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Coltivate marijuana in casa? Nessun problema: depenalizzazione in vista

La corte d’appello di Brescia ha deciso di sospendere il processo a un commerciante che coltivava canapa in garage: non ci può essere disparità di trattamento tra chi detiene a uso personale e chi coltiva. Ora l’ultima parola alla Corte Costituzionale.
A cura di Biagio Chiariello
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Coltivare marijuana in casa per uso esclusivamente personale potrebbe presto essere considerato non più un reato. Come informa l'Espresso ci sono segnali di apertura verso la depenalizzazione. Lo dimostra il fatto che il 10 marzo scorso i giudici della corte d’appello di Brescia hanno sospeso il processo a un coltivatore e inviato gli atti alla Corte costituzionale. Davanti ai magistrati lombardi era finito il caso di un commerciante bresciano, trovato con otto piante di canapa indiana in garage e 25 grammi di marijuana nel comodino. Tutto per consumo personale, ha assicurato lui. Per il possesso della cannabis l’uomo non è stato rinviato a giudizio, infatti il semplice possesso di stupefacenti per uso personale viene semplicemente segnalato alla Prefettura: si tratta di una semplice violazione amministrativa e non un illecito penale. Per la coltivazione delle piante, invece, l’uomo è stato sottoposto a processo e condannato in primo grado dal Tribunale di Brescia a otto mesi di reclusione e mille euro di multa.

Disparità di trattamento

Ma i suoi avvocati, hanno fatto notare che non c’era alcuna prova che il loro assistito fosse coinvolto in un’attività di spaccio. Come ricorda il settimanale "con il referendum del 1993 fare uso di droga non è più reato. Quanti vengono trovati in possesso di sostanze stupefacenti, per uso personale, vengono così soltanto segnalati alla prefettura. Una semplice violazione amministrativa. Chi coltiva canapa indiana finisce invece sempre e comunque davanti a un giudice, con tanto di avallo, nel 2008, della Cassazione a sezioni unite".

Depenalizzazione, deciderà la Consulta

Una contraddizione secondo i legali dell’uomo, anche perché tale situazione limita un diritto fondamentale della persona, il principio di uguaglianza. E dello stesso avviso è stata la corte d’Appello di Brescia, che con un’ordinanza ha rimesso gli atti alla Consulta, ritenendo che sia ora di rivedere la norma. I giudici hanno infatti sottolineato che chi coltiva la cannabis per consumo personale non viola il cuore della legge antidroga, che è quello di “combattere il mercato della droga”, appunto lo spaccio. A questo punto se la Consulta dovesse appoggiare questa tesi, coltivare canapa indiana non sarà dunque più reato. Nel frattempo l’ordinanza emessa il 10 marzo è stata trasmessa anche alla Presidenza del consiglio dei ministri e ai presidenti delle Camere. Dopo l’abolizione della Fini-Giovanardi, che aveva incomprensibilmente ripristinato la distinzione tra droghe leggere e pesanti, potrebbero presto arrivare una altro duro al discusso sistema per gestire la materia stupefacenti in Italia.

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