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La noia bagna Napoli, a ottobre rischia già di essere fuori dalla corsa scudetto

Aspettare di conquistare qualcosa che non sia “una buona qualificazione in Coppa”, ha stancato. La sconfitta con il Cagliari (la seconda in cinque giornate) ha alimentato tutte le perplessità sulle possibilità di vittoria degli azzurri. Magari si raggiungono i quarti di Champions League, si vince contro qualche squadrone (come contro il Liverpool), si riesce anche a battere la Juve nella partita di ritorno, ma la quasi certa consapevolezza che non si vincerà neanche quest’anno purtroppo annoia, c’è poco da fare.
A cura di Jvan Sica
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Fra le tantissime eredità da custodire gelosamente che le Universiadi hanno lasciato alla città di Napoli ci sono i seggiolini dello stadio San Paolo. Guardare oggi lo stadio completamente vuoto è un spettacolo nuovo e per fortuna decente e quegli scranni colorati creano un’atmosfera molto più calda e accogliente rispetto alla situazione precedente, creano un effetto ottico tale da smorzare l'impatto che regala un impianto con larghi vuoti sugli spalti.

Andiamo ai numeri. Se alla prima partita contro la Sampdoria gli spettatori sono stati ben 48.434, corsi allo stadio alla prima partita in casa dopo i lunghi lavori di messa a punto, contro il Cagliari erano 25.408. La partita era di mercoledì sera e questo non aiuta. Se questo dato già promette male, scoprire che contro i campioni d’Europa del Liverpool gli spettatori sono stati solo 38.787 e che solo grazie a quei seggiolini dalle sfumature così morbide in televisione si è potuto assistere ad uno spettacolo “caldo”, allora bisogna iniziare a preoccuparsi.

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A questi numeri poi bisogna aggiungere ‘l’ecosistema napoletano', che vive da anni di passione per la propria squadra e analizzare a che livello questa passione è. Nei bar, in strada e in qualsiasi altro luogo della città si è sempre parlato della squadra partenopea. Oggi, il metodo di analisi è poco scientifico ma c’è da fidarsi, la passione di anche pochi anni fa è scemata. A cosa è dovuta questa freddezza? I motivi possono essere tanti e intervistando i tifosi ne emergono parecchi.

  • Il primo è che le dittature a lungo andare sfiancano anche i ribelli più arditi. Se non fai la rivoluzione quando è il momento, poi ti adegui e vegeti per tanti anni ancora. Fuor di metafora storico-politica, una Juve che vince senza soluzione di continuità per otto anni ha creato una sorta di sensazione d’impossibilità che purtroppo allontana i molti e magari fa tenere abbarbicato alla squadra solo il tifoso vero, colui che respira Napoli senza se e senza ma. Iniziare un campionato sapendo già, bene o male, la tua posizione finale non emoziona più. Resta il gioco, i tuoi campioni, la bellezza della tattica o della tecnica. Ma se domenica prossima c’è il sole un pensiero in più ad andare a Marechiaro per gli ultimi bagni invece che a vedere il Brescia io lo faccio serenamente. Tanto quanto può cambiare della stagione?
  • A questo si unisce che, dopo il primo tempo contro la Juve e la sconfitta contro il Cagliari, anche questo scudetto sembra già andato. In città si diceva che se il Napoli avesse perso contro la Fiorentina e la Juve alle prime due di campionato, la stagione sarebbe praticamente già finita. In questo momento non ci siamo troppo lontani. Magari si raggiungono i quarti di Champions League, si vince contro qualche squadrone, come contro il Liverpool, si riesce anche a battere la Juve nella partita di ritorno, ma la quasi certa consapevolezza che non si vincerà neanche quest’anno annoia purtroppo, c’è poco da fare.
  • Terzo motivo, la stupida ma umana troppo umana esigenza circense, che la campagna acquisti di De Laurentiis ormai non dà più dai tempi di Higuain. Lo sanno tutti, dal professore di robotica al parcheggiatore abusivo che bisogna comprare giocatori funzionali, giovani forti come Elmas e Lozano rivendibili poi alle grandi d’Europa, che si deve stare molto attenti al bilancio per non scomparire in un attimo, eppure il desiderio del campione che bagna Napoli è insopprimibile. Si è scioccamente non aziendalisti e utopisti, si sa, eppure il sogno infranto dei tanti campioni che Napoli tocca per non afferrarli mai è un altro motivo di stanchezza.
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C’è un altro motivo poi, antropologicamente inconscio, che è soprattutto della città partenopea. Napoli è una delle città italiane che da sempre e ancora oggi ha una differenziazione sociale terribile e netta. La borghesia cuscinetto a Napoli non esiste. Se ne sono accorti tanti degli scrittori che hanno parlato della città, dalla Ortese a Malaparte. Napoli è aristocrazia o popolo, senza tanti pioli ad unire questo baratro. Vedere allora una squadra che si accomoda nel salotto borghese del calcio italiano ed europeo che non sfida davvero il potere per vincere almeno una volta è per tanti insopportabile. Storicamente i napoletani non sanno aspettare. L’estremo ha condannato la città all’invivibilità in molte parti di essa. Ma l’ha anche colorata di bellezza. Aspettare di conquistare qualcosa che non sia “una buona qualificazione in Champions League”, ha stancato.

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