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Lo sfogo di Simone Giannelli: “In Italia solo calcio, è scandaloso verso gli altri sport”

Simone Giannelli è il capitano dell’Italvolley che è tornata sul trono d’Europa e del mondo in un solo anno: a Fanpage.it ha raccontato come è cambiato il gruppo azzurro negli ultimi mesi e spiegato il malessere per come l’Italia tratta gli sport diversi dal calcio.
A cura di Vito Lamorte
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Simone Giannelli viene considerato da molti il giocatore più forte al mondo. A 26 anni ha vinto quasi tutto quello che c’era da vincere con la Nazionale Italiana ma non ha nessuna intenzione di fermarsi: "Voglio continuare a stare in Nazionale, perché quella è sempre una conquista, e poi cercare di mantenere in alto il nome dell’Italia".

Gli ultimi mondiali lo hanno dimostrato una volta in più, ma chi segue il volley tutto l'anno sa che gli standard del palleggiatore della Sir Safety Perugia sono sempre altissimi e la qualità della sue giocate mette sempre a dura prova gli avversari. Giannelli è un classe 1996 ma sta in campo come un veterano e la fascia da capitano della Nazionale è arrivata proprio per questo: oltre ad essere l'unico reduce dall'argento di Rio de Janeiro del 2016, Simone riesce ad essere sempre freddissimo in campo e a conferire tranquillità anche ai compagni. Una vera e propria guida, tecnica e temperamentale.

Il gruppo di Fefé De Giorgi viene spesso paragonato alla ‘generazione dei fenomeni' ma Giannelli è andato oltre questa inflazionata similitudine e ha regalato un'altra lettura che non tutti avevano colto agli ultimi Mondiali: "Per me i paragoni non stanno né in cielo né in terra perché siamo persone completamente diverse l’una dall’altra e sono periodi diversi. Quello che mi ha fatto piacere ai Mondiali è stata la vicinanza di quella generazione alla squadra ed è una cosa che non percepivo prima".

Il capitano della Nazionale Italiana di volley a Fanpage.it ha raccontato come è cambiato il gruppo azzurro negli ultimi mesi e in che modo è riuscito a prendersi il trono d'Europa e del mondo.

Nel 2022 è riuscito a vincere due titoli, Coppa Italia e Supercoppa, che non aveva mai vinto prima: che stagione sarà la seconda con Perugia? 
"Sono contento perché sono due titoli a cui andavo vicinai ma non riuscivo ad ottenerli. Ma, come dico sempre, sono già passate. Siamo contenti ma bisogna andare avanti e continuare a migliorare per vincere ancora".

Cosa è cambiato dopo Tokyo e cosa vuol dire vincere Europeo e Mondiale in un anno?
"Sicuramente non ci credeva nessuno e questa è stata anche la parte più bella, perché quando vinci sono tutti sul carro mentre quando perdi sono lì a giudicare. Lo sport è fatto anche di questo, ed è giusto, ma è bello perché abbiamo fatto delle cose che hanno stupito tutti. Sono cambiate tante cose, c’è stato un ricambio generazionale e io sono l’unico rimasto dall’argento di Rio. Sono arrivati tanti giovani, è cambiato il coach ed è arrivata una ventata di cose nuove che ci ha aiutato. Poi ogni manifestazione ha la propria storia: ci vuole un po’ di fortuna, un po’ di coraggio e tante componenti che sono state dalla nostra parte. Per questo abbiamo fatto due cose incredibili ".

È in Nazionale dal 2015: quali sono le differenze tra questa selezione e quelle in cui ha militato prima? C’era più pressione?
"Io sono quello che mette più pressione sul sottoscritto e questo è il primo mio allenamento. Sono molto esigente da me stesso. Questo mi permette di vedere le critiche che vengono da fuori mi toccano molto meno. La pressione c’è sempre e con il gruppo giovane puoi risentirne ancora di più ma abbiamo vinto un Mondiale da campioni d’Europa in carica, quindi questo dimostra che siamo riusciti a gestirle in un certo modo. È un gruppo che si diverte e ci diamo una mano l’un l’altro per stare tranquilli e forse questo ci aiuta a fare bene in campo".

Questa squadra è cambiata rispetto alla prima vittoria oppure è rimasta la stessa? 
"Essendo capitano io cerco di dire sempre ai miei compagni di guardare avanti. Abbiamo scritto la storia della pallavolo: erano 24 anni che non si vinceva un Mondiale e l’abbiamo riportato l’Italia dove l’aveva portata la ‘generazione dei fenomeni’; abbiamo vinto l’Europeo dopo 16 anni e quindi abbiano scritto la storia. Bisogna essere persone semplici e non bisogna cambiare per i risultati. Per i tifosi bisogna sempre vincere ma non è così perché c’è modo e modo di vincere e di perdere",

È stato premiato come MVP sia all’Europeo che al Mondiale: cosa vuol dire essere il miglior giocatore del mondo?
"Fa piacere però sono più contento del risultato della squadra. Quando vinci due manifestazioni del genere ognuno di noi poteva prendere quel premio lì. Poi è una questione anche di gusto alla fine di quelli che votano ma se penso che al Mondiale Daniele Lavia non ha preso nessun premio e se lo meritava perché ha giocato ad un livello incredibile e ci ha fatto vincere tante partite. Io preferisco più i premi di squadra e faccio pallavolo per quello, sennò avrei giocato a tennis e mi sarei preso tutto io sulle spalle. Fa piacere ma sono più orgoglioso della medaglia che abbiamo preso tutti".

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È diventato virale il video di una sua reazione ad una provocazione della Polonia dopo un muro vincente. Che cosa hai pensato in quel momento?
"Loro erano sotto 2-1 e mi aveva appena murato. Voleva fare un po’ di bagarre per provare a deconcentrarci ma io credo di averla interpretata in maniera corretta perché ho stoppato tutti, visto che erano partiti anche quelli dalla panca. Li ho calmati e poi sono arrivate le occasioni che non mi sono fatto scappare. In questo modo gli ho fatto capire che ero lì per vincere e null’altro. Credo l’abbia capito“.

I paragoni con la ‘generazione Velasco’ sono un peso o uno sprone a fare sempre di più?
"Per me i paragoni non stanno né in cielo né in terra perché siamo persone completamente diverse l’una dall’altra e sono periodi diversi. Credo sia poco rispettoso per noi e per loro. Ognuno cerca di rappresentare al meglio la nazionale. Per me non è un peso, perché non mi ci vedo proprio. Quello che mi ha fatto piacere, in questo Mondiale qua, è stata la vicinanza di quella generazione alla squadra ed è una cosa che non percepivo prima. Li ho sentiti vicini e li ringrazio tutti perché è stato fondamentale e ho capito che remavamo tutti dalla stessa parte".

La vostra impresa storica per lo sport italiano ha trovato angoli marginali delle prime pagine tra calcio e polemiche arbitrali: come ha vissuto questa vicenda?
"Per me è stato abbastanza scandaloso, sono sincero. Non ho condiviso questa cosa perché ogni volta che una nazionale, di qualsiasi sport, vince un titolo così importante, io sono il primo a fare i complimenti pubblici. È stata una cosa un po’ brutta, ma non parlo solo della pallavolo: lo stesso è valso per Ganna e le farfalle della ginnastica. È sempre improntato tutto sul calcio".

Perché secondo te l'Italia fa fatica a riconoscere e celebrare nello sport tutto ciò che va oltre il calcio?
"Chiaramente non è colpa dei calciatori, ci mancherebbe altro, ma del livello culturale e i giornali devono essere più aperti per queste imprese qua. Il calcio ha la sua portata e anche io le guardo volentieri ma quando si tratta della Nazionale bisogna essere liberi di accettare che per un giorno quella cosa lì è la più importante”.

Come si tiene a bada la pressione, soprattutto dopo le belle vittorie, in vista di appuntamenti importanti come quello di Parigi 2024?
"Bisogna essere persone semplici e pensare giorno dopo giorno. Prima di arrivare a Parigi bisogna qualificarci ma dobbiamo capire vene come funziona, anche se dovremmo esserci col ranking. Dobbiamo fare le cose perbene. C’è anche l’Europeo. Dobbiamo essere noi stessi perché le cose accadranno indipendentemente dalla pressione e per questo dobbiamo fare il nostro, rappresentando al meglio il nostro paese. Le pressioni sono più legate al mondo esterno perché noi ci creiamo una nostra bolla e andiamo avanti per la nostra strada".

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Ha praticato molti sport da bambino: come si è innamorato della pallavolo? 
"Mio papà è maestro di tennis e ho giocato per un po’. Ho giocato a calcio come tutti e ho fatto sci, essendo di Bolzano e le montagne sono a due passi. La pallavolo è arrivata per ultima grazie a mia sorella, che giocava a Bolzano e andavo a vedere le sue partite. Piano piano ho lasciato tutti gli altri sport e sono rimasto con tennis e pallavolo. Alla fine ho scelto pallavolo".

Come descriverebbe ad un bambino il suo ruolo per farlo avvicinare alla pallavolo?
"Il palleggiatore è il ruolo che dà più fantasia rispetto agli altri e il più difficile perché ogni azione tocchi la palla. Se giochi male è dura ma ti permette dal punto di vista della fantasia mentre gli altri sono più inquadrati. Decido io cosa succederà nell’azione e questo mi piace molto. Hai tanto bisogno di conoscere i compagni, anche dal punto di vista umano, ma tanto lavoro di cervello. Questo mi piace molto e mi stimola".

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Quali sono i prossimi obiettivi di Simone Giannelli? 
"Sicuramente continuare a stare in Nazionale, perché quella è sempre una conquista, e poi cercare di mantenere in alto il nome dell’Italia. Provare ad arrivare in fondo a tutti i tornei ma è difficile perché lo sport non è così: prima o poi arriverà una bella batosta ma dobbiamo essere pronti e fiduciosi sempre in quello che sappiamo fare".

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