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Opinioni

No, non scarcereremo i mafiosi ma il sovraffollamento delle carceri è un tema che va affrontato

No, non scarcereremo i boss a causa del Covid, si tratta di una fake news. Manca però una discussione razionale sul sovraffollamento delle nostre carceri. Un problema che esiste da molto prima del Covid e che la politica non ha affrontato schiacciata dal “punitivismo”
A cura di Redazione
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di Pina Picierno (Europarlamentare Partito Democratico)

“L’allarme Coronavirus rischia di portare ai domiciliari non solo detenuti comuni ma anche boss di rango” questa mi pare la sintesi del dibattito di queste ore. Per avvalorare la tesi si utilizza come “prova” la scarcerazione di Francesco Bonura, imprenditore mafioso palermitano, condannato a 18 anni e 8 mesi e in carcere dal 2006.

“Lo Stato sembra essersi piegato alle logiche di ricatto delle rivolte” commenta Nino Di Matteo.

Ma è davvero così? Me lo sono chiesta con grande preoccupazione.

Il Tribunale di sorveglianza di Milano chiarisce che “la concessione del differimento pena nella forma della detenzione domiciliari secondo la normativa ordinaria applicabile a tutti i detenuti, anche condannati per reati gravissimi, a tutela dei diritti costituzionali alla salute e all'umanità della pena".

In sostanza si motiva la scarcerazione con la normativa ordinaria che è applicabile a tutti i detenuti, sempre. E con gli stessi criteri – e non certamente per "suggerimento" di una circolare ministeriale di monitoraggio indirizzata ai direttori delle carceri – saranno ancora i giudici a valutare le istanze eventualmente presentate dei diversi capimafia "storici" dei quali pure alcuni articolisti paventano, irresponsabilmente, la sicura e imminente scarcerazione.

Era così prima ed è così con il Covid19, con buona pace dei nostri Robespierre da tastiera.

Cosa c’entra, allora, il cedimento dello Stato ai rivoltosi? E cosa c’entra la scarcerazione per motivi di salute, motivata da un giudice di sorveglianza, con la discussione, delicatissima, sull’emergenza sanitaria in corso e sulle misure necessarie a tutelare a vita dei detenuti?

Mi sorge il dubbio che c’entri, ma che abbia a che fare con il tentativo di inquinare una discussione già complicata, agitando lo spauracchio dei mafiosi che rischiano di essere scarcerati, grazie al Coronavirus.

E allora occorre fare chiarezza, iniziando proprio da qui.

Nessuno ha mai ipotizzato che misure "clemenziali" di sfollamento debbano coinvolgere quei detenuti, che, peraltro, sono già sottoposti ad un regime di isolamento che rende improbabile la necessità di un ulteriore “distanziamento”.

Sminato il campo dagli allarmi infondati e assodato che nessun mafioso può essere scarcerato “approfittando” dell’emergenza covid, restano alcune domande a cui dare risposta.

E’ giusto che le misure di contenimento sanitario riguardino tutti i cittadini del nostro Paese, tutti, tranne i circa sessantamila uomini e donne che compongono la popolazione carceraria?

E’ accettabile la mancanza di una discussione razionale, considerato il drammatico e noto sovraffollamento, che in molti istituti arriva a punte del 90% di eccedenza della propria capacità di accoglienza e il fatto che una parte consistente della popolazione carceraria è costituita da individui vulnerabili dal punto di vista delle condizioni di salute: tossicodipendenti, immunodepressi, malati cronici e anziani? La mia risposta è no. Ed è un no deciso, fermo, netto.

Se la politica e le istituzioni non hanno la capacità di intervenire, smarriscono la loro funzione costitutiva.

La verità è che le attuali strutture, a popolazione carceraria invariata, non consentono di adottare alcuna, seppur minima, misura di contenimento di quella che, come ha ricordato anche il Santo Padre, potrebbe diventare una calamità grave, con grave rischio anche per la polizia penitenziaria, che già solitamente svolge la propria funzione in condizioni difficili.

L’invito ad adottare misure urgenti è stato pronunciato anche dalle Nazioni Unite con dettagliate linee guida che prevedono esplicitamente la riduzione della popolazione carceraria, implementando tutti i possibili strumenti di rilascio anticipato, provvisorio o temporaneo di autori di reato a basso rischio.

Le soluzioni esistono, quello che manca è la volontà della politica che si dimostra ancora una volta debole e soccombente rispetto ad un’informazione dominata da ottuso "punitivismo".

Anche quando il semplice buon senso e l'eccezionalità del presente, prima ancora di una sana cultura giuridica, dovrebbero suggerire rimedi ragionevoli, come già accaduto in diversi Paesi. Ma alla ragionevolezza, troppo spesso, si antepone il tifo. Purtroppo.

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