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“Mio papà è entrato in ospedale per un tumore ed è morto di Covid. Voglio giustizia”

Ricoverato per un tumore alla pleura nel reparto di oncologia dell’ospedale Mazzini di Teramo, il padre di Claudia è morto pochi giorni dopo essere stato dimesso in attesa della biopsia, contraendo molto probabilmente il virus proprio in corsia. “C’era un medico positivo ma dall’ospedale non ci avevano detto nulla, l’ho dovuto scoprire dai giornali” racconta la giovane abruzzese. Nel nosocomio teramano ci sono stati in tutto circa cento contagiati da Covid-19 fra pazienti e operatori sanitari: per chiarire eventuali responsabilità la Procura ha da qualche giorno aperto un fascicolo, per il momento senza indagati.
A cura di Beppe Facchini
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"Papà, ti prego, cerca di farcela, torna a casa, voglio riabbracciarti. Lui mi ha detto che mi voleva bene e che ne voleva anche a miei bambini. Diglielo, mi ha chiesto. Ma io ho di no, avrebbe dovuto farlo lui al suo ritorno. Però quelle parole suonavano già di morte. Già sapeva che non ce l'avrebbe fatta". Trattiene a stento le lacrime, ricordando l'ultima volta che è riuscita a parlare con suo padre per telefono, Claudia Lattanzi, una giovane mamma di Teramo che ha perso il suo genitore circa un mese un fa a causa del Covid-19. La sua vicenda è particolarmente drammatica per come si è evoluta fin dall'inizio, e cioè con un ricovero nel reparto di oncologia per un tumore, rivelatosi poi fatale per via contagio dal virus che sarebbe avvenuto proprio in corsia. Nello stesso reparto sono poi risultati positivi 13 infermieri e due medici, mentre in tutto l'ospedale "Mazzini" della città abruzzese il bilancio è di circa 100 contagi fra pazienti e operatori sanitari. La Procura della Repubblica locale ha qualche giorno fa aperto un fascicolo, per il momento ancora senza indagati, per provare a fare chiarezza su quanto accaduto nel nosocomio teramano. Esattamente come sta cercando di fare per la vicenda di suo padre, tramite un avvocato, Claudia, che a Fanpage.it ha raccontato tutto fin dall'inizio.

"Mio padre aveva 71 anni: a inizio marzo è stato ricoverato perchè, dopo un esame toracico, gli è stata riscontrata un embolia polmonare che successivamente risulta essere un tumore alla pleura. Viene spostato nel reparto di oncologia -spiega Claudia- nel quale però era già presente un paziente con un tampone positivo al Covid-19". I familiari degli altri degenti, così come questi ultimi, non sanno nulla a riguardo e così, dopo alcuni giorni, "mio padre viene dimesso in attesa della biopsia". Tornato a casa, l'uomo, nel giro di pochi giorni, comincia però a star male. "Inizia ad avere debolezza e inappetenza. Ci sembrava strano, così mia madre contatta il reparto, dal quale le dicono che è il normale decorso della malattia. Il 20 marzo -continua Claudia- tramite alcuni giornali locali vengo a conoscenza del fatto che nello stesso reparto di oncologia c'è un medico positivo al Covid-19: mia madre chiama nuovamente per sapere cosa stesse succedendo, ma viene rassicurata sul fatto che in ospedale è stato già avviato il protocollo necessario e che se nessuno si era fatto sentire era perchè evidentemente mio padre non aveva avuto alcun contatto con quel medico". Forse, però, le cose non sono andate esattamente così.

"Arriviamo al 22 marzo, quando mio padre si sente male ed ha una forte crisi respiratoria. Mia madre chiama l'ambulanza -racconta ancora Claudia-: gli fanno il tampone, viene ricoverato nel reparto degli infettivi e il 25 marzo arriva l'esito positivo al test. Da quel momento possiamo comunicare con lui solo per telefono, ma il 27 marzo muore poche ore dopo essere stato sedato perchè si agitava troppo. Non riusciva a respirare e avendo quel problema non potevano intubarlo. Non riuscivo a crederci, sembrava una situazione surreale: un padre che va in ospedale per un tumore e ne esce morto di Covid".

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"Hanno fatto la disinfestazione del reparto quindici giorni dopo e nessuno aveva detto a miei genitori, quando hanno dimesso mio padre, di mettersi in isolamento. Il tampone a mia madre lo hanno fatto 34 giorni dopo, che è poi risultato incerto -continua Claudia- solo in seguito a numerose telefonate anche da parte del nostro sindaco, al quale ho chiesto un aiuto. Qui da noi il virus è arrivato dopo, mi chiedo come sia possibile che non siano stati messi in sicurezza gli ospedali, soprattutto un reparto così delicato come quello di oncologia, con pazienti immunodepressi". In attesa di chiarire eventuali responsabilità, Claudia rivolge infine un messaggio a chi si è ritrovato nella stessa assurda situazione: "A queste persone vorrei dire di non lasciare che i propri familiari vengano dimenticati, sperando che non succedano più delle cose del genere".

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