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Allegri ha un sospetto su alcuni calciatori della Juve: qualcuno pagherà, annuncio nella notte

Tra le righe è il messaggio che si può leggere nelle parole del tecnico dopo la sconfitta mortificante in Champions col Maccabi. Allegri ha incassato la fiducia di Agnelli è stretto tra due fuochi. Una condizione spacca tutto, nella quale ha perso il controllo della squadra.
A cura di Maurizio De Santis
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La delusione di Massimiliano Allegri dopo la sconfitta in Champions: la Juventus è quasi fuori dalla Coppa, squadra sotto accusa.
La delusione di Massimiliano Allegri dopo la sconfitta in Champions: la Juventus è quasi fuori dalla Coppa, squadra sotto accusa.

Non è la sua squadra. Questa Juventus che prende scoppole a destra e a manca, che ha un piede e mezzo fuori dalla Champions League, che gioca un primo tempo confusa, raffazzonata, sfilacciata è altro rispetto a quella che aveva in mente. Massimiliano Allegri lo ripete da un mese a questa parte e lo ribadisce anche dopo il Maccabi. Non è solo questione di assenze che pesano, calciatori che vengono a mancare perché l'usura del tempo li ha ridimensionati e resi fragili (Di Maria s'è fermato di nuovo), una rosa con tante spine (la gestione di Pogba, quella più dolorosa). No, c'è dell'altro.

C'è di peggio perché la sconfitta e la prestazione in Coppa segnano un punto di non ritorno. È stato umiliante. La conferma che, toccato il fondo, i giocatori hanno continuato a scavare quasi a voler seppellire il momento traumatico e lo stesso Allegri. Alla vigilia dell'incontro il tecnico aveva menzionato il discorso fatto ai giocatori raccolti nel cerchio di centrocampo prima della rifinitura. Aveva parlato di errori da non commettere più, fatto leva sul concetto di squadra, sulla mentalità da Juve che è un'altra cosa, alla personalità che manca. Aveva provato a stimolare tutti con parole decise e d'orgoglio.

Allegri urla indicazioni alla squadra ma col Maccabi i bianconeri giocano una partita incolore e, ancora una volta, al di sotto delle attese nonostante l'importanza della posta in palio.
Allegri urla indicazioni alla squadra ma col Maccabi i bianconeri giocano una partita incolore e, ancora una volta, al di sotto delle attese nonostante l'importanza della posta in palio.

Se l'effetto è la prova incolore in Europa la realtà dei fatti l'ha messo di fronte a un'accolita che barcolla, procede a tentoni, è fuori controllo. Che non lo segue più. "Se perdiamo ogni tackle non è colpa dell’allenatore", s'è lasciato sfuggire nelle interviste confermando la decisione di spedire tutti in ritiro fino al derby col Torino e sentirsi in grado di sbrogliare la matassa rigettando ogni ipotesi di dimissioni. Parole che fanno il paio con quel "giochiamo all'indietro" pronunciato dopo il ko di San Siro col Milan.

Frasi che ribadiscono la sua posizione tra due fuochi: da un lato i calciatori che fanno fatica a recepire le sue indicazioni (il gesto del suo vice, Landucci, al Meazza è sembrato una resa), dall'altro una dirigenza che lo tiene in sella perché cambiare adesso, a un mese dalla pausa prima dei Mondiali, serve a nulla. Ma che Allegri possa restare fino alla scadenza del contratto (2025) è un azzardo da scommettitori incalliti, non da manager d'azienda. Non lo è invece l'impressione che una data per l'esonero vi sia già così come sia stato già individuato il prossimo tecnico (il ritardo del rinnovo di Conte col Tottenham è un altro segnale) a cui affidare la rifondazione.

Dusan Vlahovic e Angel Di Maria tra i protagonisti in negativo anche in Coppa. L'argentino ha anche riportato un infortunio muscolare.
Dusan Vlahovic e Angel Di Maria tra i protagonisti in negativo anche in Coppa. L'argentino ha anche riportato un infortunio muscolare.

"Per quanto riguarda i giocatori che seguono o non seguono – è la riflessione di Allegri dopo il Maccabi -. Quando rientreremo, stando lì in ritiro, vedremo chi sono quelli disponibili ad avere un atteggiamento diverso, che è la cosa che conta. Tutti insieme bisogna uscirne e farlo da squadra. Altrimenti un giorno fa bene uno, un giorno fa bene un altro. E su questo bisogna lavorare". 

Qualcuno pagherà. Non lo dice chiaramente ma tra le righe è questo il messaggio che si può leggere. E ribadisce la propria cocente delusione, tormentato dalla visione di una squadra che nel primo tempo "non può giocare in quel modo, non può non giocare da squadra, da Juventus".

Un contesto da cazzotto nello stomaco e groppo in gola. Devastante per un club che per tradizione è un monolite ma dallo spogliatoio fino al vertice non lo è più considerate le varie anime (Maurizio Arrivabene, nuovo centro del potere, e Pavel Nedved) che hanno visioni differenti sul quadro tecnico. Il tweet sibillino di Lapo Elkann (senza parole, solo tre puntini sospensivi) si presta a molte interpretazioni, nessuna positiva ma con una certezza: la fiducia rinnovata all'allenatore da parte di Andrea Agnelli è un boccone da mandare giù turando il naso.

"Col presidente parlo tutti i giorni, ha detto parole importanti alla squadra", dice Allegri. E se dopo il tonfo allo Stadium col Benfica non sono bastati le urla e la ‘furia ceca' abbattutasi sulla squadra, ora l'intervento diretto del presidente mette tutti spalle al muro. Lo sono anche lui e il suo calcio semplice a cui nessuno più crede. La crepa s'è aperta e s'allarga, gli scricchiolii sono preoccupanti.

A capo chino e scuro in volto: Allegri incassa la fiducia del presidente Agnelli ma intuisce che c'è una data già cerchiata in rosso, è quando avverrà il suo esonero.
A capo chino e scuro in volto: Allegri incassa la fiducia del presidente Agnelli ma intuisce che c'è una data già cerchiata in rosso, è quando avverrà il suo esonero.

Una condizione spacca tutto: dalla rosa, tra chi il tecnico non lo sopporta più (o non lo ha mai sopportato, il labiale di Angel Di Maria è iconico) e altri (pochi) che gli sono ancora fedeli ma non hanno lo stesso peso dei ‘senatori' di un tempo, fino alla proprietà (qualcosa è trapelato anche nel discorso di Agnelli). "Bisogna stare solo zitti, lavorare e uscire da questa situazione – Allegri lo ha ripetuto anche ieri sera -. Manca cuore e passione. Giochiamo troppo singolarmente, dobbiamo tornare ad essere squadra".

Una circostanza che dà l'esatta dimensione del buco nero in cui è piombato un gruppo che a metà ottobre – a leggere i numeri attuali – si ritrova a fare i conti con un disastro sportivo mortificante. Lotta scudetto che a parlarne rischi di essere preso per matto per il -10 dalla vetta. Quarto posto a -7 , gela il sangue nelle vene ed è da infarto al solo pensiero sui riflessi a bilancio di una mancata qualificata in Champions. In fondo alla Coppa c'è un intruglio alla cicuta che avvelena tutto l'ambiente dopo la figuraccia di martedì sera. Qualcuno lo berrà. Qualcuno pagherà.

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