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Per scacciare lo spauracchio Lotito, il governo resuscita il metodo Tremonti: pronta la legge “mancia”

Il governo ha chiesto ai parlamentari di maggioranza di non presentare proposte di modifica alla legge di bilancio appena approvata. In molti si aspettavano una ribellione, soprattutto dal senatore di Forza Italia Claudio Lotito, che in questi mesi ha ingaggiato diverse battaglie in Senato, per sostenere suoi emendamenti. La reazione del patron della Lazio però è stata molto diplomatica, almeno per il momento. Forse perché, per soddisfare gli appetiti dei parlamentari, l’esecutivo si prepara a riesumare uno strumento inventato dall’ex ministro Tremonti negli anni del berlusconismo: la famigerata legge mancia.
A cura di Marco Billeci
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Come in un giallo un po' scontato, quando si è parlato di omicidio, tutti hanno guardato il maggiordomo. Allo stesso modo, quando i vertici del governo hanno chiesto ai parlamentari di maggioranza, di non proporre modifiche alla legge di bilancio appena varata, in molti hanno subito pensato: "E ora chi lo dice a Lotito?"

Lunedì 16 ottobre 2023. Il Consiglio dei Ministri ha appena approvato la manovra e in conferenza stampa il leader della Lega Matteo Salvini afferma perentorio: "Il nostro obiettivo come maggioranza è che ci sia l'approvazione nei tempi più rapidi possibili, senza emendamenti di maggioranza" . Subito dopo, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ribadisce: "Io apprezzerei moltissimo che i parlamentari della maggioranza […] evitassero di presentare emendamenti".

Una manovra blindata

Le parole dei due esponenti leghisti fanno eco alla volontà già espressa dalla premier Meloni, nelle riunioni con i capigruppo dei partiti, che sostengono la coalizione. Meloni vuole per la legge di bilancio un percorso parlamentare rapido e senza ostacoli. Tradotto, a deputati e senatori si chiede di ratificare un testo – già precario, sotto il profilo dei conti pubblici -, senza provare a caricarlo di altre misure di spesa, per cui non ci sono soldi. Insomma, il governo vorrebbe evitare il solito assalto alla diligenza, con cui gli onorevoli cercano di inserire micro-interventi, marchette, favori a questo o quell'altro gruppo d'interesse.

Va bene, ma che c'entra Lotito? C'entra, perché il destino della manovra si deciderà quasi completamente in commissione Bilancio al Senato. Qua si terrà l'unica vera discussione sul testo, che poi dovrebbe arrivare blindato, per il voto nelle aule di palazzo Madama e della Camera. Il problema è che in commissione Bilancio il vantaggio della maggioranza è esiguo, il voto di Claudio Lotito spesso decisivo. Un peso, che il senatore di Forza Italia e patron della Lazio in questi mesi non ha mai mancato di esercitare, presentando emendamenti a raffica, sulle leggi che passavano all'esame della sua commissione.

La guerriglia di Lotito

Il caso più noto è quello del cosiddetto "Salva-Calcio", che Lotito è riuscito a far entrare in manovra, lo scorso anno. Un altro episodio eclatante, poi, c'è stato a giugno scorso, quando il patron della Lazio si è scontrato con il viceministro dell'Economia Leo, che si opponeva alla norma "Spalma-Debiti" – da inserire nella delega fiscale -, di cui avrebbe potuto beneficiare anche la società biancoceleste. Quindi, tornando alla domanda iniziale, chi glielo dice a Lotito, che stavolta non può toccare palla?

Abbiamo provato a dirglielo noi. Nei pressi del Senato, abbiamo intercettato il senatore di Forza Italia e gli abbiamo chiesto se fosse disposto a obbedire al diktat del governo, per cui la manovra dovrebbe essere intoccabile dal parlamento. La risposta è stata sorprendentemente diplomatica: "Io mi atterrò scrupolosamente ai regolamenti e a quelli che sono i dettami della coalizione". Se non una dichiarazione di resa, qualcosa di simile. L'indomito Lotito sembra essersi ammansito, tutto d'un colpo. Le cose però non stanno proprio così.

La legge mancia di Tremonti

In questo piccolo giallo politico, infatti, a questo punto entra in scena un protagonista inaspettato. "La parola chiave di questa storia è Tremonti", spiega una fonte parlamentare. Giulio Tremonti è attuale deputato di Fratelli d'Italia, ma soprattutto ex ministro dell'Economia, dei governi Berlusconi. Ed è in quella veste, che si è inventato lo strumento che oggi  il governo potrebbe riesumare, per sfamare gli appetiti dei parlamentari, lasciati a bocca asciutta dalla legge di bilancio, ovvero la "legge mancia".

Negli anni del berlusconismo, infatti, le cose funzionavano così: in parallelo alla manovra, veniva varato un decreto che stanziava qualche centinaio di milioni, destinato esplicitamente a soddisfare le richieste di spesa, avanzate da deputati e senatori. Più di dieci anni dopo, il governo sembrerebbe intenzionato a proporre lo stesso scambio: voi onorevoli non intervenite sui conti della manovra, noi in cambio vi offriamo un tesoretto per finanziare chi volete, dalle sagre alle rievocazioni storiche, dalle pro loco alle associazioni amiche.

Stando alle indiscrezioni di palazzo, a questa possibile nuova edizione del "decreto mancia" sarebbero già assegnati un quando, i primi mesi del 2024, e un quanto, 400 milioni di stanziamento. Ai microfoni di Fanpage.it, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani sembra aprire all'ipotesi: "Vedremo, comunque lo spazio per il parlamento come c'è sempre stato, ci sarà anche questa volta". Poi puntualizza: "Quello che non può essere minimamente toccato sono i saldi di finanza pubblica e i principi della manovra". Ancora più esplicito il senatore della Lega, Claudio Borghi: "Io sono un fautore della ‘legge mancia', che più correttamente dovrebbe essere chiamata di sostegno ai territori. I piccoli emendamenti non vanno messi in legge di bilancio".

Altre ipotesi che circolano, meno quotate, prevedono che le istanze dei parlamentari si trasformino in ordini del giorno, allegati ad altre leggi e fatti propri dal governo. La sostanza è che, con ogni probabilità, prebende ed elargizioni a pioggia ci saranno anche quest'anno. Magari non dentro la manovra, ma in provvedimenti più nascosti agli occhi dell'opinione pubblica. E soprattutto degli osservatori internazionali che studiano con particolare attenzione i conti dell'Italia.

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