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Una legge per regolamentare gli “Home restaurant”: limite di 500 coperti e 5000 euro annui

Alla Camera dei Deputati sta per sbarcare una proposta di legge per la regolamentazione dei cosiddetti home-restaurant, ovvero quei “ristoranti” che qualsiasi appassionato di cucina può adibire nella propria casa, una pratica molto in voga all’estero e che da qualche tempo sta avendo molto successo anche in Italia.
A cura di Charlotte Matteini
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Passione per la cucina e attitudine ai rapporti sociali. Solitamente così nascono gli home restaurant: sono ormai tante le persone che sanno cucinare manicaretti ai fornelli che cercano di unire l'utile al dilettevole organizzando cene a pagamento nelle proprie case. La pratica è stata importata dall'estero, dove da molti anni ormai è in voga. Un modo nuovo per socializzare, mangiando insieme a persone sconosciute che condividono i propri piatti e le proprie case ospitando dei "clienti" e fornendo loro la possibilità di mangiare una buona cena a prezzi contenuti e conoscere gente nuova. Da qualche tempo il cosiddetto "home restaurant" anche detto "social eating" è sbarcato anche in Italia e sembra che stia anche prendendo parecchio piede nel Belpaese: stando ai dati di una ricerca della Confesercenti, infatti, solo nel 2014 gli home restaurant hanno fatturato oltre 7 milioni di euro in Italia. Nel nostro Paese sono per ora attivi 7mila cuochi circa che nel complesso hanno organizzato oltre 37mila eventi, che hanno visto la partecipazione di circa 300mila persone. Gli incassi medi per serata di aggirano intorno ai 194 euro e le regioni dove il fenomeno è più diffuso sono la Lombardia (16,9%) il Lazio (13,3%) e il Piemonte (11,8%).

Avendo preso così piede ed essendo scoppiate le proteste delle associazioni dei commercianti, alcuni parlamentari stanno cercando di portare a Montecitorio una proposta di legge per la regolamentazione della ristorazione in abitazione privata. Attualmente approvata dalla Commissione Attività produttive, il disegno di legge dovrebbe sbarcare alla Camera dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre. La proposta di legge, composta da 7 articoli totali, prevede sostanzialmente una regolamentazione soprattutto dal punto di vista fiscale di questo tipo di attività, per evitare che gli home restaurant possano in qualche modo diventare delle attività illecite create ad hoc per eludere il Fisco. I ristoratori professionisti infatti denunciano un problema, principalmente: che in questi luoghi di "social eating" possano nascere ristoranti clandestini e, di conseguenza, una sorta di concorrenza sleale parallela che potrebbe minare le attività cosiddette regolari.

Nel testo di legge si impongono dunque numerosi limiti per gli home restaurant: massimo 500 pasti all’anno (ovvero poco più di 1,3 coperti al giorno) e non più di 5mila euro totali d'incasso per ogni cuoco ad abitazione. Chi aprirà un home restaurant, inoltre, sarà tenuto a presentare la "Scia", ovvero la dichiarazione di inizio attività commerciale. Qualora il cuoco non provvedesse, dovrà pagare la sanzione pecuniaria prevista. Inoltre, i pagamenti previsti per le cene degli home restaurant dovranno avvenire esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico tracciabili e "l'esercizio dell'attività di home restaurant è subordinato al possesso dei requisiti di cui all'articolo 5 della presente legge nonché al rispetto delle procedure previste dall'attestato dell'analisi dei rischi e controllo dei punti critici (HACCP)", anche se al momento non sono previsti controlli a campione effettuabili dall'Asl, come invece avviene per i ristoranti normali. E proprio sui controlli dell'Asl gli esercenti stanno protestando, perché sostengono sarebbe una facilitazione per gli home restaurant: "Questa legge è un ottimo primo passo, ma le regole devono essere uguali per tutti. Vedo una sorta di schizofrenia. Da un lato abbiamo norme severe – comunitarie, nazionali e locali –  che disciplinano in maniera puntuale il settore della somministrazione di alimenti e bevande sulla base di un criterio di fondo: la tutela del consumatore. Dall'altro però si concede a chi pratica queste attività di non rispettare tali norme, perché non ci sono controlli. Il discrimine non è a quante persone si prepara da mangiare. Ma come lo si fa, in termini di qualità e rispetto della sicurezza igienico-sanitaria", ha commentato Esmeralda Giampaoli, presidente nazionale Fiepet-Confesercenti. 

"Nel ddl stabiliamo innanzitutto delle garanzie per gli utenti. Perciò tutte le attività di social eating devono passare obbligatoriamente attraverso le piattaforme digitali, che devono verificare i requisiti minimi di abitabilità delle case e una minima conoscenza da parte dei cuochi delle modalità di trattamento dei cibi. E possibilmente prevedere una copertura assicurativa per gli utenti. Non vogliamo appesantire di burocrazia queste attività di condivisione così come indicato anche dal ministro delle Attività Produttive Carlo Calenda. Ma bisogna evitare che diventino un secondo lavoro, magari in nero. Per questo nel testo di legge c'è un articolo che vieta ai Bed & Breakfast di praticare attività di home restaurant. Insomma sì a una legislazione leggera, tutelando però al tempo stesso i consumatori dagli abusi", ha spiegato il relatore del provvedimento, Angelo Senaldi del Partito Democratico.

Non mancano le reazioni contrarie alla proposta di legge, che provengono soprattutto da chi nel campo della ristorazione casalinga lavora. Il fondatore di Homerestaurant.com, Giambattista Scivoletto, sostiene infatti che gli obblighi imposti dalla proposta di legge potrebbero scoraggiare l'apertura della maggior parte delle attività: "L'obbligo di registrazione sulle piattaforme web e quello di acquisire pagamenti solo in forma elettronica impedirà l'85% delle probabili aperture. Se questo articolo rimane nel testo, nessuno potrà aprire un home restaurant, promuoversi con il passaparola o con un proprio sito web".

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