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“Troppi giubbotti a bordo”: irregolarità contestate a Sea Watch 3 sono solo un pretesto per fermarla

Sea Watch 3, gestita dall’organizzazione tedesca Sea-Watch, è stata posta sotto sequestro tre giorni fa. Ma le motivazioni e i rilievi evidenziati dalle autorità italiane sono, secondo l’ong, “assurdi e pretestuosi”. “Ci appare chiaro che le autorità italiane usino questo pretesto per colpire le ong, impedendo in questo modo le attività di ricerca e soccorso in mare”, ha detto Giorgia Linardi.
A cura di Annalisa Cangemi
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La nave Sea Watch 3 dell'ong tedesca Sea-Watch è stata costretta a fermare la sua attività. Tre giorni fa, lo scorso 8 luglio, dopo un'ispezione della Guardia costiera italiana, l'imbarcazione umanitaria è stata posta sotto sequestro al largo di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Per l'organizzazione si tratta dell'ennesimo "strumento per celare il vergognoso tentativo politico di fermare i soccorsi colpendo le ong".

"Sea-Watch non si oppone al diritto delle autorità di effettuare controlli – afferma la portavoce Giorgia Linardi – ma ci appare chiaro, nel nostro come in altri casi recenti, che le autorità italiane usino questo pretesto per colpire le ong, impedendo in questo modo le attività di ricerca e soccorso in mare che dovrebbero essere responsabilità dei governi e delle istituzioni europee, e lasciando il Mediterraneo privo di assetti umanitari a scapito della sicurezza di chi scappa dalla Libia".

I controlli delle autorità hanno rilevato "diverse irregolarità di natura tecnica e operativa", e il provvedimento, spiega la Guardia costiera, "permarrà fino alla rettifica delle irregolarità rilevate in sede ispettiva e, per alcune di esse, sarà necessario l'intervento dello stato di bandiera", che per la Sea Watch 3 è appunto la Germania. Fino allo scorso dicembre la nave batteva invece bandiera olandese. L'ong ha deciso il cambio di bandiera, visto che i Paesi Bassi mostravano un atteggiamento ostile e non collaborativo. In una dichiarazione aveva infatti denunciato "gravi lacune nel supporto alle operazioni di soccorso e dinanzi agli abusi da parte di altre amministrazioni statali ai danni della Sea-Watch 3".

Quelle segnalate sono irregolarità di natura tecnica e operativa, che secondo la Guardia costiera rischiano di compromettere non solo la sicurezza dell'unità e dell'equipaggio, ma anche dei migranti che potrebbero trovarsi a bordo, salvati nel corso delle operazioni di ricerca e soccorso.

Quali sono le irregolarità riscontrate sulla Sea Watch 3

"La nostra nave è registrata come nave cargo secondo la normativa tedesca che non prevede un registro per gli assetti di ricerca e soccorso e, avendo cambiato recentemente bandiera (dicembre scorso), ha subito attenti controlli per poter essere correttamente registrata ed essere operativa", dichiarano dalla ong. Da quanto ha potuto apprendere Sea-Watch, i rilievi contenuti nel rapporto dell'ispezione effettuata sulla Sea Watch 3, ruotano attorno al fatto che la nave dovrebbe essere registrata in una modalità che non è nemmeno prevista dallo Stato di bandiera. "Le autorità italiane sono consapevoli di questo problema e cercano di produrre una situazione di stallo con le autorità tedesche. Nel rapporto riscontriamo inoltre molte irregolarità di poco conto e immediatamente rimediabili da parte di Sea-Watch, come l’assenza di un poster che spieghi le procedure di smaltimento dei rifiuti e di un manuale per la sicurezza del carico, che svilupperemo a breve a bordo", spiegano dall'organizzazione.

"Alcune altre irregolarità riscontrate dagli ispettori sono più rilevanti ma sarebbero e sono riscontrate, in misura ben maggiore, su qualsiasi altra unità navale. Altre non sono risolvibili dall’armatore (Sea-Watch) ma necessitano un chiarimento da parte dello Stato di bandiera".

Ma sono stati evidenziati alcuni punti nel rapporto, che vengono giudicati "assurdi e pretestuosi". Tra le violazioni emerse è stata segnalata anche la sovrabbondanza dei giubbotti di salvataggio: "I giubbotti non sono invece mai usati dalla cosiddetta guardia costiera libica, che opera con navi italiane e che appena due giorni fa ha respinto in Libia 19 sopravvissuti, in mare da 10 giorni", osserva in un tweet l'ong. (La vicenda dei 19 migranti riportati in Libia dalla cosiddetta Guardia Costiera libica è stata denunciata anche da UNHCR).

Ma la considerevole quantità di giubbotti di salvataggio addizionali, che non vengono menzionati nel “Cargo ships safety Equipment Certificate”, è solo una conseguenza del fatto che si tratta appunto di materiale addizionale, "mentre tutto il materiale obbligatorio relativo alla sicurezza è in regola per numero e rispetto degli standard", spiegano ancora dall'organizzazione.

Il rapporto segnala poi un problema con il funzionamento del sistema fognario quando a bordo sono presenti migranti recuperati in mare. "I soccorsi in mare si configurano come situazioni di emergenza, tuttavia le autorità italiane cercano di sostenere che questi sistemi dovrebbero soddisfare gli standard dell'industria delle navi da crociera, a dispetto del fatto che le stesse leggi italiane impongono alle navi di ricerca e soccorso di ridurre i tempi di sbarco, rendendo l’applicazione di tali standard impossibile".

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