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La poesia di Anna Segre: “L’incanto dell’amore vince nelle rughe e nei difetti, non nel cliché”

Anna Segre raccoglie ne “La distruzione dell’amore” una serie di poesie che raccontano l’amore, appunto, nella sua forma reale, corporea, tenendosi lontana dai cliché.
A cura di Francesco Raiola
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La poeta Anna Segre
La poeta Anna Segre

"La distruzione dell'amore" è l'ultima raccolta di poesie di Anna Segre, pubblicata da InternoPoesia. Una raccolta di poesia che raccontano l'amore quotidiano, spogliato dall'idealizzazione che spesso ci offusca la vista e ci dà falsi modelli. Quello che racconta Anna Segre è un amore sporco, rude, che alterna bellezza e mancanza a lotta, meschinità, che prende forma nelle pieghe del corpo umano, quello vero, che usa i nei ma anche i fianchi molli, è l'amore stropicciato di quando ci svegliamo, non per forza quello acchittato di quando ci prepariamo a una serata galante. Ne abbiamo parlato con la poetessa.

Come e in quanto tempo nascono le poesie de "La distruzione dell’amore"?

La silloge doveva essere d’amore. Diciamo 5 anni di lotta, passione, conflitto, eros. Ero delusa, infuriata, sempre su un crinale tra eccitazione e irritazione. Il file si chiamava "la distruzione dell’amore": un titolo troppo pertinente per non mantenerlo.

Per Fossati la costruzione di un amore ‘spezza le vene delle mani, mescola il sangue col sudore’. Per lei cosa fa la distruzione dell’amore?

Cancella l’alfabeto, sbiadisce il mondo, fa smarrire gli scopi. Però la distruzione dell’amore è un po’ come l’apocalisse, mai totale, sempre a macchia di leopardo. Qualcosa sopravvive e da lì si ricomincia.

"Non hai diritto di definirmi (…) Ogni tua poesia è un’offesa alla mia versione dei fatti". La raccolta si apre con Parole, da cui prendo la citazione: come si sceglie la poesia d’apertura?

Le parole sono un potere, chi racconta vince (o anche il contrario: chi vince racconta). Eravamo lì tutte e due, nella medesima scena, presenti in uno scambio relazionale, capaci di intendere e di volere, nessuna delirava, aveva disturbi, straparlava, eppure la nostra versione non è la stessa, come nel film Rashomon, ognuno vive la stessa situazione dal suo punto di vista. Le mie parole non sono quelle che sceglierebbe l’altra, tradiscono la sua verità. Questa è stata la ferita che le ho inferto, l’atto di forza che ho portato fino in fondo. Era giusto esordire con l’accusa di lei. Così è stata scelta.

La distruzione dell’amore si muove spesso nel campo semantico animalesco, quello selvatico fatto di tigri, leonesse, elefanti, tori. Mi può dire di più?

Sicuramente potrei dilungarmi sulla dimensione letteraria delle metafore. Però confesso che mi si presentano così, senza mediazione cognitiva, come immagini che descrivono l’emozione. E io le accetto e ci lavoro attorno senza cercare di spiegarle. Animali di cui decido le abitudini, come la lealtà del lupo o la fragilità del passero, quasi fossero parti di me, che sì, sono legione, ma includo anche tutta l’arca.

Spesso l’idea dell’amore è aulica, insomma, almeno nel luogo comune di chi non frequenta la poesia. Il suo, al contrario, è un amore quotidiano, reale, sporco… Siamo mai usciti dall’amore che studiamo/studiavamo sui libri scolastici?

Trovo infinitamente più erotica la verità del cliché idealizzante di cui io stessa sono stata vittima. Se ci pensa, ciò che scrivo inerisce all’intimità e alla possibilità di abusare: io in quest’ambivalenza ci sono cresciuta, l’ho patita e sicuramente l’ho anche inflitta. Siccome ti do accesso al mio corpo e ho bisogno della tua vicinanza, tu puoi forzarmi o aggirarmi, perché io, pur di averti, soggiaccio alle tue dinamiche. E questo è un bivio: o ci conosceremo ancora più intimamente e saremo ancora più legate, oppure ci sarà, pezzo dopo pezzo, la distruzione.

E a questo proposito, l’amore che racconta in questa raccolta, è un amore fisico, fatto di ‘macchie, reticolo venoso e nei’, ma anche di ‘faccia stropicciata’ e ‘fianchi molli’. Come sono nate le poesie di questa raccolta?

Sono nate così. Ogni giorno avevo qualcosa che premeva per uscire e cercavo di dirlo. Pensieri a loop e emozioni soverchianti. Gocce. Io le scrivevo volendo urlare piangere protestare sublimare, ognuna mettendoci ore, pensandola unica. Ma non c’è paragone tra una poesia e una silloge. L’aspetto progettuale e argomentativo ne moltiplica la forza, è come Jeeg, i componenti fanno il guerriero. Ed eccoci a guardarle nell’insieme dell’eros e del conflitto: la lite diventa IL LITIGARE in assoluto, le metafore diventano LA GIUNGLA, e dispiacersi diventa LA SOFFERENZA come concetto sovraordinato. E, come dicevo prima, non c’è gara tra verità e donna angelicata. Vince la verità, le rughe, i difetti. È così che l’incanto trova il suo spazio.

Scettro e Pachiderma nascono di seguito? L’idea dell’elefante nella cristalleria della prima poesia ha ispirato l’idea che l’amore è un elefante della seconda o è un caso, una costruzione della tracklist a posteriori?

No, non nascono di seguito, però nascono nella stessa persona, me. Abbiamo pensato a una continuità metaforica dell’ingombro e della potenza: ho questo mondo pieno di bestie che mi rappresentano, pezzi di me, la mia legione di istinti, ci stava metterle in sequenza…

Il poeta la poeta: in che modo la lingua, secondo lei, ha effetti reali sulla società arrivando anche a modificarla?

Nel linguaggio comune i termini e i suffissi al femminile implicano una diminutio. Il femminile, per intero, come genere, è relegato con leggi, precetti e linguaggio a essere meno. Un uomo vestito da donna è dileggiato molto più ferocemente di una donna vestita da uomo, perché femminile è ‘meno’. Quindi il linguaggio rispecchia la società e la conferma nella sua organizzazione: un circolo vizioso e cementante. Non abbiamo termini al femminile per giudice, ingegnere, pilota, chef, ecc… una lunga lista di esclusioni a monte e d’implicazioni sminuenti a valle. Se si vuole un cambiamento nella vita di una persona, si lavora sul cambio di pensiero. Se non pensi come prima, non compi le stesse azioni e cambi linguaggio. Quindi direi che sì, c’è una stretta correlazione tra pensiero, linguaggio e azione.

Esiste la pace in amore? O essendo un elefante alla fine qualcosa la distrugge sempre?

Esiste la beatitudine, l’enormità di quello che senti. L’amore giustifica scorrettezze, tradimenti, abbandoni, sacrifici altrimenti impensabili. Certo che distrugge. Perché l’obbiettivo è sempre imparagonabile al risibile ostacolo. La pace? Armistizi, tregue, periodi Periclei…

Anna Segre presenterà il libro mercoledì  30 marzo alle 18 al Libraccio di via Nazionale, Roma, mentre venerdì 1 aprile alle 10 lo presenterà alla Camera dei Deputati.

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