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Anche Prime Video si piega alla pubblicità: è finita la bufala della rivoluzione dello streaming

L’utopia di un’esperienza completamente libera dalla pubblicità è irrealizzabile e ora ha finito per allinearsi con quello che la televisione ha sempre saputo: “È tutto quello che sta intorno alla pubblicità”. Moriremo consumatori, d’altronde, oppure vivremo così a lungo da diventare tutti inserzionisti.
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"Che cos'è la televisione? È tutto quello che sta intorno alla pubblicità". Questa definizione della televisione è di Silvio Berlusconi ed è stata raccontata da Vittorio Dotto nella docu-serie "Il giovane Berlusconi", disponibile da ieri su Netflix. La piattaforma ha da tempo un account con le pubblicità prima, durante e dopo il lancio del contenuto. Da due giorni anche Prime Video, la piattaforma di Jeff Bezos, ha incluso "limitati annunci pubblicitari" ovvero pubblicità prima, durante (due stacchi) e dopo. Gli abbonati possono evitarla pagando altri 2 euro (1.99) al mese oltre al prezzo dell'abbonamento annuale (49.99).

È finita definitivamente un'era, forse non è mai iniziata. È finita la bufala della rivoluzione dello streaming. Sembra ieri: nel 2015, avevamo accolto l'ascesa delle piattaforme on-demand come una ‘discesa in campo' messianica. Promettevano tutte un'esperienza libera dai fastidiosi blocchi pubblicitari: "Non siamo come la televisione generalista, noi!", sembravano sussurrarti mentre ti sparavi un episodio dopo l'altro di Orange is the new black. Questa idea di un contenuto in purezza, che ormai non aveva più neanche la pay-tv dove tu paghi ma sei comunque bombardato di pubblicità, era così nobile, democratica e affascinante, così giusta che era quasi impossibile da ritenersi reale. E infatti.

Il mercato delle piattaforme ha ormai completato la transizione da un modello completamente libero a un modello misto, dove la pubblicità si dimostra un flusso di entrate necessario alle aziende per far fronte ai costi. Non bastano evidentemente i rincari che tutti gli attori in gioco hanno più o meno attuato nell'ultimo triennio. Se vuoi evitare la pubblicità, devi pagare di più. Alcune volte, però, neanche pagare basta. È il caso di DAZN dove se provi ad aprire il canale di una partita, partono 20 secondi di pubblicità sempre, ovunque, garantita per tutti, oltre a stacchi, stacchetti, minibreak.

Lo streaming, da alternativa alla televisione lineare, ha finito per imboccare il suo stesso percorso. Di fronte a uno scenario di questo tipo, possiamo tranquillamente concludere borisianamente che "Un mondo senza pubblicità è impossibile". In Infinite Jest, romanzo simbolo del massimalismo post-moderno, David Foster Wallace immagina un futuro dove persino gli anni civili vengono sponsorizzati dai prodotti. Ci siamo quasi. Moriremo consumatori, d'altronde, oppure vivremo così a lungo da diventare tutti inserzionisti. L'utopia di un'esperienza completamente libera dalla pubblicità è irrealizzabile e ora ha finito per allinearsi con quello che la televisione ha sempre saputo: "È tutto quello che sta intorno alla pubblicità".

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Gennaro Marco Duello (1983) è un giornalista professionista. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa di Napoli. Lavora a Fanpage.it dal 2011. Ha esordito nella narrativa nel 2022 con il romanzo Un male purissimo (Rogiosi). California Milk Bar - La voragine di Secondigliano (Rogiosi, 2023) è il suo secondo romanzo.
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