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Lebron James è l’unico atleta che a 36 anni fa parlare del futuro e non del passato

Lebron James è stato tutto, da “The Chosen One” a perdente, da “The King” a supereroe. In questi 17 anni ha costruito un racconto e ha impostato una legacy che non tramonterà mai. Ma oggi che compie 36 anni e parliamo ancora del suo futuro in NBA, un mistero e un miracolo che solo a lui poteva riuscire.
A cura di Jvan Sica
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Due sere fa quell’atleta incredibile che risponde al nome di Derrick Jones Jr stoppa con un salto spaziale un appoggio al vetro di Lebron James. Lo Staples Center, già freddo di suo per la mancanza degli spettatori, si è completamente ghiacciato perché subire una stoppata del genere da parte di Lebron non accade quasi mai e quando succede sembra sempre essere un atto al limite della lesa maestà.

Alcuni buontemponi sui social hanno subito attaccato la tiritera che il tempo passa per tutti, che gli anni sono quelli che sono, l’esplosività non è quella di un tempo e così via, cancellando in un attimo tutto quello che Lebron ha fatto appena due mesi fa nella bolla di Orlando, vincendo ancora una volta il titolo NBA.

Per fortuna tutto questo durerà poco, un po’ perché James a volte cerca queste nuove sfide e nuovi affronti atletici per spingersi un po’ più in là, un po’ perché Lebron James è davvero l’unico atleta di 36 anni nella storia dello sport mondiale che fa parlare ancora del suo futuro e non solo del presente o del passato.

Oggi compie 36 anni e intorno a lui le discussioni sono sul tono: “Che squadra i Los Angeles Lakers gli stanno creando intorno per i prossimi anni?”. “Con Anthony Davis è da qui ai prossimi anni la coppia migliore della NBA”. “Questo è il miglior roster che ha mai avuto e può dettare legge” e così via. Stiamo parlando di un trentaseienne nella competizione sportiva in cui la fisicità è esasperata e portata ai massimi livelli. Quindi è un miracolo, non si può dire altrimenti.

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James nei suoi 17 anni di carriera è stato una marea di cose. All’inizio era The Chosen One, come scrisse Sports Illustrated dedicandogli la copertina del numero del 18 febbraio 2002. Con quel peso sulla schiena è riuscito a portare Cleveland ai playoff dal 2006 al 2010, riuscendo ad arriva alle Finals solo nel 2007 dove viene schiantato dai San Antonio Spurs per 4-0. Diventa quindi l’esempio del campionissimo che non sa vincere e forse non vincerà mai. Passa ai Miami Heat nel 2011 e perde subito le Finals contro i Dallas Mavericks nonostante in squadra abbia anche Wade, Bosh e tanti altri ottimi giocatori.

Diventa in tutti i sensi il Perdente per antonomasia, ma bisognava aspettare solo 12 mesi. I due successivi titoli NBA sono di quello che diventerà “The King”. Dura poco anche in questo caso, perché Miami perde contro i San Antonio Spurs e lui torna ad essere il cestista che può vincere solo quando tutto va per il verso giusto, basta un piccolo problema e Lebron perde di nuovo.

Nell’estate del 2014 diventa il figliol prodigo, tornando a Cleveland con un colpo di scena davvero inaspettato. Ha una squadra al limite dell’orribile, con il solo Kyrie Irving a fargli da spalla. Dall’altra parte c’è una delle squadre migliori di tutti i tempi, i Golden State Warrios. Perderà tanto contro di loro ma con un colpo di mano storico riesce a vincere nel 2016, urlando alla sua città: “Cleveland, this is for you!”. Nei due anni successivi perde contro Warriors ingiocabili e da supereroe che è riuscito a vincere contro i mostri passa subito ad essere vecchio.

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Passa allora ai Los Angeles Lakers e tutti, soprattutto dopo il primo anno senza playoff, lo marchiano: “Buono per fare i film a Hollywood”. L’anno dopo, come ovvio che sia, vince il titolo nella bolla di Orlando, da MVP delle Finals. Ritorna ad essere “Il più grande (insieme all’altro, ma non è detto)”.

Oggi, ripetiamo ancora una volta incredibilmente, si ragiona ancora su cosa potrà essere e non solo su quello che Lebron è ed è stato. Gli amanti dello sport non possono che esserne felici perché uno come Lebron non sai mai quando potrebbe tornare un’altra volta.

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