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Referendum costuituzionale, Legnini: “I magistrati non possono schierarsi, c’è un divieto”

Intervistato da Maria Latella, il vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura ha sostenuto l’esistenza di un divieto: i magistrati, per una questione di terzietà, non possono schierarsi pubblicamente a sostegno di una o dell’altra fazione referendaria: “Esiste il diritto del magistrato a esprimere un’opinione su referendum o riforme, ma c’è un divieto a partecipare alle campagne politiche”.
A cura di Charlotte Matteini
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Giovanni Legnini

Il referendum sulla riforma costituzionale continua a fare discutere. I giorni successivi al lancio della campagna referendaria hanno infatti visto rinfocolare le polemiche.

Due distinte e opposte fazioni: quella che sostiene il "sì", e quindi l'approvazione della nuova riforma, e il fronte del "no", che invece farà campagna affinché il Ddl Boschi non venga confermato al referendum del prossimo autunno. Tra le due fazioni contrapposte, i giudici. Numerosi magistrati infatti sono recentemente intervenuti a sostegno delle motivazioni del "sì"  del "no", causando per questo motivo attriti e contrasti politici, anche all'interno dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura.

E proprio oggi è intervenuto sulla questione il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che, intervistato da Maria Latella, ha sostenuto una posizione ben precisa: i magistrati, secondo Legnini, non potrebbero prendere parte alla campagna referendaria né schierarsi a favore di una o dell'altra fazione perché ci sarebbe "un divieto". "Esiste il diritto del magistrato a esprimere un’opinione su referendum o riforme, ma c’è un divieto a partecipare alle campagne politiche. Il referendum costituzionale, secondo il procuratore Spataro, non è competizione politica, ma ha a che fare con la Costituzione. Io su questo sarei più cauto. I partiti hanno approvato quella riforma, e le correnti della magistratura potrebbero trovarsi al fianco dei partiti nella competizione elettorale", ha spiegato Legnini. Si metterebbe in pericolo il principio di terzietà a cui devono sottostare i magistrati, sostiene il vicepresidente del Csm.

Una presa di posizione netta, quella di Legnini, che va a rispondere direttamente alle polemiche innescate dalla lettera del procuratore Armando Spataro che, pochi giorni fa, dalle colonne di Repubblica, aveva sostenuto l'esistenza del "diritto-dovere dei magistrati a schierarsi", dichiarando contestualmente di aver deciso di aderire al Comitato promotore per il "no" al referendum. "Sembra che sia quasi illegale che i magistrati possano schierarsi in un referendum di natura costituzionale. Tradirebbero, si dice, la loro terzietà. Ma questo non ha nulla a che vedere con la contesa partitica-politica alla quale, certo, i magistrati devono rimanere estranei, come prevede anche il nostro codice deontologico. Qui si tratta, invece, di un diritto costituzionale di cui anche il magistrato – come ogni cittadino – è titolare e che viene oggi contestato", sostiene Spataro.

La polemica vera e propria, però, si è innescata anche in seguito a un altro episodio: durante un'intervista al Foglio rilasciata da Piergiorgio Morosini, consigliere del Csm in quota Magistratura Democratica, avrebbe attaccato Matteo Renzi, sostenendo che "va fermato". Dichiarazioni che Legnini ha definito "inaccettabili se vere". "Rivendichiamo il pieno diritto come magistrati associati, di intervenire nel dibattito pubblico tutte le volte in cui sono in gioco principi fondamentali, senza che ciò inquini in alcun modo la nostra indipendenza, l’autonomia e la terzietà nell’esercizio della giurisdizione. È ovvio che ciò vale per noi, come per i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura", si legge nella nota diramata da Magistratura Democratica, nella quale si respinge inoltre "ogni tentativo di strumentalizzazione dell’ iniziativa referendaria", replicando così al consigliere del Csm Luca Palamara che in un’intervista al quotidiano Il Messaggero ha attribuito all’adesione del gruppo al Comitato per il no "l’intenzione di appellarsi alla piazza, e con ciò di ricercare improprio consenso popolare su temi che non potrebbero richiederlo".

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