29 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

L’altro lato del modello Atalanta: così gonfia la bolla delle plusvalenze nel calcio italiano

Nonostante l’approdo in Champions League, i conti dell’Atalanta restano fortemente legati alle operazioni di mercato, spesso incrociate con le big della Serie A in veri e propri scambi di plusvalenze. Senza le cessioni dei propri gioielli, nell’ultimo quadriennio, le perdite avrebbero sfiorato i 50 milioni di euro.
A cura di Benedetto Giardina
29 CONDIVISIONI
Immagine

50 milioni per Cristian Romero. Il mercato estivo regala all’Atalanta l'ennesima plusvalenza, quella che i bergamaschi stanno per realizzare con la cessione del difensore argentino al Tottenham. Un'operazione che ricalca altre grandi vendite del passato per la Dea, il cui progetto ha raggiunto ormai livelli d’eccellenza sul campo, per di più con i conti sempre in ordine. Ma cosa direbbero i bilanci del club orobico senza la carrellata di plusvalenze ottenute ogni anno? Nel quadriennio europeo, segnato dalle qualificazioni in Europa League e Champions League, l’Atalanta ha contabilizzato oltre 178 milioni di plusvalenze grazie alla cessione dei propri gioielli. Senza queste operazioni, dal 2017 al 2020, le perdite avrebbero sfiorato i 50 milioni di euro. Il tutto con ricavi in continuo aumento, grazie alle ottime campagne europee.

Quanto avrebbe perso l’Atalanta senza plusvalenze

Il 2020, per l'Atalanta, è stato il quinto anno di fila chiuso con un utile. Tolto il 2016, in cui il risultato fu sostanzialmente in parità (con un utile netto di poco inferiore ai 257 mila euro), gli anni europei della Dea si sono chiusi sempre con risultati positivi superiori ai 20 milioni di euro, fino ad arrivare al record dell'ultimo anno. Nel 2020, infatti, il club bergamasco ha chiuso l'esercizio con profitti pari a 51,7 milioni di euro, nonostante l'impatto del Covid-19 sui conti societari. Tutto merito della Champions League? Non proprio. Perché a rendere possibile il quinto utile consecutivo sono state, ancora una volta, le plusvalenze. Quelle che hanno da sempre segnato il modello Atalanta, storicamente vivaio di giovani da lanciare e rivendere in giro per l'Europa. Pur avendo alzato l'asticella degli obiettivi sul campo, il modus operandi degli orobici non è cambiato: non ci sono giocatori incedibili, se arriva l'offerta giusta. Il resto sta tutto nella bravura di Sartori e della sua squadra, nell'individuare sempre i giusti sostituti.

Immagine

Senza le plusvalenze, però, l'Atalanta sarebbe in rosso fisso. E non solo nel 2020, ma in tutto il quadriennio in cui in nerazzurri hanno giocato nelle competizioni Uefa. Nel 2017, anno della prima qualificazione in Europa League, il club di Percassi ha chiuso il bilancio con un utile di 26,7 milioni e 46,7 milioni di plusvalenze. Senza le cessioni sul mercato, dunque, l'Atalanta avrebbe avuto perdite per 20 milioni di euro. L'anno successivo, sempre in Europa League, utili e plusvalenze sono pressoché identici: rispettivamente 24,4 e 24,2 milioni di euro. Non appena la Dea inizia a sentire l'inno della Champions League, ecco che i ricavi si impennano e, di conseguenza, aumentano anche gli utili. Nel 2019 l'esercizio si chiude ancora in attivo, per 26,5 milioni, ma senza i 38,8 milioni di euro iscritti alla voce plusvalenze non sarebbe stato possibile. Oltre 12 milioni di differenza, dunque, tra utile e plusvalenze. Un trend proseguito anche nel 2020, con 51,7 milioni di utile raggiunto grazie a 68,5 milioni di plusvalenze, ovvero una differenza di 16,8 milioni. In totale, nell'ultimo quadriennio, i 129,3 milioni di utili registrati dall'Atalanta trovano la loro base su plusvalenze complessive pari a 178,2 milioni. Senza la cessione dei propri gioielli, i bergamaschi avrebbero dovuto far fronte a perdite per 48,9 milioni di euro.

Quali plusvalenze ha fatto l’Atalanta in questi anni?

Le plusvalenze più corpose, in questi quattro anni, l'Atalanta le ha realizzate in quattro direzioni: Inter, Juventus, Milan e Roma. Tolto Castagne, ceduto al Leicester nell'estate del 2020, tutte le plusvalenze superiori ai 10 milioni di euro riguardano cessioni a una di queste quattro società. Cessioni che quasi sempre hanno visto entrare in gioco contropartite tecniche o, al massimo, altre operazioni di mercato con gli stessi club. A partire da quelle messe a bilancio nel 2017: 10,6 milioni dalla cessione di Bastoni all’Inter, 14,9 milioni dalla cessione di Caldara alla Juventus e 20,4 milioni dalla cessione di Conti al Milan. Nel 2018 è il turno di Gagliardini, ancora all’Inter, per una plusvalenza da 20,4 milioni, mentre il 2019 “premia” Cristante (alla Roma, 11,9 milioni di plusvalenza) e Kessié (al Milan, 17,3 milioni di plusvalenza). Nel 2020, oltre alla plusvalenza da 17,5 milioni per Castagne al Leicester, l’Atalanta contabilizza il passaggio di Kulusevski alla Juventus (plusvalenza da 34,3 milioni) e Mancini alla Roma (12,7 milioni di plusvalenza). Questo giusto per citare le operazioni più remunerative.

Immagine

Le plusvalenze incrociate tra l’Atalanta e le big

Nello specifico, però, come vanno valutate le plusvalenze dell’Atalanta? Partiamo da Bastoni, a cui l’Inter ha assegnato un costo storico pari a 30,9 milioni (infatti i bergamaschi hanno successivamente messo in conto valorizzazioni per 5 milioni e l’esercizio della contropzione per 15 milioni). Nel periodo in cui si è completata l’operazione di trasferimento definitivo del difensore, l’Atalanta ha prelevato dall’Inter tre Primavera: Bettella per circa 7 milioni (plusvalenza da 6,95 milioni) e Carraro per circa 5 milioni (plusvalenza da 4,45 milioni) vengono contabilizzati nel 2019, più Eguelfi (contabilizzato nel 2018) per il quale l’Inter segna una plusvalenza da 4,8 milioni. In pratica l’Inter dall’operazione realizza plusvalenze totali per oltre 16 milioni di euro e dei 30,9 milioni di valutazione per Bastoni, circa 17 milioni sono cartellini di altri giocatori. Allo stesso modo, ma con importi nettamente inferiori, l’Atalanta ha agito col Milan nell’affare Conti: i rossoneri mettono a bilancio un costo pari a 24,2 milioni, i nerazzurri segnano una plusvalenza da 20,4 milioni e nella stessa sessione di mercato acquistano dal Milan il centrocampista Pessina per 1,5 milioni (contestualmente alla cessione di Conti) e l’attaccante Vido (sei giorni prima) per un milione, mettendo a bilancio poco più di 2 milioni di plusvalenze.

Altra sessione di mercato, altra plusvalenza con scambio. La cessione di Cristante alla Roma viene contabilizzata nel 2019, così come l’acquisto dai capitolini di Tumminello. Costo del centrocampista per i giallorossi: 27,6 milioni. Costo dell’attaccante per i nerazzurri: 5 milioni, con plusvalenza romanista da 4,5 milioni. Se la Roma avesse pagato Cristante 22,6 milioni, l’Atalanta avrebbe segnato una plusvalenza di poco inferiore ai 7 milioni (contro i quasi 12 milioni realizzati). L’operazione più recente, infine, è quella che ha portato Kulusevski alla Juventus. Affare da 35 milioni con plusvalenza da 34,3 milioni di euro, ma nella stessa sessione di mercato i bergamaschi rilevano in prestito oneroso (per 2 milioni di euro) il difensore Romero dai bianconeri. Un importo che può incrementare di ulteriori 2 milioni, con riscatto fissato a 16 milioni. In più, l’Atalanta sottoscrive un preliminare per l’acquisizione di Muratore dalla Primavera juventina, valutato 7 milioni di euro (con 6,67 milioni di plusvalenza a favore del club torinese). Se tutte le condizioni si realizzano, la Juventus avrà coperto con i cartellini di due giocatori 27 milioni su 35 di valutazione complessiva per Kulusevski.

I cartellini di questi giocatori, in totale, sono stati valutati per quasi 114 milioni di euro. Se si aggiungono Kessie e Mancini, ceduti rispettivamente a Milan e Roma, si arrivano a sfiorare i 144 milioni complessivi. Di contro, però, dalle casse dell’Atalanta sono “usciti” 34,5 milioni più altri potenziali 18 milioni tra bonus e riscatto di Romero. Uno scambio continuo che ha permesso ai bergamaschi di tenere i conti in ordine e alle big di non dissanguarsi al momento di pescare tra i gioielli del vivaio nerazzurro. Così facendo, però, si alimenta una bolla che in tutto il calcio italiano ha un peso pari al 21% dell’intera produzione. Nel 2019, stando al ReportCalcio pubblicato dalla Figc, le plusvalenze prodotte dai club professionistici si sono mantenute oltre i 750 milioni di euro (pur essendo in leggero calo) con un aumento del 64% in dieci anni. E l’Atalanta, nonostante l’approdo in Champions League, continua ad averne bisogno.

29 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views