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La denuncia dell’inquilino è sufficiente per provare l’affitto in nero

Per dimostrare l’esistenza di un contratto di affitto solamente verbale, e quindi in nero, è sufficiente la dichiarazione dell’inquilino. A stabilirlo sono i giudici di Milano che hanno dato ragione all’Agenzia delle Entrate: quest’ultima aveva chiesto al proprietario i soldi derivanti dalla tassazione del canone di locazione sulla base di una semplice denuncia.
A cura di Stefano Rizzuti
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La denuncia di un inquilino è sufficiente per provare l’esistenza di un contratto verbale di locazione non registrato. Semplificando, se un inquilino denuncia di essere in affitto in nero, un tribunale può ritenere che sia una prova sufficiente senza necessità di produrre altre prove. In sostanza la dichiarazione dell’inquilino basta perché proprio quest’ultimo è ritenuto una delle parti coinvolte direttamente. Il Sole 24 Ore riporta in sintesi le motivazioni con cui il Ctp di Milano, con la sentenza 2718/19/2019, ha confermato la validità dell’operato dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che aveva notificato un avviso di accertamento riguardante alcuni canoni di locazione non dichiarati, risalenti al periodo che va da ottobre a dicembre 2013.

La vicenda

I fatti risalgono alla fine del 2013. Ma la vicenda giudiziaria inizia quando l’inquilina di un appartamento ha presentato denuncia alle Entrate il 7 febbraio 2014. Spiega di aver avuto un contratto in nero dal primo ottobre del 2013. Partono gli accertamenti. L’ufficio finanziario decide, sulla base della denuncia, di emettere una notifica di avviso di accertamento ai fini Irpef, puntando così a recuperare a tassazione i canoni. Con tanto di interessi e sanzioni.

Il locatore impugna l’accertamento e sostiene che non fosse presentabile in quanto mancava anche la denuncia allegata. Inoltre, sostiene che ci sia un errore nel calcolo del maggior reddito: l’imponibile indicato è di 2.845 euro mentre – sostiene il proprietario dell’appartamento – sarebbe dovuto essere di 997,50 euro, sulla base di un canone mensile da 350 euro. Oltre a questo il locatore contesta il fatto che la denuncia non sia una prova, ma solo una dichiarazione di terzi.

I giudici danno ragione all'Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ammette l’errore di calcolo. Ma sostiene anche che la dichiarazione dell’inquilina sia sufficiente. I giudici hanno dato ragione a questa interpretazione. Hanno quindi stabilito che c’era un nuovo importo da pagare ma hanno ritenuto che l’impianto probatorio fosse valido. Questo poiché la parola dell’inquilina non è ritenuta la dichiarazione di terzi ma quella di una parte che ha stipulato il contratto verbale. L’ufficio, dunque, per i giudici, ha agito correttamente. Inoltre il Fisco non aveva modo di effettuare altre verifiche, per esempio per scoprire se fosse avvenuto lo stesso con altri inquilini o se il canone applicato fosse in linea con quelli del mercato della zona.

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