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Jakobsen rivive la caduta: “Soffocavo nel mio sangue, salvato da un compagno”

Il ventitreenne ciclista olandese, a distanza di mesi dal terribile incidente in Polonia, è tornato a raccontare quei drammatici momenti: “Ho pensato ‘è finita, morirò oggi’ almeno 50, 100 volte. Non stavo morendo, ma mi sentivo come se fosse arrivata la mia ora. Groenewegen? Non sono ancora pronto per incontrarlo”.
A cura di Alberto Pucci
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Il ricordo del terribile incidente di Fabio Jakobsen, durante una tappa del Giro di Polonia, è ancora vivo nelle mente di tutti gli appassionati di ciclismo. A distanza di mesi da quel maledetto scatto verso l'arrivo, il ciclista della Deceuninck-QuickStep è tornato a parlare riavvolgendo il nastro e lasciandosi trasportare dalle emozioni in una lunga intervista concessa a ‘OA Sport': "Conoscevo bene il tracciato e sono stato fino all’ultimo chilometro dietro ai miei compagni di squadra Davide Ballerini e Florian Sénéchal. Questa è l’ultima cosa che ricordo. Tutto quello che segue è vuoto".

In realtà la memoria del 24enne ciclista olandese ha registrato anche altro: "Il mio compagno di squadra Florian si è precipitato in mio aiuto. Mi ha visto sdraiato sull’asfalto, circondato da barriere crollate. C’era sangue ovunque. Le altre persone presenti non hanno fatto nulla: sono rimaste troppo scioccate da quello che mi era accaduto. Florian ha notato che stavo soffocando nel mio stesso sangue. Non riuscivo a muovermi, ha visto il panico nei miei occhi e mi ha sollevato un po' la testa per fare in modo che il sangue potesse scendere".

La paura di morire e il rapporto con Groenewegen

Dopo il drammatico incidente, Jakobsen è stato in coma e in pericolo di vita: "Ho pensato ‘è finita, morirò oggi' almeno 50, 100 volte. Non stavo morendo, ma mi sentivo come se fosse arrivata la mia ora. Sono stati i giorni più lunghi della mia vita e preferirei correre 3 grandi giri consecutivi, senza pausa, che fare ancora un solo altro giorno in terapia intensiva. In ospedale è venuto a trovarmi anche un prete, non sono credente ma volevo proprio vivere".

"Da un lato incolpo Groenewegen, dall’altro mi dispiace per me e per lui. Siamo due artisti della velocità, e il nostro sarebbe stato un duello destinato a durare. Oggi però, onestamente, è difficile comprendere quello che ha fatto. Avrebbe dovuto considerare le conseguenze delle sue azioni, siamo uomini, non animali. Recentemente mi ha chiesto di incontrarci, so che lui vuole sollevarsi da questo peso ma io non sono pronto. So che è vittima di tante cattiverie e spero di tornare presto, sarebbe un bene per me e anche per lui, così potremmo lasciarci tutto questo alle spalle. Quando tornerò? I dottori e il mio preparatore non hanno stabilito una data per il mio rientro alle corse – ha concluso l'olandese – Mi dicono di non accelerare il processo, di fare tutto passo dopo passo. Spero di essere pronto a marzo, quando la stagione ripartirà, ma è più realistico che accada in agosto".

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