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Zelig 2022: come un’operazione nostalgia diventa accanimento terapeutico

L’operazione nostalgia di Zelig poteva avere un senso nel 2021, post pandemia e dopo anni che non rivedevamo in scena personaggi che hanno fatto la storia della nostra tv. Oggi serve una ventata di “alegria” vivace e non posticcia, che lo renda memorabile come quando lo è stato davvero. Altrimenti, è accanimento terapeutico.
A cura di Grazia Sambruna
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"Defendemos la alegria". Questa per anni è stata la sigla, nonché il motto programmatico, di Zelig, il primo carrozzone comico di Canale 5 che ha poi dato vita, nel tempo, a figli ma soprattutto figliastri (Colorado, Made in Sud e così via) nella nostra tv. Lo show è tornato sull'ammiraglia del Biscione il 9 novembre 2022 con la prima di tre puntate speciali. Che di speciale non hanno poi molto, se si considera che giusto lo scorso anno, proprio dallo stesso Teatro degli Arcimboldi di Milano, era stato trasmesso il medesimo revival.

Se la precedente mini-edizione ebbe all'esordio il benestare di oltre 4 milioni di telespettatori, stavolta l'audience si dimezza portando comunque la trasmissione a vincere la serata, in assenza di una vera contro programmazione. Zelig, oggi, difende ancora l'allegria oppure è una fotocopia sbiadita dei bei tempi che furono? Da coinvolgente operazione nostalgia a tristanzuolo accanimento terapeutico il passo può essere breve e lo show, almeno a giudicare dalla premiere, sembra intenzionato a compierlo.

Uno dei problemi principali è la durata XXL: quando un programma va avanti inesorabile dalle 21.40 all'una inoltrata di notte non si può parlare di intrattenimento, ma di sequestro di persona, cura Ludovico. E la risata, a una certa, non può che farsi meccanica. Il minutaggio così esagerato aiuta lo share, come ben insegnano i reality Mediaset, non certo il pubblico da casa. Pubblico da casa che si è trovato davanti a una parata di comici, tra vecchie glorie e nuove leve, nel complesso piuttosto tiepida.

Il ritorno di Paolo Cevoli, Enrico Bertolino e perfino quello di Ale e Franz (a mezzanotte e mezza!) non ha fatto registrare picchi di interesse incontenibile. Nessuno dei pionieri, all'infuori del sempre impareggiabile Mago Forest, ha lasciato il segno. Tanto che veniva da domandarsi se avessero realmente voglia di essere lì. Divertente notare però, come, mentre sul palco si esibiva Leonardo Manera nelle vesti di un personaggio pressoché inedito, su Twitter fosse tutto un fiorire di "Adriana! Adriana!" e "Fluoooooro!". La gente i tormentoni storici dello show li ricorda bene, dunque. E pure con affetto. L'interesse c'è, solo che alla fine sul palco vediamo… altro.

Non sempre questo "altro" è inferiore al livello che ricordiamo. Una, e forse unica, bella novità è stata per esempio Federica Ferrero col suo monologo sulla chat delle mamme che resta sicuramente la performance più a fuoco della serata, da consigliare agli amici. Deludente, invece, Max Angioni, la next big thing dell'italica comicità: sul palco di Zelig, per qualche motivo, si ostina a portare un personaggio, il wannabe concorrente di Tu Sì Que Vales, che si esprime solo tramite versi gutturali e facce da emoji. Affidargli l'apertura della puntata, puntata per altro a target 50enni addivanati, è stata una mossa inspiegabile, kamikaze.

Che il target, poi, sia precisamente mirato ai 50enni addivanati non è una supposizione né, di per sé, un male: difficile immaginare giovani e giovanissimi incollati alla tv per oltre tre ore. E quindi il fil rouge di tutti i monologhisti sul palco è stato incessantemente retrò. Solo il pubblico di una certa età ci si è potuto riconoscere: oltre al tradizionale gusto per il sacro sfottò (tutto l'Arcimboldi che grida "Bisio Merda!" è comunque un gustosissimo momento di anarchia), abbiamo visto sfilare infatti moltissime battute indirizzate ai social, alla tecnologia, a quanto si stesse meglio prima dell'avvento delle app, quando le indicazioni stradali bisognava chiederle e si finiva da tutt'altra parte. Però, col sorriso.

Perfino i più giovani hanno portato temi dal "POV" anzianotto ed ecco quindi il 26enne Vincenzo Comunale a parlarci del rapporto dei suoi genitori con le diavolerie moderne: "Mio padre l'altro giorno mi ha chiesto ‘Come si fa a mandare un Facebook?'". Di sottofondo, i finti tweet letti "in diretta" da Vincenzo Albano. Pur divertenti, segnano ancora una volta la precisa scelta di campo attuata dallo show: qui si fa tv alla vecchia maniera come fossimo nei primi 2000, tutto ciò che è venuto dopo è rumore di fondo di cui il nostro pubblico ha sentito parlare, ma che non comprende. Si può canzonare per sentito dire, dunque, non integrare in scaletta realmente.

Zelig è Zelig, un monolite. L'unica cosa da difendere e proteggere nei secoli resta la conduzione di Vanessa Incontrada e Claudio Bisio, lei che ride tanto da farsi quasi la pipì addosso sul palco, lui che la prende in giro in un passo a due surreale e irresistibile che nasce da un semplice fatto: entrambi si divertono insieme. E questa sintonia perfetta arriva, spontanea come è, al pubblico a casa, risvegliandolo dal torpore. Se le presentazioni dei monologhisti, però, finiscono per essere le parti più divertenti e imperdibili di uno show fatto di comici, forse i comici in questione hanno un problema.

L'operazione nostalgia di Zelig poteva avere un senso nel 2021, post pandemia e dopo anni che non rivedevamo in scena personaggi che, vuoi o non vuoi, hanno indiscutibilmente fatto la storia della nostra tv e a cui siamo tuttora riconoscenti. Oggi, se Zelig vuole riconquistarsi davvero un posto nel palinsesto attuale, deve realizzare che la commemorazione dei bei tempi andati non basta più. Serve uno sforzo maggiore, una ventata di "alegria" vivace e non posticcia che lo renda memorabile come quando lo è stato davvero. Altrimenti, è accanimento terapeutico.

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