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Le persone fragili che non possono lavorare in smart working ora rischiano licenziamento

La senatrice di Sinistra Italiana Paola Nugnes ai microfoni di Fanpage.it: “Brunetta ha voluto questa norma per pressioni dei commercianti, ma così i fragili rischiano anche di perdere il posto”.
A cura di Giacomo Andreoli
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La pandemia sta arretrando, ma c'è chi ancora può soffrirne molto gli effetti. E nel silenzio generale, alle persone fragili che non possono andare al lavoro e svolgono mansioni che non permettono lo smart working, sono state tolte importanti tutele riconosciute nel 2020 e nel 2021.

Dall'inizio dell'anno, infatti, nel pubblico e nel privato l'assenza dal lavoro di soggetti con gravi patologie certificate e a forte rischio, data la pandemia, non viene più assimilata al ricovero ospedaliero. Questo significa che migliaia di persone sono tornate nel regime della malattia ordinaria, che ovviamente ha dei limiti (superati i quali può scattare il licenziamento) e comporta degli svantaggi dal punto di vista economico.

Per provare a invertire la rotta tre senatori del gruppo Misto, Virginia La Mura, Matteo Mantero e Paola Nugnes (ex 5 stelle ora con Sinistra Italiana e Potere al popolo) hanno presentato un emendamento al decreto governativo che ha prorogato lo Stato di emergenza. Con loro ci sono alcune deputate, sempre del gruppo Misto: Yana Chiara Ehm, Doriana Sarli, Simona Suriano e Guia Termini.

Nugnes a Fanpage.it: "Brunetta ha ceduto a vari operatori, ma sbaglia"

Secondo lo Snalv, il sindacato nazionale dei lavoratori autonomi, il numero dei soggetti potenzialmente interessati è circa 25.200 persone, ipotizzando che dei 42mila dipendenti privati in possesso del riconoscimento di disabilità, il 10% possa continuare l’attività lavorativa tramite lo smart-working e un 30% usufruisca della cassa integrazione. Se il lavoratore, nei 12 mesi precedenti, non ha lavorato per più di 30 giorni, l’indennità arriva a un massimo di un mese.

Per i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato sono consentiti un massimo di 180 giorni complessivi di malattia in un anno solare. Discorso diverso per chi ha un contratto a tempo determinato. Per questi soggetti, fermo restando il periodo massimo sempre di 180 giorni che non può essere superato, l'indennità viene corrisposta per un numero di giornate uguali a quelle lavorate negli ultimi 12 mesi. Superato il periodo massimo, tranne alcuni casi (come quello in cui la malattia è dovuta alle stesse condizioni di lavoro), scatta il licenziamento.

La senatrice Nugnes, ai microfoni di Fanpage.it, si dice «fortemente convinta che vada estesa la possibilità del lavoro agile, che è una misura di massima garanzia per le persone fragili, ma non solo». L'esponente di Sinistra Italiana se la prende quindi con il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. «Ha ritenuto – dice- di dover dare una stretta a questa norma a causa delle pressioni di certe categorie di operatori che soprattutto al nord sono stati penalizzati dallo smart working, ristoranti, bar, addirittura mega uffici che le aziende non hanno ritenuto più opportuno mantenere in piedi, ma le ragioni di sicurezza e tutela della salute dovrebbero prevalere su quelle».

Gli fa eco la collega La Mura, prima firmataria dell'emendamento, secondo cui «il ministro è contrario in generale al lavoro agile, ma non si rende conto che in determinati casi è fondamentale. Approvando la norma migliorativa che proponiamo il governo ha la possibilità di rimediare a una grossa svista che creerebbe solo caos e discriminazione, sia sociale che economica».

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