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Perché Il cinque maggio di Alessandro Manzoni sulla morte di Napoleone è così importante

Il cinque maggio, la poesia in memoria di Napoleone Bonaparte, morto in esilio sull’isola di Sant’Elena, fu scritta nel 1821 da Alessandro Manzoni in soli tre giorni. Oggi il manoscritto della prima bozza, sostanzialmente diversa dalla versione definitiva, è custodito alla Biblioteca Braidense di Milano.
A cura di Redazione Cultura
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Sant'Elena - La morte di Napoleone. Dipinto di Steuben.
Sant'Elena – La morte di Napoleone. Dipinto di Steuben.

Non c'è studente o ex studente italiano che in questo giorno non ricordi anche solo per un attimo la poesia Il cinque maggio di Alessandro Manzoni, la famosa ode composta in memoria di Napoleone Bonaparte, scritta da l'autore de I promessi sposi nel 1821, all'indomani della della morte di Napoleone Bonaparte sull'isola di Sant’Elena, nell’Oceano Atlantico. Per molti un vero e proprio incubo mnemonico, per altri uno degli esempi più scintillanti della poesia italiana. All'epoca non c'era il web e le notizie circolavano meno velocemente di oggi, motivo per cui la notizia della morte di Napoleone fu appresa dal Manzoni soltanto il 16 luglio di quell'anno, leggendo i giornali nella sua villa di Brusuglio. Tre giorni dopo, il componimento scritto di getto era già pronto. In una versione diversa da quella finale, il cui manoscritto è custodito alla Biblioteca Braidense di Milano.

Di cosa parla Il cinque maggio di Alessandro Manzoni

Nell’opera, Manzoni mette in risalto le battaglie e le imprese dell’ex imperatore, nonché la fragilità umana e la misericordia di Dio. Manzoni aveva già incontrato Napoleone all'età di quindici anni, al teatro alla Scala di Milano, dove era rimasto impressionato dal suo sguardo. Lo stile dell'ode è rapido e caratterizzato da repentini cambi di scena in cui lo stile è metafora del ritmo esistenziale di Napoleone, delle sue imprese militari e politiche, fino alla caduta, l'esilio e poi la morte. La poesia, nonostante la censura austriaca, circolò con grande successo fino a quando non trovò un editore e fu anche tradotto in diverse lingue europee.

La morte di Napoleone Bonaparte

Il 5 maggio 1821, durante il suo esilio sull’isola di Sant’Elena, muore Napoleone Bonaparte. Il fatto colpì l’opinione pubblica, considerando l'impatto sulla vita politica e sociale del XIX secolo che ebbe la sua figura. Dopo aver appreso la notizia, accompagnata alla scoperta della conversione cristiana di Napoleone in fin di vita, Alessandro Manzoni decise di offrirgli quest'ode, diventata punto di riferimento di tutta la letteratura italiana. Ecco il testo della poesia Il cinque maggio.

Il cinque maggio, il testo integrale

Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,

Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale10
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:

Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.

Dall’Alpi alle Piramidi,
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.

Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;

Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,

La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.

Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;

Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!

E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;

E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desidéri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre
La gloria che passò.

Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Chè più superba altezza
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.

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