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Mafia, Cassazione nega i domiciliari a Brusca: “Per killer di Capaci ravvedimento non completo”

La Cassazione nega gli arresti domiciliari per Giovanni Brusca: il killer della strage di Capaci rimane in carcere. Nelle motivazioni di questa decisione i giudici spiegano che Brusca non può andare ai domiciliari per la sua “caratura criminale” e perché il suo ravvedimento non può considerarsi compiuto, ma deve essere verificato nel tempo.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il killer della strage di Capaci e dell’omicidio di Giuseppe Di Matteo, Giovanni Brusca, non può andare ai domiciliari. È stata la prima sezione penale della Cassazione a rigettare la richiesta di Brusca: oggi sono state rese note le motivazioni della sentenza del 7 ottobre. I giudici ritengono che Brusca non possa andare ai domiciliari per la sua “caratura criminale” e per la “gravità dei reati commessi”. Ciò che servirebbe, per concedere i domiciliari, è un “compiuto ravvedimento”, un “pentimento civile”, però perché ciò avvenga è necessario del tempo per verificare che si tratti di un atto reale e compiuto.

La Cassazione ha respinto la richiesta presentata dai legali del collaboratore di giustizia, ex boss di Cosa Nostra, che ora è in carcere a Rebibbia, dopo una condanna a 30 anni che finirà di scontare nel 2022. La richiesta dei domiciliari era già stata respinta dal tribunale di sorveglianza di Roma. Brusca ha usufruito di 80 permessi premio e su di lui era arrivato un giudizio positivo, con un percorso di revisione critica, da parte degli operatori: tutto ciò è stato considerato positivamente dal tribunale di sorveglianza di Roma, che però aveva respinto ugualmente l’istanza, sottolineando che “non ha ancora percorso davvero il cammino dell’emenda nei confronti delle vittime, del riscatto morale nei riguardano dei familiari”. E su questo si è detta d’accordo la Cassazione.

Il percorso di ravvedimento sarebbe stato solamente intrapreso, ma non sarebbe arrivato a compimento. Non c’è, quindi, possibilità di verificare, se non in un più lungo periodo, un reale ravvedimento. I giudici della Suprema Corte ritengono che il tribunale di sorveglianza abbia, da questo punto di vista, agito correttamente ritenendo impossibile certificare il  ravvedimento. Una valutazione che dipende sicuramente anche dalla gravità dei reati commessi da Brusca e dalla sua caratura criminale.

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