somme in caso di conto corrente cointestato o dell'accesso al conto dopo la morte del titolare del conto corrente) e tra cointestatari del conto e banca.

Sul punto dei rapporti tra banca e titolare del conto (soprattutto in relazione alle singole operazioni in entrata ed in uscita) è opportuno ricordare quanto dispone l'art. 1832 c.c. secondo il quale l'estratto conto trasmesso da un correntista all'altro s'intende approvato, se non è contestato nel termine pattuito o in quello usuale, o altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo le circostanze.
L'approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per errori di scritturazione o di calcolo, per omissioni o per duplicazioni. L'impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di ricezione dell'estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura, che deve essere spedito per mezzo di raccomandata.

Dall'art.1832 cc si possono desumere alcuni principi di base: 1) l'estratto conto non contestato si intende approvato; 2) l'estratto conto approvato (cioè non contestato)  non è più contestabile, ma la rigidità della norma è attenuata sulla successiva eccezione: il rendiconto si intende approvato e non è contestabile salvo errori di mero calcolo, duplicazioni, cioè operazioni segnate due volte, oppure omissioni, cioè operazioni effettuate, ma non indicate; 3) la contestazione dell'estratto conto è di decadenza (quindi deve essere eccepita dall'altra parte e non è rilevabile dal giudice ed è sottoposta a termini molto brevi).

Resta da chiedersi se la decadenza derivante dalla non contestazione del conto è solo a carico del soggetto che riceve la scrittura contabile oppure anche a carico del soggetto che redige la scrittura contabile, in termini più semplici occorre chiedersi se l'obbligo di contestare l'estratto conto (e la relativa decadenza) è anche a carico della banca che redige ed invia al cliente l'estratto conto (risulta evidente la stranezza del fatto che colui che redige l'estratto conto deve contestare, a se stesso e al cliente, l'erroneità dell'estratto conto che ha redatto) oppure se la decadenza derivante dalla mancata contestazione dell'estratto conto è solo a carico del titolare del conto (che riceve l'estratto conto) e non della banca (che redige l'estratto conto).

In relazione all'art. 1832 c.c. si è affermato che il termine di decadenza di sei mesi per l'impugnazione dell'estratto conto trasmesso al cliente, fissato dall'art. 1832, secondo comma c. c., opera anche per la banca, relativamente all'omessa registrazione di partite a credito per l'istituto.

Di conseguenza,  decorso inutilmente detto termine, la banca decade dal diritto di far valere crediti che non risultano dall'estratto conto approvato, specie nell'eventualità in cui si tratti di operazioni non annotate; anche la rigidità di tale interpretazione è mitigata affermando che l'approvazione tacita dell'estratto conto non preclude la possibilità di contestare il debito da esso risultante, che sia fondato su negozio nullo, annullabile inefficace o, comunque su situazione illecita, e la verifica di detti requisiti è rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato.

Cass., civ. sez. I, del 10 giugno 2015, n. 12055 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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