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No, Confindustria: il lavoro non è mai un privilegio, e scioperare è sempre un diritto

La reazione allo sciopero indetto dai portuali di Genova venerdì è l’ennesimo sopruso dei datori di lavoro sui dipendenti. Confindustria si è preoccupata di ricordare che “una giornata di lavoro costituisce un privilegio”. Una minaccia velata, nel tentativo di bloccare la mobilitazione. Ma l’organizzazione dimentica che il fatto che in Italia il lavoro sia un privilegio, e non soltanto un diritto, è un’aberrazione.
A cura di Annalisa Cangemi
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I lavoratori portuali di Genova hanno scioperato venerdì per 24 ore per protestare contro la lettera con cui i terminalisti di Confindustria hanno attaccato l'Autorità portuale del Mar ligure Occidentale. La missiva mette in mora l'ente per non aver vigilato sull'attività della Compagnia unica del lavoratori del porto (i camalli del porto di Genova), che ha portato dal 2013 a oggi a richieste di integrazione tariffarie ai terminalisti per il lavoro svolto, per un ammontare complessivo di 8 milioni di euro.

Secondo i sindacati è un attacco al mondo del lavoro che "non si registrava da 30 anni nel porto di Genova". Per la Filt-Cgil, che insieme a Fit Cisl e Uiltrasporti ha indetto lo sciopero, la lettera consegnata al presidente dell'Autorità portuale Paolo Signorini e le parole dei terminalisti sono "una coltellata alla schiena del mondo del lavoro".

I lavoratori hanno bloccato i varchi di accesso allo scalo portuale, da ponte Etiopia a Genova Pra', creando disagi anche al traffico sul Lungomare Canepa e accendendo fumogeni in mezzo alla strada. Contemporaneamente un altro presidio si è svolto davanti alla sede di Confindustria in via San Vincenzo, ad opera di un gruppo di portuali aderenti al sindacato Usb.

Stiamo parlando di lavoratori portuali che non si sono mai fermati durante la pandemia. Ma Confindustria sembra non ricordarlo. Per questo, oltre all'aver ribadito che "sono stati mantenuti tutti i patti e gli impegni, anche di carattere economico e finanziario, sottoscritti nel corso di questi anni con l'Autorità di Sistema portuale del Mar Ligure occidentale e con la Culmv (Compagnia Unica fra i Lavoratori delle Merci Varie ndr)", nel corso di un incontro organizzato dall'Autorità di Sistema portuale, la Sezione Terminal Operators di Confindustria Genova ha richiamato le organizzazioni sindacali al senso di responsabilità, "in un momento in cui una giornata di lavoro costituisce un privilegio". Una precisazione che suona come una minaccia.

Ma la questione è da ribaltare. Andrebbe fatto notare a Confindustria che il fatto che in Italia il lavoro sia un privilegio, e non soltanto un diritto, è un'aberrazione. Non dovrebbe essere necessario scomodare la Costituzione, ma davanti a questi soprusi diventa inevitabile: lo sciopero è un diritto garantito dall'articolo 40 della Costituzione, e dà appunto la possibilità ai lavoratori di alzare le voce, fermandosi e sospendendo le attività, qualora i datori di lavori non ascoltino le loro rivendicazioni.

Tutti i lavoratori, non ci stanchiamo di ribadirlo, hanno il diritto di astenersi collettivamente dalle prestazioni di lavoro, per un determinato periodo di tempo, per raggiungere un obiettivo comune. E questo diritto lo si dovrebbe esercitare insomma senza che venga adombrato il rischio di ripercussioni o vessazioni, neanche con avvertimenti velati. Soprattutto alla luce di un'emergenza economica e sanitaria come questa, in cui a pagare sono soprattutto i più deboli.

La mobilitazione è stata organizzata in un momento in cui l'Istat ha registrato un aumento della povertà assoluta in Italia nel 2020: le famiglie in questa condizione sono oltre 2 milioni, e cioè un milione di persone in più rispetto al 2019. Ma l'istituto sottolinea anche che l'incidenza di povertà assoluta cresce soprattutto tra le famiglie con persona di riferimento occupata (7,3% dal 5,5% del 2019): 955mila famiglie in totale (227mila famiglie in più rispetto al 2019), di cui oltre la metà ha come persona di riferimento un operaio o assimilato. Un dato allarmante che dimostra come proprio nei momenti di crisi ad arricchirsi siano sempre gli imprenditori, mai i dipendenti. In barba all'articolo 36 della nostra Costituzione, che recita: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".

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Giornalista professionista dal 2014, a Fanpage.it mi occupo soprattutto di politica e dintorni. Sicula doc, ho lasciato Palermo per studiare a Roma. Poi la Capitale mi ha fagocitata. Dopo una laurea in Lettere Moderne e in Editoria e giornalismo ho frequentato il master in giornalismo dell'Università Lumsa. I primi articoli li ho scritti per la rivista della casa editrice 'il Palindromo'. Ho fatto stage a Repubblica.it e alla cronaca nazionale del TG3. Ho vinto il primo premio al concorso giornalistico nazionale 'Ilaria Rambaldi' con l'inchiesta 'Viaggio nell'isola dei petrolchimici', un lavoro sugli impianti industriali siciliani situati in zone ad alto rischio sismico, pubblicato da RE Le Inchieste di Repubblica.it. Come videomaker ho lavorato a La7, nel programma televisivo Tagadà.
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