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Opinioni

Recensione Odio il Natale 2: Pilar Fogliati è l’antidoto all’ansia delle feste (e dell’amore)

Odio il Natale 2 su Netflix è un deciso passo avanti rispetto al primo capitolo della serie. Ritroviamo Gianna (Pilar Fogliati) alle prese con una nuova Vigilia che rischia di saltare. Senza eccessiva melassa e privata da tutte quelle situazioni-cliché iper-romanticizzate, diventa impossibile non rivedersi nelle buffe traversie e contraddizioni di questa ragazza che cerca (di evitare) l’amore. Come tutte noi.
A cura di Grazia Sambruna
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L’amore è un’invenzione dell’800”. Partiamo da qui, da questa battuta di Odio il Natale 2, su Netflix dal 7 dicembre, per raccontare una serie che ha saputo discostarsi dai cliché del capitolo precedente, diventando più smaliziata, come il titolo promette, ma anche sentimentale senza esondare nella melassa. Ritroviamo la protagonista Gianna (Pilar Fogliati), infermiera trentenne, in coppia e forse finalmente felice. A innescare una sequela di sciagurati eventi, a due settimane dal cenone della Vigilia, catastrofici errori, inaspettati ritorni sotto forma di ex fidanzati, amici e parenti che perdono la brocca, un nuovo vicino di casa (Pierpaolo Spollon, ottimo acquisto del cast). Pilar Fogliati ci aveva già conquistati con Romantiche, film di cui è anche regista e sceneggiatrice. Oggi torna a farci divertire con un personaggio a cui tocca affrontare le conseguenze dell’amore, in ogni sua forma. Unica certezza: a quanto pare Chioggia, città in cui è ambientata la serie, è piena zeppa di maschi eterosessuali appetibilissimi e più o meno disponibili. Prendiamo nota.

La serie continua a ispirarsi dichiaratamente a Fleabag e soprattutto a Love Actually. Intendiamoci: non arriva a quelle vette. Era da tempo, però, che un titolo italiano non riusciva nell’impresa di intrattenere, far ridere e pure un po’ sospirare senza risultare il solito accrocchio di telefonatissimi luoghi comuni. Nel corso dei sei episodi, non è semplice intuire da che parte andranno tutte le (sotto)trame, anche per via del carattere imprevedibile della protagonista Gianna, una scheggia impazzita che gravita per Chioggia con la licenza, auto-concessa, di far danni. Complice, in primis, la sua tendenza a raccontare innocentissime bugie bianche, puntualmente foriere, presto o tardi, di vere e proprie slavine. Smetterà dunque di dirne? Mai.

Pilar Fogliati e Pierpaolo Spollon
Pilar Fogliati e Pierpaolo Spollon

Ed è proprio questo che apprezziamo del personaggio di Gianna: è una frana. Non una macchietta da fiction, una frana sincera, realistica. Come siamo pressoché tutte (e tutti) quando ci innamoriamo, ma pure da single alle prese con il lavoro, le traversie degli amici, i colpi di testa dei famigliari. Non ha la risposta pronta, in compenso ha in testa trecento possibili soluzioni al problema che le si para davanti o che si è creata da sola. Le racconta direttamente al pubblico, pensando a voce alta e rompendo la quarta parete. Se tale espediente risultava spesso esasperante e forzato nella prima stagione, in questa seconda funziona: è interessante entrare nella mente di Gianna, anche perché si tratta di un dedalo di nevrosi e complicazioni buffe in cui non è affatto male perdersi. Ci somiglia.

Odio il Natale 2 non è Fleabag o il Diario di Bridget Jones né tantomeno Love Actually. Ma prova a essere Odio il Natale 2, una serie che si affranca dalle rom com natalizie di maniera per cercare una propria voce originale. Come nella vita, non tutto è stupefacente e iper-romanticizzato: a volte, è semplicemente che “non mi piaci abbastanza” e sconosciuti come prima. Di episodio in episodio emergono contraddizioni in cui chi guarda può facilmente ritrovarsi che sia single, in coppia, sposato o divorziato. Non siamo davanti a uno di quei titoli da evitare in caso di cuore infranto da poco, anzi. La serie riesce a infondere una certa speranza, anche nella disillusione, senza indugiare eccessivamente nella categoria delle “cose che possono succedere solo nei film o nelle serie tv”. Brutalmente onesta nella disanima di ciò che comporta innamorarsi e/o lasciarsi, ottima anche la scelta di dare più spazio ai comprimari: gli amici di Gianna e i pazienti dell’ospedale con le loro storie contribuiscono a rendere la protagonista tridimensionale. Non è solo una ragazza che cerca (a volte anche di evitare) l’amore, ma un personaggio che si divide tra sciagure lavorative, famigliari e sentimentali. Tendenzialmente fallendo, come chi le sta intorno, e ricominciando da capo ogni giorno.

Così Odio il Natale 2 non finisce per essere la classica serie da tenere in sottofondo mentre si fa l’albero al posto di una qualunque playlist festiva, ma una piacevole, avventura da seguire grazie a dialoghi spesso sferzanti e il giusto distacco nei confronti dell’amore, ossia di quella “invenzione dell’800” che continua ad allietarci e rovinarci la vita insieme, feste comprese. Gianna-Pilar è così piena di nevrosi da diventare, per paradosso, un ottimo antidoto all’ansia di Natale e dell'amore stesso: fidanzati, single, divorziati e pure vedovi, stiamo tutti cercando di capirci qualche cosa mentre la vita, con ogni probabilità, ha altri progetti in serbo per noi. Seguire la protagonista scapicollarsi per mettere una pezza a tutto (anche a ciò che non la riguarda direttamente) intrattiene e, allo stesso tempo, vale come invito alla calma: le cose, per quanto attorcigliate, trovano pur sempre il modo di andare come devono andare.

Del resto, da che mondo e mondo, com’è che la gente si diverte davvero? “Facendo figure di merda!”, esclama Gianna. E concordiamo. Di evitamento non si campa, Odio il Natale 2 fa davvero venire voglia di stonare malissimo ma con orgoglio al coro del paesello, di mandare quel messaggio “da sottona”, di prendersi una sbronza con le amiche, di tornare ad ascoltare i Blink 182 a palla saltando sul divano perché chissenefrega. E, ovviamente, di telefonare a qualcuno alle tre di notte, sapendo che risponderà, seppur tra uno sbadiglio e un’imprecazione, perché l’amore è anche questo. E andarci vicino “conta solo se giochiamo a bocce”.

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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