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Thyssen: sentenza italiana eseguibile in Germania, ma i due manager tedeschi restano liberi

Il tribunale di Essen, a cui avevano fatto ricorso nei giorni scorsi due alti dirigenti del gruppo per evitare l’arresto dopo la condanna definitiva in Italia, ha sentenziato che non ci sono motivi ostativi sostanziali e procedurali per non seguire il mandato di arresto. Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz restano però liberi dopo un nuovo ricorso.
A cura di Antonio Palma
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La sentenza italiana sul caso del terribile rogo Thyssen in cui persero la vita 7 operai è eseguibile anche in Germania. Questa l'attesa decine del tribunale di Essen a cui avevano fatto ricorso nei giorni scorsi due alti dirigenti del gruppo, l'amministratore delegato delle acciaierie Harald Espenhahn e il consigliere Gerald Priegnitz, per evitare l'arresto dopo la condanna definitiva, rispettivamente a 9 anni e 8 mesi a 6 anni e 10 mesi di reclusione, emessa contro di loro dalla Corte di Cassazione italiana nel 2016. Secondo i giudici tedeschi infatti non ci sono motivi ostativi sostanziali e procedurali per non seguire il mandato di arresto italiano.  Scongiurata quindi la possibilità che la giustizia tedesca non ottemperasse alla sentenza italiana per possibili vizi procedurali.

Ora per i due alti manager dunque presto potrebbero aprirsi le porte del carcere. Dopo undici anni e mezzo dalla tragedia  della notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, però, la sentenza non sembra ancora essere il punto finale dell'intera vicenda giudiziaria che vede già in carcere i manager italiani del gruppo. All'ultimo momento infatti i legali dei due condannati hanno presentato un nuovo ricorso sempre al fine di evitare l'esecuzione del mandato di arresto italiano e quindi il carcere. I due manager hanno impugnato la decisione presso la corte di appello di Hamm e quindi per ora restano a piede libero. Come chiarito dal autorità locali, ad ogni modo in Germania non potranno scontare una pena superiore ai 5 anni di carcere e cioè il massimo previsto per il reato di omicidio colposo.

"L'importante è che i dirigenti tedeschi scontino le pene, come avvenuto per i manager italiani. Sono passati tanti anni dalla tragedia, ma questo è un giorno importante perché giustizia è stata fatta" ha commentato dopo la sentenza Raffaele Guariniello, l'ex pubblico ministero che seguì il processo torinese. "Nessuno ha vinto ma almeno dopo tanti anni finalmente si compie quel percorso che abbiamo fatto con grande dolore e sofferenza e si arriva ad un minimo di giustizia in cui abbiamo sempre creduto" ha dichiarato invece Antonio Boccuzzi, l'operaio sopravvissuto tra atroci sofferenze al rogo della Thyssen.

"Sono disgustata, ci hanno presi in giro fin dall'inizio. Con tutto quello che ci hanno fatto passare, ci stanno facendo morire uno dopo l'altro" ha sbottato invece Laura Rodinò, sorella di Rosario, uno dei sette operai morti nel rogo. "Non posso immaginare che possa esserci ancora un altro appello Siamo stufi, l'Italia non deve permettere una cosa del genere", ha aggiunto la donna. "I due manager non sono stati arrestati però possiamo dire che la sezione esecuzioni penali del Tribunale di Essen ha dichiarato ammissibile l’esecuzione della sentenza italiana" ha spiegato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, assicurando: "Continueremo a monitorare giorno per giorno la vicenda"

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