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“Una razza di mercanti”: la canzone di Marcello De Angelis contro gli ebrei

Il responsabile comunicazione della Regione Lazio scelto da Francesco Rocca è anche il cantante di un gruppo di “rock identitario”, e in una canzone definisce gli ebrei “una razza di mercanti”. Dopo aver resistito alle dimissioni dopo le dichiarazioni sulla strage di Bologna, Marcello De Angelis imbarazza ancora il governatore.
A cura di Valerio Renzi
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Il prossimo 1 settembre l'anno politico inizierà alla Pisana con un consiglio straordinario richiesto dalle opposizioni, con oggetto le dichiarazioni di Marcello De Angelis in relazione alla strage di Bologna che hanno alzato un putiferio. L'ex estremista di destra, poi senatore ed esponente di Alleanza Nazionale, oggi è il responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio. De Angelis ha seguito Francesco Rocca dalla Croce Rossa, e il governatore lo ha difeso evitandone le dimissioni nonostante i malumori e le proteste.

Come è noto De Angelis oltre che il giornalista (ha diretto a lungo il mensile di riferimento della destra sociale Area ed è stato anche direttore del Secolo d'Italia), è anche il frontman e l'autore dei testi del gruppo di "rock identitario" 270 bis. Meno noti sono i testi delle sue canzoni. In particolare ce ne è una dove una strofa ha un sapore decisamente antisemita. Il brano si intitola Settembre Nero, ed è una specie di santificazione del gruppo terrorista palestinese, noto soprattutto per il rapimento e l'assassinio di 11 atleti israeliani nel settembre 1972 al villaggio olimpico di Monaco. Solo il 7 agosto scorso, su Facebook tornando sulla polemica sulla strage di Bologna, De Angelis spiegava che a suo avviso "un terrorista è una persona schifosa e vile". Non vale per tutti i terroristi evidentemente, eppure il diretto interessato non fa che professare coerenza.

Parlando dell'occupazione dei territori palestinesi De Angelis canta: "Troppo ci pesava
portare sulla schiena/ il dominio di una razza di mercanti /  se con l'oro hanno comprato /
la mia casa e la mia terra". Sangue e terra contro oro, secondo il più classico dello stilema delle rappresentazioni dell'antisemitismo di destra. Perché qua non si parla del conflitto tra israeliani e palestinesi, della critica allo stato di Israele, ma di una "razza di mercanti", come De Angelis evidentemente definisce gli ebrei.

Il protagonista di questa storia non è uno che si vergogna né rinnega, legittimamente la sua storia. Altrettanto legittimamente all'uscita dal carcere ha ricominciato a far politica, scegliendo l'impegno in un partito e nelle istituzioni. Ma questa canzone, di cui siamo convinti che De Angelis si dovrebbe vergognare, appartiene alla seconda parte della sua vita, non agli anni della militanza giovanile.

Nel libro del 2017 "Cosa vuol dire essere oggi di destra?" (Luigi Pellegrini Editore), in cui ripercorre ampiamente il suo percorso politico, De Angelis spiega di non volersi nascondere dietro un dito:

Negli anni ’70, liceale, ho partecipato a quelli che a posteriori sono stati definiti movimenti della Destra radicale, pagandone naturalmente le conseguenze con condanne penali. Ingiuste a parer mio e dei miei avvocati di allora e di oggi, ma quando si pretende di fare i rivoluzionari sarebbe piuttosto ridicolo lamentarsi di aver subìto un trattamento ingiusto da parte di quei poteri che si vuole combattere perché ingiusti.

Lui dice di destra radicale, la storiografia parla di formazioni neofasciste ma tanto è, non è importante forse questo. Ed ecco come parla del 25 aprile Marcello De Angelis, neanche nel 2003 ma l'altro ieri:

Dunque, in realtà si tratta della festa nostalgica di chi rimpiange quel giorno tragico in cui le truppe alleate concessero ad alcuni cittadini italiani l’immunità per qualunque crimine e ad altri cittadini italiani la sospensione di qualunque diritto umano. L’idea che l’inizio di una simile mattanza possa essere celebrato come una festa del Vae victis imposta a tutta la cittadinanza è quanto meno originale e sicuramente unica al mondo.+

Il libro torna più volte sui crimini partigiani come da copione, salvando ovviamente il fascismo come esperienza collettiva degli italiani da salvare come elemento dell'identità e della storia nazionale. Se vuole rimanere della sua opinione sul 25 aprile Marcello De Angelis faccia pure (siamo sicuri che non avrà problemi a rivendicarla, e poi l'antifascismo non è evidentemente un valore per questa destra), si dimetta però da quello che è un incarico politico e istituzionale se non è almeno in grado di dire che le razze non esistono e di chiedere scusa per quella strofa inequivocabilmente antisemita. O forse, anche in questo caso, si paragonerà a Giordano Bruno.

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