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Consiglio di condominio e assemblea di condominio

Cassazione 15.3.2019 n 7484 Il consiglio di condominio ex art 1130 bis cc non può esautorare l’assemblea dalle sue competenze inderogabili, giacché la maggioranza espressa dal più ristretto consiglio di condominio è comunque cosa diversa dalla maggioranza effettiva dei partecipanti, su cui poggiano gli artt. 1135, 1136 e 1137 c.c. ai fini della costituzione dell’assemblea, nonché della validità e delle impugnazioni delle sue deliberazioni.
A cura di Paolo Giuliano
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Assemblea del condominio                                        

Il compito principale dell'assemblea di condominio è quello di assumere le decisione relative alla gestione del beni condominiali (ex art. 1117 cc), l'assemblea assume le proprie decisioni in base al principio maggioritario.

Da un lato, ovviamente, l'assemblea non ha un potere infinito e discrezionale, ma è, ab origine, vincolata a determinate competenze (o deve poter deliberare entro determinati confini) indicati nell'art. 1135 cc). Infatti, I proprietari possono contestare le decisioni assunte dall'assemblea ex art. 1137 cc.   per questioni di legalità (non di merito).

Dall'altro, l'assemblea non può essere esautorata o spogliata dei propri poteri e compiti.

L'amministratore del condominio

Nel rapporto tra i diversi "organi" del condominio, l'amministratore assume il ruolo di mandatario del proprietari e di esecutore delle delibere dell'assemblea, è evidente che  l'amministratore è subordinato alle decisioni dell'assemblea (salvo situazioni particolari).

La commissione di condomini

Nelle situazioni condominiali più complesse (oppure quando erano necessarie delle valutazioni che non potevano essere fatte durante l'assemblea) la prassi aveva anche creato un diverso organismo "la commissione" di alcuni dei proprietari ai quali veniva demandata un'attività consultiva avente ad oggetto l'esame di diverse soluzioni da portare, in seguito, in assemblea (ad esempio, in presenza di diverse offerte per lavori straordinari l'assemblea, non potendo esaminare tutte le offerte, nominava una commissione per studiare le diverse offerte e poi portare in assemblea i risultati onde poter permette all'assemble di scegliere in quella più conveniente).

Risulta evidente che la commissione è un organo con funzioni meramente consultive e facilitative del lavoro dell'assemblea, ma non sostituisce l‘assemblea.

Sul punto relativo alla commissione dei proprietari la giurisprudenza aveva già  ribadito che l'assemblea condominiale – atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c. – può deliberare la nomina di una commissione di condomini (cui ora equivale il "consiglio di condominio") con l'incarico, ad esempio,  di esaminare i preventivi di spesa per l'esecuzione di lavori.

Le valutazioni di un tale (più ristretto) consesso condominiale sono vincolanti per tutti i condomini – anche dissenzienti – solamente in quanto rimesse alla successiva approvazione, con le maggioranze prescritte, dell'assemblea, le cui funzioni (quale, nella specie, l'attribuzione dell'approvazione delle opere di manutenzione straordinaria, ex art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.) non sono delegabili ad un gruppo di condomini (Cass. Sez. 2, 6 marzo 2007, n. 5130; Cass. Sez. 2, 23 novembre 2016, n. 23903; Cass. Sez. 2, 25 maggio 2016, n. 10865).

Il consiglio di condominio

Il comma 2 dell'art. 1130-bis c.c., introdotto dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, consente all'assemblea di nominare, oltre all'amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari.

La stessa norma precisa che il consiglio di condominio ha "unicamente funzioni consultive e di controllo", essendo l'organo votato a garantire una più efficiente e trasparente tutela degli interessi dei condomini nei grandi complessi immobiliari dotati di molteplici strutture comuni.

Il consiglio di condominio appare essere l'erede (la codificazione) di quello che era la commissione dei proprietari ante riforma.

Il consiglio di condominio, pure nella vigenza dell'art. 1130-bis c.c., non può, dunque, esautorare l‘assemblea dalle sue competenze inderogabili, giacché la maggioranza espressa dal più ristretto collegio è comunque cosa diversa dalla maggioranza effettiva dei partecipanti, su cui poggiano gli artt. 1135, 1136 e 1137 c.c. ai fini della costituzione dell'assemblea, nonché della validità e delle impugnazioni delle sue deliberazioni.

In particolare, in presenza di lavori da eseguire, la determinazione dell'oggetto delle opere di manutenzione straordinaria (e cioè degli elementi costruttivi fondamentali delle stesse nella loro consistenza qualitativa e quantitativa), la scelta dell'impresa esecutrice dei lavori, la ripartizione delle relative spese ai fini della riscossione dei contributi dei condomini, rientrano nel contenuto essenziale della deliberazione assembleare imposta dall'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c. non sostituibile da una delibera del consiglio di condominio.

La tutela in presenza di eventuali delibere del consiglio di condominio che esautorano l'assemblea (o in assenza di delibera dell'assemblea)

Può capitare che un consiglio di condominio approvi l'opera straordinaria, scelga l'impresa a cui affidare i lavori e approvi il piano di riparto, senza passare (o portare successivamente) tali decisioni in assemblea, di fatto, l'assemblea è stata completamente esautorata, risulta quindi mancante la successiva necessaria approvazione dell'assemblea con le maggioranze prescritte dall'art. 1136 c.c.

In situazioni simili occorre valutare come è possibile tutelare i singoli proprietari considerando che per le delibere di assemblea è prevista la possibilità di ricorrere al Giudice ex art. 1137 cc, mentre un'analoga norma non è presente contro le delibere del consiglio di condominio che dovrebbero essere solo consultive e non vincolanti (mentre vincolanti dovrebbe essere solo la delibere dell'assemblea di condominio).

Va considerato come le determinazioni prese dai condomini, in assemblea o nell'ambito del "consiglio di condominio", devono valutarsi come veri e propri atti negoziali, da questo principio è possibile dedurre alcuni corollari.

La mancanza di una norma specifica che autorizza l'impugnazione della delibera del consiglio di condominio (come l'art. 1137 cc per le delibere dell'assemblea) non è rilevante, in quanto, ove non si ritenesse applicabile l'art. 1137 cc alla delibera del consiglio di condominio è opportuno ricordare che tutti gli atti negoziali  nulli o annullabili possono essere contestati in sede processuale in base alle norme generali in materia di nullità o annullabilità degli atti .

L'attribuzione ad una delibera del consiglio di condominio di un significato organizzativo (in sostituzione dell'assemblea) e non meramente consultivo è frutto di apprezzamento di fatto spettante al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità unicamente per violazione dei canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e seguenti c.c. (Cass. Sez. 2, 28 febbraio 2006, n. 4501).

Una volta attribuita alla delibera del consiglio di condominio  immediato valore organizzativo (e non dunque meramente consultivo o preparatorio di un futuro pronunciamento assembleare) sussiste  l'interesse del condomino ad agire in giudizio per accertare se siffatto valore organizzativo della deliberazione meritasse di essere conservato o andasse, piuttosto, eliminato con la sanzione giudiziale invalidante.

Il condomino ha un  interesse sostanziale ad impugnare la delibera in questione, giacché titolare di una posizione qualificata diretta ad eliminare la situazione di obiettiva incertezza che la delibera del consiglio di condominio generava quanto al contenuto dell'assetto organizzativo della materia regolata (le opere di manutenzione straordinaria).

A questo interesse sostanziale è certamente abbinato l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. per l'impugnazione della delibera, soprattutto quando è prospettata una lesione individuale di rilievo patrimoniale (il pagamento degli oneri condominiali relativi alla spesa approvata) derivante dalla delibera impugnata e  rivelando anche l'utilità concreta che poteva ricevere dall'accoglimento della domanda.

Cass., civ. sez. VI, del 15 marzo 2019, n. 7484

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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