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Padre arrestato per aver soffocato la figlia, spunta testimone: è un bimbo di 3 anni

Il piccolo teste è stato sottoposto ad ascolto protetto e ha mimato i gesti che aveva visto fare a Giuseppe Difonzo, l’uomo arrestato ieri con l’accusa di aver ucciso la figlioletta di tre mesi lo scorso febbraio.
A cura di Susanna Picone
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Nella giornata di ieri i carabinieri hanno arrestato il 29enne di Altamura Giuseppe Difonzo, già detenuto per violenza sessuale nei confronti di una minorenne, perché accusato di aver soffocato lo scorso febbraio la figlioletta di tre mesi, Emanuela, che era ricoverata in ospedale. Stando alle indagini dei militari, coordinate dal pm della Procura di Bari Simona Filoni, non era la prima volta che l'uomo – soggetto portatore della Sindrome di Munchausen – cercava di far del male alla bambina. In più occasioni avrebbe tentato di soffocarla (tanto da provocare continui ricoveri) e in una di queste occasioni sarebbe stato visto da un testimone. Un testimone oculare che ha appena tre anni.

Il racconto del bambino testimone oculare – Il bambino era ricoverato nella stessa stanza di ospedale della piccola Emanuela e avrebbe assistito a un tentativo di soffocamento della bimba da parte del padre la mattina precedente al giorno in cui Emanuela è stata poi uccisa. Da quanto è emerso, il bimbo-testimone è stato sottoposto nei mesi scorsi ad ascolto protetto e ha confermato l'episodio mimando i gesti visti fare a Giuseppe Difonzo. Verso mezzogiorno del 12 febbraio scorso, secondo quanto accertato dagli investigatori, nella stanza c'erano soltanto l’uomo, sua figlia e il bambino ricoverato nel letto accanto. A un certo punto Difonzo avrebbe distratto il bambino facendolo giocare con il suo telefonino e si sarebbe poi avvicinato al letto della figlia toccandola e premendole su fronte, bocca, collo e pancia. Subito dopo la bambina avrebbe iniziato a stare male ma l’intervento dei medici le salvò la vita. Qualche ora più tardi l’uomo sarebbe tornato nella camera della piccola questa volta riuscendo a ucciderla.

Dopo sospetti di maltrattamenti, il Tribunale riaffidò la piccola al padre – Dagli atti dell'inchiesta che ha portato all'arresto di Difonzo è emerso che la situazione familiare e di pericolo della bambina era stata segnalata da tempo al Tribunale per i minorenni di Bari. Già lo scorso dicembre, dopo il terzo ricovero della piccola (in totale, nei suoi tre mesi di vita, la bimba è rimasta in ospedale per 76 giorni), il primario di Neonatologia del Policlinico di Bari aveva segnalato un sospetto su possibili maltrattamenti subiti da Emanuela. Credeva che i problemi respiratori della bambina non derivassero da una condizione clinica anche perché quando la piccola era in ospedale stava bene. Il successivo 9 gennaio, però, la bimba fu dimessa e ricoverata nuovamente il giorno dopo per una crisi respiratoria. Solo il 15 gennaio la piccola fu affidata ai servizi sociali di Altamura per collocarla in una comunità. Il provvedimento, però, venne sospeso il 25 gennaio e poi definitivamente revocato il 29 gennaio. Il Tribunale riaffidò così la bimba al padre e alla compagna, disponendo visite domiciliari a partire dal 2 febbraio. Una settimana dopo Emanuela venne ricoverata di nuovo e il 13 febbraio morì.

Il padre sfruttò la morte della figlia per ottenere risarcimenti e donazioni – In un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere notificata a Difonzo si legge che l’uomo avrebbe ucciso la figlia e poi “utilizzato la morte della piccola, con modalità e contenuti da rabbrividire, al solo scopo di speculare sulla stessa, nel tentativo di invocare la responsabilità dei medici e di ottenere un risarcimento dei danni”. Stando alle indagini dei carabinieri, il 29enne avrebbe inoltre “utilizzato la vicenda della morte della figlia per suscitare sentimenti di pietà e commozione” e ottenere donazioni da amici e conoscenti. Sono numerose le telefonate intercettate e tra queste anche una con il Vaticano in cui l’uomo chiedeva di parlare con il Papa, raccontava menzogne sui suoi bisogni economici dovuti al decesso della figlia, dal pagamento dei consulenti tecnici all'avvocato. Le indagini hanno però documentato che avrebbe poi utilizzato quei soldi per acquistare cibo, sigarette, ricariche telefoniche e gasolio.

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