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L’agguato ad Hamraoui apre un mondo sullo spogliatoio del PSG: telefonate anonime, minacce, sospetti

Le rivelazioni emerse dalle indagini sull’aggressione alla giocatrice del PSG femminile, Kheira Hamraoui. Prolungato il fermo della compagna di squadra, Aminata Diallo.
A cura di Maurizio De Santis
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Aminata Diallo e Kheira Hamraoui del Psg
Aminata Diallo e Kheira Hamraoui del Psg

Minacce, tensioni interne, sospetti e una strana voglia di vendetta da consumare a ogni costo. È in questo brutto clima che matura l'aggressione alla giocatrice del Paris Saint-Germain, Kheira Hamraoui, per la quale è stata arrestata la compagna di squadra, Aminata Diallo (il fermo è stato prolungato di altre 24 ore). La ricostruzione fatta dagli inquirenti è partita da una normale indagine di cronaca, mai nessuno avrebbe immaginato che dietro quel grave episodio ci fosse anche gelosia sportiva così esasperata da ordire un piano altrettanto violento, una sorta di regolamento di conti legato anche vicende del passato.

Il movente e i protagonisti dell'aggressione

Il movente: eliminare la concorrenza interna e avere maggiori opportunità per andare in campo (come accaduto in occasione della partita di Champions tra Psg e Real Madrid). Tre le figure chiave della vicenda: la vittima (Hamraoui, 31 anni) tornata al Psg dopo 5 anni trascorsi tra Olympique Lyonnais e il Barcellona, non ben vista da tutto il gruppo, esclusa dal match di Coppa per "ragioni personali" ma in realtà messa fuori combattimento da lesioni alle gambe e agli arti inferiori subite a colpi di spranga; la presunta mandante della spedizione punitiva (Diallo, 27 anni); il basista, il 34enne che si è occupato di alcuni aspetti organizzativi e ha partecipato lui stesso all'aggressione; gli esecutori materiali (erano in due), quelli che in gergo della cronaca sono descritti come i "killer" prezzolati (in due hanno messo in atto l'agguato).

Le indagini all'interno del PSG femminile

La verifica del traffico telefonico, l'analisi della frequenza delle chiamate e del luogo da cui sono partite, la denuncia di altre calciatrici che hanno lamentato contatti sospetti, telefonate minatorie, ha permesso agli investigatori di triangolare le celle agganciate e risalire al luogo da cui tutto è partito: nei pressi di Lione, in un posto non molto distante dal carcere di Lyon-Corbas dov'è detenuto un amico di Aminata Diallo, condannato per estorsione. Tra i due il legame sarebbe stato anche più stretto, pure questo aspetto è oggetto di verifica ulteriore poiché la stessa Diallo nega ogni coinvolgimento. È così che la polizia, accertata non si trattasse solo di un tentativo di rapina, convinta ci fosse una sorta di complice all'interno spogliatoio, è riuscita a risalire alla centrocampista del Psg.

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La trappola scatta dopo cena con un normale passaggio in auto

Tutti i tasselli del mosaico combaciano, come mostrato anche dalle verifiche fatte sulla dinamica dell'attacco verificatosi giovedì 4 novembre. A pochi giorni dalla sfida con le merengues, squadra e staff del Psg vanno a cena in un ristorante vicino al Bois de Boulogne. Al termine della serata Aminata Diallo invita Kheira Hamraoui, le dà un passaggio in auto per accompagnarla a casa. Un gesto molto usuale tra due amiche che hanno fatto anche qualche vacanza insieme. Non sono sole, c'è anche un'altra compagna. Ma qualcosa non convince, a cominciare dal percorso fatto: sarebbe stato più agevole arrivare a casa di Hamraoui e poi dell'altra calciatrice ma la strada scelta è un'altra. Fa il giro più largo. È in quel momento che scatta la trappola, manca solo l'atto finale: nei pressi dell'abitazione di Hamraoui, la vettura viene bloccata da due malviventi col volto coperto: l'uno blocca Aminata, l'altro picchia con forza Kheira. L'una, tornerà a casa sana e salva, andrà in campo contro il Real Madrid. L'altra sarà ricoverata in stato di shock all’ospedale di Poissy e non sarà in condizione di giocare.

Tensione e sospetti: il brutto clima in rosa

Paura, sospetti e la sensazione di sentirsi spiate, braccate. Nel corredo accessorio di quei momenti scaturiti prima dalle minacce e poi dall'aggressione nello spogliatoio del Psg si vivono sentimenti e reazioni contrastanti. L'ipotesi che ci fosse qualcuno all'interno del gruppo dietro questa storia è sempre stata molto forte – come scritto dal quotidiano L'Equipe -. Un dettaglio s'era fatto largo nel cuore delle giocatrici partendo da un indizio: in pochi conoscevano l'indirizzo dell'abitazione di Hamraoui (dove gli aggressori la stavano aspettando). L'ambiente resta scosso, il Psg sente puzza di scandalo per un episodio che rischia di arrecare al club un danno incalcolabile in termine d'immagine.

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