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Sal Da Vinci “Italiano di Napoli” a 40 anni dall’esordio: “Rifletto sulla nostra identità”

Dal 20 dicembre al 15 gennaio Sal Da Vinci porta in scena il suo nuovo spettacolo “Italiano di Napoli”, firmato assieme ad Alessandro Siani: “Una riflessione sulla nostra identità di napoletani, di italiani, di cittadini della Repubblica dei sentimenti”
A cura di Francesco Raiola
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Sal Da Vinci, Lorena Cacciatore, Lello Radice e Davide Marotta
Sal Da Vinci, Lorena Cacciatore, Lello Radice e Davide Marotta

"Italiano di Napoli" non è uno spettacolo campanilistico né, tantomeno, provocatorio – come spiegato in conferenza stampa – e non potrebbe essere altrimenti visto che il protagonista è Sal Da Vinci, il cantante napoletano che dal 20 dicembre fino al 15 gennaio sarà al teatro Augusteo di Napoli con questo nuovo spettacolo musicale che porterà sul palco "una riflessione sulla nostra identità di napoletani, di italiani, di cittadini della Repubblica dei sentimenti. Una riflessione, insomma, sulle proprie origini".

La regia di Alessandro Siani

È un Sal Da Vinci mattatore quello che si vede nel foyer del teatro napoletano, con bambini reporter che gli pongono domande molto interessanti, il corpo di ballo alle spalle e gli attori Lorena Cacciatore, Lello Radice e Davide Marotta al suo fianco, a parlare di questo spettacolo scritto assieme a un'altra colonna di Napoli, ovvero Alessandro Siani che ne firma anche la regia: "Il nostro è un sodalizio che va avanti da tanti anni, ha fatto una messa in scena bellissima". Si ride, si piange e si canta, soprattutto, spiega il cantante che racconta della voglia di parlare del bisogno di togliere un po' di grigiore dall'Italia di oggi, di far parte di quella Repubblica dei sentimenti, come la chiama lui, ovvero un luogo in cui "mettere d'accordo tutte le cose belle che fanno parte della vita".

Nello show anche le canzoni di "Non si fanno prigionieri"

È un periodo molto impegnato per il cantante che va in scena poche settimane dopo l'uscita dell'album "Non si fanno prigionieri", uscito pochi giorni fa e prodotto da Renato Zero che ha anche scelto il nome dello spettacolo teatrale. "Italiani di Napoli" è anche un modo per confrontarsi con "un quotidiano che presenta tante avversità" come spiega ai microfoni di Fanpage.it, a cui sottolinea come "chi fa da padrone è la musica. È la prima volta che canto le canzoni di ‘Non si fanno prigionieri', ma canto anche alcune canzoni scelte perché mi hanno accompagnato nel tempo. La musica ti accende la memoria, ti dà la possibilità di sigillare un momento della tua vita e italiani di Napoli vuole arrivare attraverso la musica, ma anche lanciando dei codici che appartengono alla repubblica del sentimento". La musica, insomma, come aveva ribadito in conferenza può essere lo strumento d'aiuto alla riflessione contro un mondo in cui ci siamo incattiviti, spiega.

Una storia lunga 40 anni

Sal Da Vinci è, ormai, un pezzo importante della musica e del teatro napoletano in cui ha cominciato esattamente 40 anni fa, erano proprio le feste di Natale, ricorda, e lui era poco più che un bambino quando esordì al fianco del padre, il noto attore Mario Da Vinci: "Nel 1976 cominciavo la mia carriera assieme a mio padre, in un teatro storico per la sceneggiata napoletana, si chiamava Teatro 2000, che mi diede la possibilità di confrontarmi, di crescere, di nutrirmi di quella cultura teatrale che non mi ha mai abbandonato e crescere con grandissimi attori del teatro napoletano di cui ormai non si parla più. Si ricorda poco di quel periodo e di quegli attori e parlo della famiglia Maggio, ai Trottolino, ai Dolores e Gennarino Palumbo e Pietro de Vico, Carlo Taranto, tutte persone che hanno costruito una matrice di rappresentazione, di un linguaggio teatrale dell'epoca e hanno reso grande il teatro italiano".

Una scommessa totale del cantante

"Italiani di Napoli" è una vera e propria scommessa, sua, che lo ha prodotto per intero con la sua “Cose Production” ("Investo più di quello che guadagno, come sanno tutti. Non ho sovvenzioni da nessuno, tanto meno dalle Istituzioni") e dell'Augusteo, come ci tiene a sottolineare proprio Da Vinci quando dice che nessuno ci ha pensato due volte a mettere su quasi un mese di programmazione proprio sotto le feste, compresa la doppia rappresentazione del 26 e quella di fine d'anno.

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