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I ventenni italiani sono sempre più lontani dalla religione (nonostante Papa Francesco)

La partecipazione religiosa è al livello più basso nella storia del nostro paese, in particolare fra i ventenni. Più di un milione di studenti ogni anno sceglie di rinunciare all’ora di religione e cresce la quota di chi si dice indifferente a qualsiasi confessione.
A cura di Claudia Torrisi
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Qualche giorno fa in un'intervista rilasciata all'AdnKronos, Adele Orioli, portavoce dell'associazione Uaar (Unione degli atei e agnostici razionalisti) aveva spiegato come il numero di coloro che chiedono di essere "sbattezzati" – ossia cancellati dalla lista dei fedeli della religione cattolica – fosse in costante aumento. "Le statistiche parlano chiaro e, in base ai moduli che continuano ad arrivare, non è un azzardo parlare di vero e proprio record di richieste di ‘sbattezzo'", aveva detto Orioli, sottolineando come a chiederlo fossero soprattutto i giovani, desiderosi di prendere le distanze da "imposizioni che avvengono quando non si è ancora consapevoli".

Al di là del trend dell'ufficiale cancellazione dalle liste della Chiesa, comunque, è indubbio che la quota dei praticanti – cioè di coloro che vanno a messa almeno una volta alla settimana – sia sensibilmente diminuita nel corso degli anni, nonostante il picco di popolarità raggiunto da Papa Francesco – e dal fenomeno anche pop che gli si è costruito intorno. Secondo i dati Istat, dal 1995 al 2015 la quota è passata dal 39,7 al 29%, mezzo punto in meno all'anno in egual misura in tutte le regioni italiane. Nonostante in generale si possa parlare di un calo graduale e lento, nel caso dei ventenni è stato piuttosto brusco. Dal 1995 ad oggi, la quota dei giovani che che vanno a messa almeno una volta a settimana è scesa dal 26,8 al 14,6%. Mentre, tra l'altro, il declino della pratica religiosa negli adulti o negli anziani è stato uguale in tutte le regioni italiane, tra i ventenni è stato più forte al Sud, nei territori tradizionalmente più legati alla Chiesa cattolica – appiattendo le differenze in questa fascia.

C'è un'altra circostanza indicativa di questo fenomeno, e riguarda gli adolescenti: come riporta Lorenzo Di Pietro su L'Espresso elaborando i dati dell'Osservatorio socio-religioso del Triveneto e dell'Istat, ci sono oramai più di un milione di studenti – specialmente al nord – che ogni anno scelgono di rinunciare all'ora di religione a scuola, contro i circa 500mila di vent'anni fa.

Per comprendere il fenomeno occorre certamente considerare la maggiore presenza di studenti con genitori stranieri, soprattutto nelle regioni del nord, tuttavia ciò non basta a spiegare l'incremento. Con due regioni, Emilia Romagna e Toscana, dove ormai il 20 per cento degli studenti non si avvale dell'lrc e le altre regioni a breve distanza e con intere classi nelle grandi città dove neanche uno studente ha scelto l'ora di religione, il cambiamento della sensibilità religiosa nelle nuove generazioni in mezza Italia è un'altra dimostrazione dell'Italia che cambia.

Secondo uno studio dell'Aied – l’Associazione italiana per l’educazione demografica, su 4000 giovani fra i 13 e i 19 anni a dichiararsi cattolico praticante è solo un adolescente su quattro, maschio o femmina che sia. Per le ragazze, rispetto al 1986, il calo è di 10 punti. Si definisce cattolico non praticante il 36%, mentre il 31% dei maschi e il 33% delle femmine si dice "indifferente verso la religione".

Come scrive Marzio Barbagli su Lavoce, "la partecipazione religiosa ha raggiunto oggi il livello più basso nella storia del nostro paese. La fortissima flessione che ha avuto luogo fra i ventenni fa pensare che il processo continuerà a lungo e avrà effetti rilevanti sulla vita politica e sociale. Non direttamente sull’esito delle elezioni, perché, da quando è scomparsa la Democrazia cristiana, la pratica religiosa ha smesso di essere un buon predittore delle scelte di voto. Ma certamente sulla vita intima, domestica, sul modo in cui si formano e si rompono le famiglie, le coppie etero e omosessuali, sui comportamenti sessuali e riproduttivi, sulle decisioni riguardanti la fine della vita.

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