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Pierfrancesco Favino: “Alcune scelte passate derivano dalla morte di mio padre, oggi non farei così”

Pierfrancesco Favino, protagonista di Colibrì nelle sale dal 14 ottobre, ha raccontato al Corriere del nuovo personaggio che interpreta: “Mi somiglia, non baratto i miei affetti e i miei valori”. La morte del padre è l’evento che ha segnato la sua vita, oggi è un papà molto presente.
A cura di Gaia Martino
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Pierfrancesco Favino, nelle sale dal 14 ottobre con Il Colibrì di Francesca Archibugi, al Corriere ha raccontato del nuovo personaggio che interpreta, un uomo che vive perdite terribili e amori assoluti. "Mi piace che dopo i fallimenti amorosi, successivi alla morte dell’unica figura femminile che lo capiva, cioè la sorella, lui riconquista un centro di sé nel femminile quando diventa padre e nonno. Io sono cresciuto con tre sorelle, abito il femminile da sempre" le sue parole. Il protagonista Marco Carrera è chiamato Colibrì per "la capacità di volare tenendo la posizione" ha raccontato Favino che si è detto resiliente, come il personaggio, riguardo le cose che non potrebbe mai barattare: "Ad esempio non lavoro mai nei giorni dei compleanni delle mie figlie". Ha parlato di varie tappe della sua carriera, poi dell'amore per la sua famiglia, per Anna Ferzetti e le loro figlie.

Il dolore per la morte del padre

Pierfrancesco Favino nel corso della sua carriera ha interpretato numerosi ruoli, diversi tra loro, trovandosi anche a girare scene molto esplicite, come capitato in Cosa voglio di più. "La mia nudità è altro, mi sono trovato più nudo quando ero vestito che non nelle scene di nudo" ha raccontato al Corriere svelando che "Quando lavoro non penso di essere io. Dopo, sì, mi rendo conto che attorno mi percepiscono come me". Ciò che gli succede nei film compromette infatti l'umore della sua famiglia: "Se in un film muoio mia madre sta male, se nel film ho bisogno di soldi, lo zio chiama per offrire aiuto". Tornando alla resilienza messa a dura prova nel film Colibrì, l'attore ha ricordato l'evento che più ha segnato la sua vita, la morte del padre.

Non ho mai veramente elaborato ciò che la morte di mio padre ha generato in me. Fu un evento molto forte, stavo lavorando a El Alamein, nel deserto.

Aveva 33 anni quando vide trasformarsi "da giovane a uomo a tutti gli effetti". "Ma non mi sono reso conto subito, né poi l’ho ammesso facilmente, che alcune scelte successive potessero derivare da quello. Il piglio, il senso di urgenza con cui ho agito dopo, vengono da lì. Ora se tornassi indietro non farei così" ha continuato.

L'amore per la compagna Anna Ferzetti e le figlie Greta e Lea

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Nella lunga intervista ha raccontato dell'amore per la sua Anna Ferzetti, conosciuta il 2 febbraio 2004. Si trovavano ad una festa a Roma di amici in comune, "Le ho pestato un piede per sbaglio. Ero di spalle, mi sono girato e ho detto “scusa”, lei pure “scusa”, e abbiamo preso a ballare. Per noi ballare è un canale di dialogo". Dalla loro unione sono nate Greta, 16 anni, e Lea, 10 anni: "Con loro ho un rapporto emotivamente diretto, questa estate la più grande è andata negli USA per una vacanza studio, una cosa bella ma è stato doloroso. Il distacco fa male, ma educa all'indipendenza". Con entrambe Favino trascorre molto tempo, il rapporto è differente rispetto a quello che lui aveva con il padre che non voleva frequentasse l'Accademia: "Quella contrapposizione lo portò a una solitudine emotiva, una scelta difficile, coraggiosa. Per fortuna abbiamo fatto in tempo a ricucire, mettendo al bando i silenzi. Io non ho un figlio maschio, non c’è quella specularità di genere che può produrre conflitto, stimolare orgoglio e indipendenza".

Con la grande vediamo film. L’altro giorno Memento di Nolan; si fa domande esistenziali e quel tipo di cinema la intriga. Con lei mi piace parlare, anzi, ascoltare, e leggerla, scrive molto bene. Con Lea, più piccola, ci divertiamo a fare imitazioni, giochi, scherzi telefonici in cui ci fingiamo un’altra persona: in lei rivedo cose della mia infanzia, l’inventarsi la realtà.

Il parere su Meloni, Letta e Conte

Sul termine dell'intervista Pierfrancesco Favino ha confessato che tra tutti i personaggi che ha interpretato, si è riconosciuto in Di Vittorio, il sindacalista protagonista di Pane e Libertà, "per le origini pugliesi, per una attitudine politica che ho sentito vicina". Non ha rivelato il suo voto alle elezioni politiche del 25 settembre ma alla domanda su cosa pensa dei modi di parlare dei tre leader Meloni, Letta e Conte ha replicato:

Parliamo di emissione vocale. Meloni, dal punto di vista tecnico, sembra dire davvero ciò che pensa. Qualcosa nel tono ci dice che è connessa con il corpo. In altri, invece, si avverte un filtro. Letta dà l’impressione di una mediazione tra il pensiero e la dichiarazione; Conte ha una conformazione vocale bloccata alla laringe, il centro del respiro, e su alcuni toni può essere respingente, in altri casi, invece, persino suadente.

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