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Istat, crollo occupati: persi quasi mezzo milione di posti di lavoro nel secondo trimestre 2020

Dopo mesi di stagnazione economica, “il sopraggiungere dell’epidemia ha investito il mercato del lavoro con cali dell’occupazione tra marzo e giugno senza precedenti”, afferma l’Istat nel suo report sul mercato del lavoro per il secondo trimestre del 2020. Secondo i dati dell’Istituto in questo periodo si sono persi quasi mezzo milione di posti di lavoro, precisamente 470 mila. Il calo dell’occupazione è generale, ma ha gravato di più su donne, giovani e sui lavoratori del Mezzogiorno. “La pandemia sembra aver avuto l’effetto di acuire i divari preesistenti nella partecipazione al mercato del lavoro”, sottolinea l’Istat.
A cura di Annalisa Girardi
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Nel secondo trimestre del 2020 si sono persi quasi mezzo milione di posti di lavoro. Sono 470 mila, infatti, gli occupati in meno. Lo rileva l'Istat nel suo rapporto sul mercato del lavoro, sottolineando che tra aprile e giugno di quest'anno "le dinamiche del lavoro risentono, ancor più che nello scorso trimestre, delle notevoli perturbazioni indotte dall'emergenza sanitaria". Il numero di persone occupate in questo periodo cala del 2%: un dato dovuto in particolar modo alla diminuzione dei dipendenti a termine e dei lavoratori autonomi. Il tasso di occupazione scende quindi al 57,6%, in calo di 1,2 punti percentuali rispetto al primo trimestre dell'anno. Sono specialmente i giovani a risentirne. Tuttavia, secondo i dati provvisori di luglio, dopo quattro mesi di flessioni, il numero degli occupati è tornato a crescere rispetto al mese precedente, riportando il tasso di occupazione al 57,8%. Segno di una, seppur lieve, ripresa economica.

I dati Istat sul crollo degli occupati

"Dopo la sostanziale stagnazione dei primi due mesi del 2020, il sopraggiungere dell’epidemia ha investito il mercato del lavoro con cali dell’occupazione tra marzo e giugno senza precedenti", precisa l'Istat. Che aggiunge: "Malgrado gli ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti abbiano permesso di sostenere l’occupazione, la sospensione delle attività ha fortemente pregiudicato l’avvio di nuovi rapporti di lavoro, in particolare di quelli a termine e delle loro possibili proroghe o trasformazioni in contratti a tempo indeterminato".

L'Istituto evidenzia come rispetto al secondo trimestre del 2019 il numero di occupati sia calato di 841 mila unità, il -3,6% in un anno. A ridursi sono soprattutto i dipendenti a termine (-677 mila occupati, -21,6%) e gli indipendenti (-219 mila, -4,1%). Questo interessa sia i contratti a tempo pieno che quelli a tempo parziale, spesso involontari, e in generale le ore lavorate sono crollate a causa del lockdown.

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A perdere il lavoro sono soprattutto donne e giovani

"Tornano ad aumentare le differenze di genere", sottolinea l'Istat. Il tasso di occupazione è infatti più in calo tra le donne rispetto a quanto non lo sia tra i colleghi maschi: un -2,2% delle occupate in meno contro il -1,6% tra gli uomini. "La diminuzione dell’occupazione tra le donne è più consistente di quella rilevata per gli uomini (-4,7% rispetto a -2,7%) e si concentra nel terziario, con particolare riferimento al comparto di alberghi e ristorazione (-141 mila) e a quello dei servizi domestici alle famiglie (-99 mila occupate); in circa sette casi su dieci il calo di quest’ultimo comparto riguarda donne con cittadinanza straniera", spiega l'Istituto.

Aumentano anche "i divari generazionali a sfavore dei più giovani". Si perdono più posti di lavoro tra i 15 e i 34 anni, con un calo del tasso di occupazione di -3,2 punti, a cui va inoltre associato un importante aumento del tasso di inattività, cioè delle persone che non stanno né lavorando né studiando e che non sono in cerca di un'occupazione, di 5,6 punti. Tra i 35enni e i 49enni, invece, il tasso di occupazione cala di 1,6 punti. "Seppur con minore intensità, diminuisce anche il tasso di occupazione per gli over 50 (-0,8 punti)".

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Il divario Nord-Sud

"Infine, la flessione dell’occupazione è stato più accentuata nel Mezzogiorno (-5,3%) rispetto al Nord (-3,0%) e al Centro (-2,9%)", sottolinea l'Istat, spiegando che nelle Regioni meridionali ha inciso il maggior peso dei dipendenti a termine e la presenza più contenuta del comparto industriale, quello che dal punto di vista occupazionale ha retto meglio l'emergenza coronavirus. "Nel complesso dunque gli effetti della crisi occupazionale dovuta all’emergenza sanitaria, almeno fino al secondo trimestre 2020, si sono in prevalenza ripercossi sulle componenti più vulnerabili del mercato del lavoro (giovani, donne e stranieri), sulle posizioni lavorative meno tutelate e nell’area del Paese che già prima dell’emergenza mostrava le condizioni occupazionali più difficili, il Mezzogiorno; in altre parole, la pandemia sembra aver avuto l’effetto di acuire i divari preesistenti nella partecipazione al mercato del lavoro".

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